Ieri l’annuale pedalata da Porta Felice al parco di via Messina Marine, coi cancelli chiusi a sottolinearne l’inagibilità. Dopo anni dalla sua inaugurazione, e nonostante il mare sia tornato balneabile, è in stato di abbandono. I partecipanti alla manifestazione: «Questo posto com’è nato così è morto». Guarda le foto
Acqua dei Corsari, parco Libero Grassi nel degrado «Qui succede di tutto senza che nessuno alzi un dito»
Immaginate di vivere in una città caotica, che ogni giorno si lascia sopraffare dai rumori del traffico e dei venditori ambulanti lungo le strade. Ma immaginate anche di avere, in mezzo a questo caos, una lingua di costa azzurra e cristallina che costeggia l’asfalto della città. È lì, a portata di mano. O di autobus. Sarebbe, insomma, come immaginare Acqua dei Corsari a Palermo: una striscia di paradiso che spezza la monotonia di via Messina Marine. Sarebbe, però. Perché Acqua dei Corsari esiste davvero, ma di paradisiaco ha ben poco. Potrebbe essere uno di quei gioiellini di cui andare fieri, ma trasformato – come tanti altri luoghi – in discarica. «Certa gente crede di aver trovato un posto perfetto in cui andare a depositare indisturbata rifiuti di ogni tipo. Nessuno dice niente, nessuno controlla». A parlare è Antonella Sgrillo, romana di nascita ma palermitana d’adozione, che da 35 anni si batte per la tutela del verde nella nostra città. Verde come quello che dovrebbe essere il parco di questa borgata di mare e simbolicamente intitolato a Libero Grassi e alla moglie Pina Maisano. «Siamo riusciti a far intitolare questo parco a loro, sperando che si smuovesse la situazione. Ma qui sono tutti ciechi e sordi. Sono ignobili, indescrivibili» si sfoga Antonella.
«Con questa pedalata vogliamo stimolare chi di dovere a fare qualcosa, perché questo scempio che abbiamo davanti agli occhi è inguardabile. Solo un anno fa abbiamo fatto la stessa manifestazione e tutta questa striscia di discarica non c’era, quindi è chiaro che col passare del tempo la situazione degenera», dice la donna a proposito dell’evento organizzato ieri mattina, una pedalata simbolica partita da Porta Felice e giunta sino al parco sigillato. «Del resto Palermo è piena di parchi chiusi – continua Antonella – Mi chiedo perché spendere cinque milioni di euro per questo luogo per poi lasciarlo così». Perché di certo la volontà di creare il parco all’inizio c’è stata: «C’erano gli alberi e il teatro fatto per bene – racconta la donna – Avevano bonificato tutta la costa, terrazzato il terreno e creato sistemi di irrigazione, che poi hanno rubato». Tutto finito e poi lasciato a se stesso. E non è una novità di Palermo. «È uno sport palermitano? Perché se è così mi ci iscrivo. Non riesco a capire il motivo di questo spreco» rincara la dose lei, ironizzando.
«Immaginate la quantità di bambini che potrebbero venire a giocare in un luogo così. O quanti creativi potrebbero organizzare spettacoli». Dice bene Antonella: «immaginate». Perché di fatto ad oggi al di là del mare ci sono solo cumuli di vecchi roghi, gabinetti rotti e immondizia di ogni tipo. «Non trovo una parola per descrivere questo orrore. Questo posto com’è nato è morto subito». Alla pedalata, però, che punta ogni anno a spostare l’attenzione sulle condizioni del parco, sono pochi i ciclisti: «A queste iniziative ci sono sempre le stesse persone. Questa città deve prendersi la responsabilità di non lamentarsi e basta, di urlare la propria rabbia – dice Antonella – Ma non lo fa nessuno e non succede nulla». Una constatazione necessaria, secondo la donna, convinta che il calcio riesca a suscitare nei cittadini più reazioni del degrado diffuso. «Non possiamo solo parlare della totale assenza delle istituzioni. In questo posto succede di tutto senza che nessuno alzi un dito, senza che qualcuno si ribelli».
«Abbiamo anche contattato tramite teleconferenza l’associazione che gestisce il Central Park di New York» racconta ancora la donna, che spiega come sia fondamentale confrontarsi con altre realtà, anche straniere, che riescono a combattere il degrado cittadino con controlli costanti e affidandosi ai privati. «Perché se io vado in qualsiasi parte del mondo trovo mille parchi, giardini e aiuole e qui mi tocca vedere solo cardo mariano secco? Il problema è che non c’è il concetto del rispetto e del verde. Questa città odia il verde – conclude duramente – Lo odia perché lo distrugge». Eppure le speranze restano vive malgrado la situazione, dall’ultima pulizia dell’anno scorso fatta con Legambiente ad oggi, sembri scivolata in un baratro pericolosissimo.