Corleone, otto imprenditori denunciano il pizzo Dodici arresti, c’è anche il nipote di Provenzano

Stavano tentando di riorganizzare gli assetti di Cosa Nostra tra Corleone, Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano. Tramite una serie di intimidazioni finalizzate a ristabilire il controllo della provincia palermitana nei territori di dominio che furono di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. E, insieme a insospettabili forestali e proprietari terrieri, a reggere le file era Carmelo Gariffo, nipote del boss Bernardo Provenzano. Il tentativo di restaurazione mafiosa è stato però interrotto dalla rottura del muro dell’omertà. Otto imprenditori hanno deciso di denunciare il pizzo all’autorità giudiziaria. Una novità assoluta nel panorama corleonese, dove le vittime dell’estorsione non si erano mai rivolte ai magistrati. È scattata così l’operazione antimafia – denominata Grande Passo 4 – che ha permesso di fare luce sulla nuova lotta per il potere all’interno di Cosa Nostra. Dodici le persone arrestate, che dovranno rispondere di associazione mafiosa, estorsione e danneggiamento. Libertà vigilata per due anni per due soggetti ritenuti i mandanti di un omicidio. L’operazione e’ stata condotta dal Nucleo Investigativo del Gruppo di Monreale e dalla Compagnia Carabinieri di Corleone. 

Il capoclan Carmelo Gariffo, già arrestato nel 2006 e smistatore di pizzini durante la latitanza del boss corleonese, poteva contare su un gruppo di fedelissimi. Anche all’interno della Regione Siciliana. A fargli da gregario era infatti  l’operaio forestale stagionale Vincenzo Coscino. Il giudice delle indagini preliminari Fabrizio Anfuso ha firmato poi un’ordinanza di custodia cautelare per un altro forestale a contratto, Vito Biagio Filippello. Le indagini sono state coordinate dai sostituti procuratori Sergio Demontis, Caterina Malagoli, Gaspare Spedale e dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci. Fra gli arrestati anche il capo cantoniere Francesco Scianni, il figlio del capomafia Rosario Lo Bue, nonché gli allevatori Leoluca, e Pietro Vaccaro. Hanno ricevuto un’ordinanza in carcere per le estorsioni Antonino Di Marco, Vincenzo Pellitteri e Pietro Masaracchia, boss già arrestati qualche mese fa. Masaracchia era stato intercettato mentre parlava di un progetto di attentato contro il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Libertà vigilata, invece, per due proprietari terrieri, gli omonimi Francesco Geraci, nipote e figlio di un capomafia deceduto. 

Mentre altri due incensurati di Palazzo Adriano si erano rivolti agli uomini del clan per uccidere un parente, che ritenevano di troppo nella divisione di un’eredità. Un omicidio dal costo di 3mila euro. Tanto valeva la vita di un uomo per i due, che si erano rivolti proprio a Pellitteri e Masaracchia. Un progetto che è stato sventato dalle indagini dei carabinieri. 


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