Il gip aveva rigettato la richiesta di carcere della procura disponendo l'obbligo di dimora. Contro il provvedimento aveva fatto appello la Procura, ma contro la decisione del tribunale del riesame, che accoglieva la tesi del Pm, la difesa aveva fatto a sua volta ricorso in Cassazione
Terrorismo, ricercatrice libica torna in carcere La Cassazione conferma decisione Riesame
La Corte di Cassazione ha disposto il carcere per Kadga Shabbi, ricercatrice universitaria libica fermata a dicembre per istigazione a delinquere in materia di reati di terrorismo, confermando così la decisione del tribunale del riesame di Palermo. Il gip aveva rigettato la richiesta di carcere della procura disponendo l’obbligo di dimora. Contro il provvedimento aveva fatto appello la Procura, ma contro la decisione del tribunale del riesame, che accoglieva la tesi del Pm, aveva fatto ricorso in Cassazione la difesa.
In pendenza del ricorso per Cassazione la decisione del tribunale del Riesame non era stata eseguita e la ricercatrice era rimasta libera. Dopo il provvedimento dei giudici romani è scattato l’arresto eseguito dalla polizia nel pomeriggio. L’inchiesta della Digos sulla Shabbi prende il via da alcune segnalazioni. La polizia comincia dal web mettendo in luce una intensa attività di propaganda che sarebbe stata svolta dalla ricercatrice in favore di una serie di organizzazioni terroristiche islamiche come Ansar Al Sharia Libya, tra le maggiori oppositrici del governo di Tobruk, e del suo leader Ben Hamid Wissam.
La donna, avrebbe visitato continuamente le pagine Facebook di diversi gruppi legati all’estremismo islamico, e avrebbe anche condiviso sul suo profilo facebook materiale di propaganda della attività di organizzazioni terroristiche: volantini, ‘sermoni’ di incitamento alla violenza e scene di guerra. Dall’inchiesta sarebbero emersi anche contatti con due foreign fighters che avevano combattuto in Libia ed erano poi tornati in Inghilterra e in Belgio. La ricercatrice avrebbe anche tentato di fare avere un visto di studio al nipote, Abdulrazeq Fathi Al Shabbi, combattente ricercato dalle truppe dell’esercito regolare, vicino all’organizzazione Ansar al Sharia, formazione salafita collegata alla rete di jihadismo internazionale autrice, nel 2012, dell’attentato a Bengasi al Consolato americano. Il ragazzo, che la nipote definisce un martire, sarebbe morto in un conflitto a fuoco e in Italia non sarebbe mai giunto. In diverse intercettazioni la donna chiede vendetta per il nipote.