Incontriamo il regista e i protagonisti di Giallo?, lunico film italiano in concorso al 55° Festival di Taormina nella sezione Mediterranea. Carlo Cantore, settantenne ex dirigente di banca, è stato scelto dopo un incontro causale dal giornalaio
Bouchet, Capuano e un attore per caso
Il regista napoletano Antonio Capuano è in concorso al Festival di Taormina con Giallo?, un’opera sulla solitudine diversa dalle precedenti per le quali il regista è stato etichettato come socialmente impegnato. Il lungometraggio, realizzato con un budget di soli 400mila euro con riprese a Napoli e a Torino, durate poco più di due mesi e con la collaborazione di giovani studenti, è prodotto dall’Accademia del cinema e della televisione Act Multimedia e ha come protagonisti Barbara Bouchet e Carlo Cantore al suo debutto come attore.
Li abbiamo incontrati per parlare del film.
Signor Capuano, come mai nella locandina del film il suo nome è scritto al contrario?
Per richiamare l’idea del doppio e anche perché mi piaceva l’idea della scritta difficile da leggere, come se questo mi permettesse di nascondermi e di poter scomparire.
A proposito di scomparire: perché non ha raggiunto la Bouchet sul palco del Teatro Antico quando l’hanno chiamata durante la serata inaugurale?
Barbara era la padrona del teatro e quindi non mi sembrava il caso. E poi vedo il lavoro del regista un po’ come quella del creatore che però resta nascosto.
Perché ha deciso di fare un giallo?
Ho scelto di girare un giallo perché l’idea mi sembrava si avvicinasse allo scenario di un film giallo ma non ne ero sicuro, non essendo un esperto, e infatti c’è il punto interrogativo. In realtà volevo fare un film nei toni del giallo e grigio. Era più forte questo desiderio della vocazione per l’intrigo, che si è sviluppato dopo. Nel film c’è questa sottotraccia basata sull’esperienza dei campi di concentramento, la tragedia più grande del secolo scorso, alla quale però dovevo dare un altro itinerario, dirottarla, raccontare una storia che era in realtà un’altra e da qui “giallo?”.
Carlo Cantore, lei è un settantenne ex dirigente di banca. Non è un attore professionista…
Non avevo mai avuto nessuna esperienza come attore: sono stato rubato alla mia quotidianità e proiettato sul set. Stavo comprando un giornale in un’edicola e lì ho incontrato Capuano.
E come ha reagito quando Capuano le ha detto che voleva farle un provino?
Conoscevo il suo nome, ne avevo sentito parlare, e poi ho controllato su Internet che fosse veramente lui e mi sono rasserenato che non fosse uno scherzo.
Come è stata questa sua prima esperienza come attore? Come lo è diventato?
È stato molto faticoso, non immaginavo che dietro al mondo del cinema e ad un film ci fosse tanta fatica. Sono diventato attore innanzi tutto leggendo attentamente il copione e cercando di capire il personaggio. Poi c’è stato il gran maestro che è Antonio Capuano che mi ha diretto in ogni istante, man mano che il film andava avanti, scena per scena, con grandissima pazienza
Il giallo è un genere collaudato, che ha precise regole. E infatti anche nel vostro film si riconoscono alcuni elementi tipici: la suspense basata sui silenzi, il protagonista avvolto nell’impermeabile, il telefono che squilla rievocando il mistero dell’identità di chi sta dall’altra parte del filo. Lei si è ispirato a qualche attore o regista per interpretare il suo ruolo?
Più che a un regista mi sentirei ispirato da un Simenon. Il film ha indubbiamente la struttura del giallo, però del giallo noir, infatti in filigrana c’è questa storia dei gemelli ebrei, c’è il ritorno continuo del passato, dal quale il protagonista non riesce a liberarsi. Nonostante lui trovi conforto in questa vita scandita sempre dalle stesse cose, dal solito tran tran, una vita squallida con la televisione sempre accesa quasi fosse una fissazione, non riesce a liberarsi, tanto è vero che trova la sua pace nella fuga. È un uomo che è sempre stato solo e che rimarrà tale.
Il suo personaggio parla davvero poco. Il suo ruolo si gioca sugli sguardi e i silenzi. Recitare senza parlare è spesso difficile anche per i grandi attori con molta esperienza. Lei come si è confrontato con questi momenti di recitazione?
A dire la verità non ho avuto grande difficoltà, ma adesso capisco perché Capuano mi ha scelto, perché quando sono andato a fare il provino, che poi è stato un colloquio con lui ripreso dalla telecamera, ho notato soltanto una cosa: mi guardava sempre fisso negli occhi. Evidentemente lui è stato attratto dai miei sguardi, da queste mie prese di posizione intime che traspaiono dallo sguardo che è la luce dell’anima, e forse ha detto “è quello giusto”. Penso che sia andata così.
Voglia di ripetere l’esperienza?
Mai dire mai, vado ancora in edicola con la speranza che si ripeta!
Signora Bouchet, durante l’incontro in occasione della prima proiezione del film Giallo? lei ha raccontato di aver accettato di recitare nel film dopo aver ricevuto una telefonata di Capuano che si è presentato offrendole il ruolo di una “Marylin Monroe tardona”. Cosa può dirci sul regista e sul suo personaggio?
Capuano mi ha colpito proprio perché è bizzarro, come un altro mio grande maestro che è Tarantino, a me piace lavorare con loro proprio per questo. Sono attratta da questi personaggi. Il mio ruolo è un po’ quello che ho sempre interpretato nella mia carriera, fin da ragazzina, come dice lui solo un po’ tardona. È una donna che si sente molto diva, si sente molto bella, molto sexy e quindi è un’allegrona: un ruolo che a me viene molto facile. Mi ci ritrovo proprio!
Il suo personaggio è anche il contraltare del protagonista.
Assolutamente sì, infatti sembra molto strano che siano stati una coppia. Ma come si dice, gli opposti si attraggono.
Lei ha cominciato la sua carriera negli anni ‘60. Trova che il mondo del cinema sia cambiato molto da allora?
È cambiato moltissimo. Oggi non si fa quasi più cinema. C’è poca possibilità di essere prodotti e quando ti producono si ha difficoltà ad essere distribuiti, perché i distributori prendono solo i film che hanno il successo assicurato, rischiano poco. Piano piano il cinema sta morendo. Io spero che ci sarà qualcuno che lo faccia rivivere. Certo, anche la televisione ha dato un grosso colpo al cinema. La gente non esce più. Io vorrei invitare tutti ad andare al cinema, a non restare chiusi in casa con le videocassette, i dvd e la propria pigrizia.
Un commento sul festival?
Sono felicissima, per me è bellissimo visto che il nostro film Giallo? è stato selezionato ed è l’unico italiano in concorso. E poi mi sto divertendo!