Palermo, un pari dal sapore di beffa Con il Pescara è un mezzo passo falso

La legge del contrappasso vale anche nel calcio. Il Palermo, che domenica scorsa aveva condannato alla sconfitta il Genoa all’ultimo minuto, ieri ha subìto dal Pescara nei minuti di recupero la medesima punizione. Non esattamente la stessa, in realtà, perché a differenza del Grifone i rosa non hanno perso ma il retrogusto che lascia il pareggio casalingo ottenuto nello scontro diretto con gli abruzzesi nell’ultimo appuntamento del 2016 equivale a quello di una sconfitta. Il calcio è una materia strana e a volte disegna traiettorie imprevedibili: il Pescara, mai pericoloso per quasi tutta la partita, negli ultimi cinque minuti ha creato più occasioni rispetto a quanto aveva fatto nei precedenti 85 e il paradosso è che l’undici di Oddo, fanalino di coda del torneo, ha «rischiato» anche di vincere se Posavec, subito dopo l’1-1 realizzato da Biraghi su rigore al 92′, non avesse deviato con un intervento di istinto una conclusione ravvicinata di Memushaj.

Come va inquadrato questo risultato in casa rosanero? Il pareggio può essere letto positivamente mettendolo in relazione al fatto che è stata interrotta la serie negativa tra le mura amiche dopo otto sconfitte consecutive e che molti avrebbero messo la firma su un bottino complessivo di 4 punti in queste ultime due gare ma, analizzando il modo in cui è maturato il punteggio di ieri, è obiettivamente difficile guardare il bicchiere mezzo pieno. La formazione di Corini avrebbe potuto e dovuto vincere questa sfida contro una diretta concorrente e invece ha perso due punti d’oro in chiave salvezza. Il sapore di beffa, peraltro, è amplificato dalla consapevolezza che, con un successo, i rosa avrebbero accorciato il margine di distanza dal quartultimo posto occupato dall’Empoli (sarebbero stati due i punti di distacco) e sul piano psicologico avrebbero creato ottime premesse in vista dello scontro diretto in programma in casa dei toscani dopo la sosta natalizia.

Al netto dei soliti errori individuali che puntualmente compromettono i risultati (un giocatore di esperienza come Gonzalez, al quale va però concessa l’attenuante di una condizione non ottimale dopo l’infortunio, non dovrebbe commettere delle ingenuità come quella costata nel finale il calcio di rigore), la squadra deve recitare il mea culpa per non avere chiuso la gara (nel secondo tempo, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, Nestorovski ha sfiorato il 2-0 con un colpo di testa di poco a lato). E quando una squadra tiene il risultato in bilico rischia di pagarne a caro prezzo le conseguenze. Era un esame di maturità e il Palermo non è stato promosso. Il match di ieri ha ribadito che la formazione garibaldina formato trasferta si trasforma al «Barbera» in una squadra impaurita e contratta. Una squadra intenzionata a non deludere i tifosi (ieri si è registrato un altro bagno di folla con più di 20 mila spettatori) ma schiacciata dal peso delle responsabilità e piena di zavorre mentali da cui fatica a liberarsi.

Il popolo rosanero dovrà abituarsi: sarà un girone di ritorno all’insegna della sofferenza e, se non ci sarà un’inversione di rotta, gli uomini di Corini continueranno ad essere a disagio in partite come quelle di ieri che richiedono maturità e lucidità fino all’ultimo istante. La sosta, durante la quale tornerà in gruppo Andelkovic sottoposto ieri a Novara ad un intervento di pulitura del menisco, servirà a riflettere sugli errori ma anche a consolidare i punti di forza da cui ripartire. Uno di questi è certamente Quaison, autore ieri del suo terzo gol in campionato, il secondo consecutivo. Una rete simile, come dinamica, a quella siglata a Marassi contro il Genoa. Lo svedese, rigenerato dalla cura Corini, ha trovato la continuità di cui aveva bisogno. L’ex eterno incompiuto, il jolly con grandi potenzialità ma tatticamente indecifrabile, sta dimostrando anche in virtù di un ruolo più congeniale alle sue caratteristiche di avere i mezzi per lasciare il segno e potersi imporre in questa squadra.


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