Per la sesta volta le facoltà catanesi si sfidano in varie discipline olimpiche: dai cento metri al tiro alla fune, dal basket alla corsa coi sacchi. Ci racconta tutto il nostro inviato-infiltrato, paladino della squadra che ha conquistato il penultimo posto
Ciccio al Palio d’Ateneo
Oggi non è il 2 Luglio, e nemmeno il 16 Agosto. Non ci sono cavalli che corrono lungo Piazza del Campo. Nessuna sfida tra contrade. In parole povere non è il Palio di Siena, ma la sesta edizione del palio delle Facoltà, organizzato dall’Università degli Studi di Catania presso la Cittadella universitaria.
Architettura, Agraria, Medicina, Giurisprudenza, Farmacia, Lingue, Lettere e tutte le altre facoltà dell’Ateneo etneo si sfidano in numerose discipline, al fine di decretare la facoltà più atletica. “Un’occasione per riunire tutti gli studenti per una giornata di sport, di divertimento e di amicizia”, affermano gli organizzatori. Cento metri, staffetta, corsa con i sacchi, tiro alla fune, calcio, basket, pallavolo, queste sono solo alcune delle discipline. Per ognuna di esse c’è un punteggio, la facoltà che alla fine totalizzerà quello più alto risulterà vincitrice.
Il sottoscritto era l’inviato di Step1 infiltrato. Sì, perché al momento non avrei matricola, vista la recente laurea. Ma chi si accorgerà mai che la mia vecchia matricola non esiste? Che nessuno faccia la spia. Così indosso la mia maglietta con scritto Facoltà di Lettere e Filosofia, maglietta che mi è pure costata tre euro e cinquanta centesimi. Soldi che qualcuno dovrà rimborsare. Con un rapida occhiata mi accorgo che non ci sono molti miei simili. Chiedo: “Ma non dovevamo essere ventiquattro, dodici ragazzi e dodici ragazze?”. Invece siamo solo in dieci.
Il nostro portabandiera, stordito da tutta la confusione altrui, ci indica la direzione: “La strada per San Pietro è di qua”. Infatti, non sembriamo proprio pronti per scendere in pista, sembriamo più un gruppo di gitanti accaldati e spossati. Viene un po’ di invidia a contare le numerose compagini avversarie, come quella di Lingue o quella in trasferta di Architettura.
Cominciano a guardarci storto, manco se avessimo la lebbra. “Siamo sotto esami”, “C’è sciopero”, queste sono solo alcune delle scuse che proviamo ad inventarci. Quando facciamo il giro di campo, come ogni manifestazione sportiva che si rispetti, sembriamo la delegazione di San Marino, con la nostra maglietta bianca. I rossi sono sicuramente i cinesi.
La sfilata degli atleti dà inizio alla cerimonia d’apertura, che si chiuderà con l’esibizione di alcune danzatrici del ventre. Dopodiché si può cominciare. Solo il tempo di recuperare tutti i partecipanti di sesso maschile.
La prima disciplina sono i 100 metri. Mi preparo, tocca a me. Per non esagerare penso di essere Colin Powell, non proprio Usain Bolt. Alla fine però non gareggio, trovo un sostituto e me la svigno. Non troppo velocemente però, altrimenti avrei gareggiato.
Da quel momento inizia il calvario per noi di Lettere. Nella confusione di gare, palazzetti e arbitri, noi siamo sempre e solo in dieci, non possiamo mica gareggiare contemporaneamente in tre posti diversi. Così perdiamo a tavolino a pallavolo, non ci facciamo proprio vedere per la corsa dei sacchi, perdiamo nella sfida ai rigori, ci massacrano a basket. I cugini di Lingue faticano altrettanto, ma almeno a qualche finale ci arrivano. Per la cronaca, alla fine vinceranno gli ingegneri. La nostra squadra combatterà a lungo per conquistare l’ultimo posto, ma verrà superata di misura da Scienze Politiche. Quando si dice la sfiga.
Purtroppo il lavoro chiama, ma c’è ancora il tempo per il tiro alla fune. Non capisco nemmeno contro chi. Mi ritrovo con una corda tra le mani e a tirare, tirare e ancora tirare.
Abbiamo vinto, da non crederci. Mentre mi allontano scopro che era solo il primo turno. Mi guardo la sfida con Ingegneria da lontano. Perdiamo. Adesso riconosco i miei colleghi.