I centri sociali catanesi sono scesi in piazza, sabato pomeriggio, portando le loro attività sotto gli occhi dei cittadini che, incuriositi, si fermavano, osservavano e domandavano spiegazioni. Nellintento degli organizzatori, un modo per rispondere coi fatti alle accuse contro chi svolge un ruolo essenziale in una città che versa, ormai da anni, in condizioni di degrado sociale e culturale
Quando laggregazione è popolare
Le dichiarazioni di Giacomo Bellavia sui Centri Sociali catanesi hanno scatenato polemiche, con botta e risposta a suon di comunicati stampa e manifestazioni.
Sabato pomeriggio, piazza Università ha ospitato il presidio organizzato dal CPO Experia e sostenuto da altre realtà catanesi come il Gapa, di San Cristoforo, e l’Iqbal Masih, di Librino, che hanno difeso la loro posizione politica e sociale all’interno della città e, più nello specifico, all’interno di quei quartieri in cui un “luogo d’aggregazione è un bisogno ed una necessità”.
Dalle 16 alle 20, dimostrazioni di capoeira, judo, lotta greco-romana, giocoleria e, perfino, del rugby dei Briganti di Librino, si sono avvicendate con gli interventi degli organizzatori, che hanno sottolineato il loro disappunto per le parole che il consigliere Bellavia ha pronunciato nell’intervista a Step1.
Giovanni Caruso, del Centro di aggregazione popolare GAPA, ha ricordato che «il Gapa fa politica, nel senso vero e più alto del termine, e si occupa di politiche sociali dal 1989. Nel 1992, ad esempio, ospite nei locali della scuola Andrea Doria, il Gapa avviò un’occupazione che durò per settanta giorni, per protesta contro le stragi mafiose di maggio e luglio dello stesso anno. Se non avessimo lo spirito e la pratica politici, saremmo soltanto un’associazione di assistenzialismo e carità, ma non è il taglio che vorremmo.»
Antimafia sociale, crescita democratica e partecipata col quartiere in cui s’inserisce: su questo si basa l’attività del Gapa, che si rivolge eminentemente ai bambini, quegli stessi bambini che, sabato pomeriggio, imparavano a fare i giocolieri in piazza Università.
«Ci siamo accorti che l’interazione con la gente ci dà grandissime soddisfazioni», continua Giovanni Caruso «Facciamo puro volontariato, e ci concentriamo sul sostegno scolastico, non perché le scuole non ci siano, ma perché da sole non bastano. Inoltre, sempre coi più piccoli, portiamo avanti attività ludiche: teatro, manifatture e, ultimamente, creazione di cortometraggi.»
Dello stesso genere le dichiarazioni di Piero Mancuso, dell’Iqbal Masih, che ha focalizzato l’attenzione sullo sport.
«Gli impianti sportivi comunali», ha detto, «sono inadeguati e in assoluto degrado. Bisogna pagare per usarli, e non c’è nemmeno l’acqua calda per fare la doccia. Chi propone qualcosa di alternativo, all’insegna della socialità, viene aggredito, minacciato di chiusura… Noi, a Librino, abbiamo creato percorsi virtuosi, che hanno portano alla formazione di una squadra di rugby, che rappresenta il quartiere e va in giro per tutta la Sicilia. In campo: Librino contro Palermo, Librino contro Ragusa… Un rione di periferia sfida le città, grazie a chi ci ha messo impegno e devozione. Grazie ad un centro sociale.»
I passanti, incuriositi e divertiti, si fermavano ad osservare atleti ed artisti di strada, chiedendo informazioni su quanto stesse accadendo. L’impressione, raccolta per caso, di un uomo che attraversava la piazza, sintetizza un pomeriggio intero.
«Una volta tanto», ha esclamato sorridendo, «la città sembra veramente della gente.»