Pietro Franza, nel 2008 presidente della società, e il fratello Vincenzo, vice, sono stati condannati per bancarotta fraudolenta. Avrebbero inserito in bilancio fatti non veri, contribuendo al dissesto. Tre anni e mezzo anche a Francesco Cambia, componente del cda. Gli altri imputati sono stati assolti
Fallimento Messina Calcio, condannati fratelli Franza Indagine partita dalla mancata iscrizione alla serie B
Si è chiuso con condanne pesanti il processo scaturito dal fallimento del Fc Messina calcio. Il collegio della prima sezione penale, presieduto dalla giudice Silvana Grasso, ha inflitto quattro anni e mezzo a Vincenzo Franza e quattro anni a Pietro Franza. I patron della Caronte&Tourist erano sotto processo per bancarotta fraudolenta per il fallimento della società di calcio risalente al 2008. Vincenzo Franza all’epoca dei fatti era vicepresidente, Pietro era il presidente. Condannato a tre anni e mezzo anche Francesco Cambria, componente del cda del Messina calcio e presidente del consiglio di amministrazione della Cofimer. Stabilita l’inabilitazione dall’esercizio di impresa commerciale per dieci anni e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.
Gli altri quattro imputati – componenti del collegio sindacale della società accusati di omesso controllo – sono stati assolti dalle altre accuse perché il fatto non costituisce reato, ma sono stati condannati al pagamento delle spese processuali. Si tratta dei componenti del collegio sindacale, i sindaci Stefano Galletti e Carmelo Cutrì e del presidente del collegio sindacale Domenico Santamaura.
L’indagine della Guardia di finanza si è incentrata sulla gestione della società giallorossa e in particolare ha preso le mosse dalla decisione di non iscrivere l’FC Messina al campionato di serie B 2008/2009. I militari delle Fiamme gialle hanno passato a setaccio le operazioni finanziarie con le società controllate, così come la dichiarazione di fallimento della società, a fine 2008, poi revocata. I fratelli Franza erano accusati di aver «esposto nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2005 fatti non rispondenti a verità, iscrivendo tra le componenti positive di reddito un contributo in denaro versato dalla Lega Calcio per l’importo di cinque milioni di euro (il cosiddetto contributo di solidarietà in favore delle squadre di calcio retrocesse dalla serie A alla serie B), occultando, in tal modo, maggiori perdite nel bilancio per l’importo di 2,5 milioni di euro, e con ciò concorrendo a cagionare il dissesto della società FC Messina Peloro».
Il collegio di difesa dei fratelli Franza – composto dagli avvocati Alberto Gullino, Giorgio Perroni e Giovanni Cambria – ritiene che comunque il bilancio sia positivo. Perché, spiegano, «a fronte della contestazione di ben 12 capi d’imputazione a sette imputati, sono registrate assoluzioni per quattro imputati e per otto capi d’imputazione, resta la condanna per quattro capi d’imputazione afferenti a restituzioni o al pagamento di somme effettivamente dovute, ma compiute in violazione della cosiddetta par condicio con gli altri creditori o in violazione della normativa sulle restituzioni dei crediti ai soci».
I legali evidenziano «che già dalla lettura del dispositivo non è azzardato concludere che l’impianto generale dell’accusa non ha retto al vaglio dibattimentale. Basti pensare – continuano – che per l’accusa su cui si reggeva l’intero costrutto accusatorio, relativa alla cessione di marchi dalla società Messina Calcio alla consorella Mondo Messina, è stata pronunciata assoluzione perché il fatto non sussiste, sicché ci appare difficile comprendere come sia possibile ritenere insussistente il reato nella operazione finanziaria principale e ritenerlo invece sussistente nell’operazione ad essa accessoria e strumentale». Hanno annunciato già che ricorreranno in appello.
Aggiornamento del 12 dicembre 2020
Pietro e Vincenzo Franza sono stati assolti perché il fatto non sussiste con sentenza della corte d’Appello di Messina del luglio 2019. Su questa sentenza si è formato il giudicato il 16 ottobre 2020 rendendo l’assoluzione definitiva.