Nessun dialogo tra Comune e famiglie a rischio sgombero durante il Consiglio comunale straordinario sull'emergenza abitativa. Presenti il Comitato di lotta per la casa 12 Luglio, Sunia e le famiglie in protesta, ma non ci sono né il sindaco né l’assessore Abbonato. Rocca: «Si respira un clima di repressione»
Senza casa, alta tensione a Palazzo delle Aquile Salta tavolo tecnico: «Promesse non mantenute»
Sembrava finalmente arrivato il momento dell’incontro fra le tante famiglie che rischiano lo sgombero dalla propria casa e la giunta comunale. Dopo svariati tentativi falliti, infatti, la questione sembrava aver preso la giusta piega in occasione della messa a Palazzo delle Aquile in onore di Santa Rosalia, giorno in cui – grazie anche all’intercessione dell’arcivescovo Corrado Lorefice – il sindaco Leoluca Orlando aveva promesso che dopo il Festino avrebbe ricevuto ogni singola persona presente. Ma ieri non c’è stato nessun momento di confronto. Eppure eccole lì le famiglie, puntuali a piazza Pretoria, riunite in attesa che qualcuno esca dal palazzo e li convochi. Ma a presentarsi sono un paio di funzionari della Digos con un’ordinanza in mano stilata ad hoc dal questore Guido Longo. «Avete voluto la protesta? E ora la fate. Non potete salire anche in consiglio» avverte un ispettore, scaldando subito gli animi della gente in attesa.
«Se ne fregano dell’emergenza abitativa» dice amareggiato Nino Rocca, presidente del comitato Lotta per la casa 12 luglio. «Totò Orlando – dice del presidente del consiglio comunale – è il primo a violare i regolamenti, lui che invece dovrebbe essere il tutore della legalità. Ci vogliono mettere il bavaglio» aggiunge. Eppure ogni consiglio comunale è aperto ai cittadini che intendono prendervi parte. Ma questo principio sembra non valere per i senza casa in protesta. «Noi rispettiamo solo degli ordini ricevuti – dice un uomo della polizia, quasi a volersi giustificare – È una questione di ordine pubblico, non possiamo farli entrare tutti». Questi tutti, però, sono al massimo una trentina di persone e della manifestazione a cui allude l’ordinanza del questore ci sono solo dei cartelloni attaccati alla meglio alla fontana Pretoria. Nessuno urla, nessuno inventa slogan. C’è solo l’attesa. E un provvedimento che rende riservato a pochi un incontro che di fatto dovrebbe essere pubblico.
«Quando si tocca la casta tutti diventano improvvisamente sensibili, a cominciare dal questore e dall’assessore Luciano Abbonato, che ha violato qualsiasi regolamento pur di buttare in mezzo alla strada queste famiglie» torna a dire Rocca. Proprio ieri mattina, infatti, una famiglia si è vista piombare in casa i funzionari del Coime, che non erano stati avvisati della sospensione degli sgomberi decisa dal sindaco la scorsa settimana. «Ci vietano di manifestare pacificamente, di appendere gli striscioni e anche di entrare al consiglio. Perché la polizia si presta a questi giochi?» si chiede l’inquilina Anna Nicotra, decisa a partecipare alla seduta. «Se lei continua a dire che deve entrare, allora io ancora di più le rispondo che non entrerà» si ostina a dire alla donna l’ispettore della Digos, mentre un poliziotto la strattona per allontanarla dall’ingresso del palazzo. «Come può essere che in quanto manifestante io perdo il diritto di partecipare al Consiglio?» si chiede un altro signore. «Nessuno ha chiesto i permessi per questa manifestazione. È un’idea che parte dalla giunta stessa» ipotizza qualcun altro.
Mentre fuori a poco a poco i toni si smorzano, in seduta colpiscono le parole forti del consigliere comunale Giulio Tantillo: «I poveri ormai si sono abituati a vivere nella povertà» dice rivolgendosi all’assessora al Sociale Agnese Ciulla, affiancata da alcuni membri del suo staff Alessandra Autore e Paola Di Trapani. «Perché i beni confiscati continuano ad essere assegnati alle associazioni e non alle famiglie bisognose? – continua il consigliere – Questa è una valutazione politica che andrebbe evitata. Dobbiamo capire, piuttosto, chi sono gli abusivi per necessità e iniziare a tutelarli» conclude, centrando il cuore di un problema che tarda ancora a trovare una soluzione.