Marco Gallo è un filmaker agrigentino. La stessa terra da cui proviene l'ex presidente della Regione, che ha scontato una condanna a sette anni per favoreggiamento a Cosa nostra. A MeridioNews spiega cosa lo ha spinto a realizzare l'opera a proprie spese. «Mi sono pagato il viaggio in Africa», racconta
Cuffaro dal carcere al Burundi in un docufilm Regista: «Mai votato, però adesso lo rispetto»
Produttore, direttore artistico del Farm Film festival, responsabile video dell’Imago Artwork, regista di numerosi cortometraggi e videoclip, molti dei quali vincitori di premi. È il vasto curriculum del 28enne Marco Gallo, filmmaker agrigentino, che firma il docufilm sulla vita dell’ex-presidente della Regione Totò Cuffaro. Gallo, prima della riprese, non conosceva l’ex politico che ha scontato una condanna a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Tutto ha inizio all’indomani dell’uscita dal carcere di Rebibbia. Con una mail a cui, con suo stupore, Cuffaro risponde.
Il titolo del tuo lavoro è 1768 giorni. A cosa allude?
Sono i giorni della sua detenzione. Il titolo è nato da una frase, presente all’inizio del trailer, che lo stesso Cuffaro dichiarò una volta scarcerato: «Ogni giorno, per 1768 giorni, facevo dieci chilometri e mezzo, che sono 60 giri, intorno al campo».
È la prima volta che lavori a un docufilm. Di cosa parlerà?
È la storia di un pezzo di Sicilia. La storia di un uomo in cerca di una nuova chance, un uomo che ho filmato per un anno intero.
Cosa vedranno gli spettatori?
Racconterà vari momenti della sua vita. Ci saranno la condanna, l’esperienza del carcere, il ritorno a casa, la scomparsa del padre, il rapporto con la famiglia. Ma anche il viaggio fatto in Burundi l’anno scorso, l’impegno nell’azienda agricola e la laurea in Giurisprudenza conseguita pochi giorni fa.
Conoscevi Cuffaro?
Prima delle riprese, no. Per me, come per molti, era l’ex presidente della Regione. Non ho mai votato per lui né ho mai condiviso nulla di quest’uomo. Perlomeno fino al giorno del suo rilascio, il 13 dicembre del 2015. Io l’ho conosciuto un paio di settimane dopo, il 31 dicembre.
Perché? Cosa è cambiato?
Sin dai giorni prima della scarcerazione, c’era un grande entusiasmo da parte di tante persone nei suoi confronti. Questo fatto mi ha molto colpito, perché, non bisogna dimenticarlo, stiamo parlando di un politico condannato per mafia.
Qual è il motivo che ti ha portato a volerlo realizzare?
Perché rispetto di più una persona che decide di pagare per gli errori commessi piuttosto coloro che credono di avere sempre ragione. Cuffaro ha sbagliato, ma ha pagato per i suoi errori. Quanti, oggi in Italia, scontano le proprie colpe?
Saranno presenti riferimenti al suo trascorso giudiziario?
Si, ci saranno diversi commenti negativi di persone. Voci fuori campo, di chi, per esempio, assicura non lo rivoterebbe mai. Ho cercato di mostrare entrambi i lati della medaglia. Da una parte la condanna e la colpa, dall’altra il riscatto di un uomo che ha chiesto scusa ai siciliani e che cerca una seconda possibilità. Come uomo, non come politico.
Con quali risorse ha realizzato il film?
Nessuno mi ha commissionato il progetto né ho chiesto finanziamenti. Per evitare di perdere tempo nella richiesta di fondi, mi sono autofinanziato. Ma questo comporta pro e contro. Alla fine ho creato un docufilm con le mie sole forze. Certo di contro c’è chiaro che ho pagato di tasca mia tutte le spese, compreso il viaggio in Burundi. Non ho avuto a disposizione tutti i mezzi che avrei voluto. E sono consapevole che, con strumenti migliori, avrei audio e video di qualità superiori.
Quando è prevista l’uscita?
Il lavoro non uscirà ora, ma tra qualche mese. Siamo ancora in fase di montaggio.
Chi è Cuffaro oggi?
Un uomo dal carattere forte. Che ha vissuto un’esperienza che lo ha segnato.