Negli ultimi cinque anni i giovani europei che hanno scelto Palermo, Catania e Messina sono diminuiti. «Siamo periferici e i servizi che offriamo non all'altezza», ammette il responsabile per l'internazionalizzazione di Unict. Intanto il Miur divide milioni di euro anche in base a questo parametro
La Sicilia non è terra per gli Erasmus Tra studenti in calo e servizi scadenti
La Sicilia non è terra di Erasmus. Lo dicono i numeri. In calo quelli degli studenti incoming, cioè chi ha scelto le tre università pubbliche dell’Isola per trascorrere un periodo di studio o di tirocinio. Nel 2013/2014 (l’anno accademico più recente su cui la commissione europea ha fornito i dati), su 20.204 ragazzi che sono venuti in Italia, solo 533 sono stati ospitati in Sicilia: 241 a Palermo (l’anno prima erano stati 309), 200 a Catania (nel 2011/2012 erano 271) e 92 a Messina. I tre atenei insieme rappresentano appena il 2,64 per cento del totale nazionale. E le cose negli ultimi due anni non sembrano essere migliorate, stando ai numeri forniti dalle stesse università. Anzi, Catania ha toccato il minimo con 163 incoming nell’anno in corso. Mentre Palermo si salva grazie a un incremento degli studenti che scelgono il capoluogo per svolgere un tirocinio (trend in crescita a livello nazionale): nel 2014/2015 sono stati 93, in prevalenza nell’ambito medico, che si aggiungono ai 203 per studio.
«Ci siamo resi conto di questo calo, ma non sappiamo esattamente a cosa sia dovuto – spiega Andrea Rapisarda, responsabile per l’internazionalizzazione di Unict – anche perché il numero degli accordi con le altre università è rimasto uguale. A diminuire sono stati soprattutto gli spagnoli che negli ultimi anni hanno scelto più i Paesi del Nord Europa. Forse, ma non ho i dati per dimostrarlo, anche la visibilità mediatica legata agli sbarchi può aver influito». Anche dall’altra parte dell’Isola si guarda alla parabola discendente con una certa preoccupazione: «Credo che in parte abbia un peso la situazione generale – spiega Ada Florena, responsabile dell’internazionalizzazione dei UniPa – il momento storico, la paura di muoversi».
Eppure altri atenei italiani si difendono decisamente meglio nel quadro europeo: nel 2013/2014 Bologna, con 1.678 incoming è quarta (preceduta da un podio tutto spagnolo: Granada, Madrid e Valencia), Roma La Sapienza undicesima (1.030 studenti accolti), Firenze 17esima (863 studenti), Milano Politecnico 23esimo (826 incoming), Padova 42esima (693). Per trovare Palermo bisogna scendere alla posizione 255, Catania è 329esima. Messina non rientra nemmeno nella classifica delle prime 500 università europee.
«Oltre a essere periferici – ammette Rapisarda, di Unict – i servizi che offriamo non sono all’altezza di altre università italiane. Abbiamo puntato molto sul potenziare le borse di studio per i nostri studenti in uscita e infatti i numeri sono cresciuti, soprattutto per chi va a fare tirocini fuori (è il Regno Unito la meta più scelta per gli stages, la Spagna per lo studio ndr). Dobbiamo migliorare con gli incoming». L’elenco delle inefficienze è lungo: mancano i corsi di laurea interamente in lingua inglese (a Catania sono quattro su 101, a Palermo sei su 126) e le residenze universitarie. Mentre il servizio di accoglienza e supporto è spesso delegato ad associazioni e gruppi di studenti volontari. «A Palermo – spiega Roberto La Spisa, volontario del gruppo internazionale Erasmus student network – non esistono servizi di housing, tutor e accoglienza. Facciamo tutto noi, li andiamo a prendere all’aeroporto, li aiutiamo a trovare un alloggio temporaneo e una casa, a districarsi tra materie, prof e ufficio relazioni internazionali. L’università organizza solo la cerimonia iniziale. La scorsa estate un ragazzo mi ha contattato perché voleva fare l’Erasmus qui, ma non avendo ricevuto risposta per un mese dall’ufficio relazioni internazionali, alla fine ha optato per un altro Paese».
La questione non è di poco conto. Anche in base all’indice di internazionalizzazione, il ministero dell’Istruzione divide il Fondo di finanziamento ordinario, una delle principali entrate per le università italiane. Nel 2015 all’ateneo di Bologna, primo per Erasmus in uscita e in entrata, sono toccati 9 milioni di euro. A Padova, la metà. A Palermo poco meno di 2 milioni, a Catania 744mila euro.
«Dovremmo riuscire a venderci meglio – sottolinea Rapisarda, di Unict – ci stiamo impegnando: abbiamo realizzato un video per far parlare gli studenti che sono venuti da noi e che sono stati bene. Vogliamo implementare i servizi di accoglienza, individuando soluzioni abitative più vantaggiose e procedure agevolate per il rilascio dei permessi di soggiorno, realizzare forme di raccordo con istituzioni scolastiche di secondo grado (anche italiane) operanti nei paesi dell’area del Mediterraneo, al fine di esercitare una efficace azione di recruitment». A Palermo si punta su «comunicazione e web», mentre a Messina l’obiettivo è «incrementare gli accordi con università europee prestigiose, specialmente del Nord Europa; inserire singoli insegnamenti e interi corsi di laurea in lingua inglese; migliore le residenze universitarie». Tra qualche anno si vedrà se gli interventi saranno stati sufficienti per rendere la Sicilia atrattiva per i giovani europei.