Scade sabato il tempo massimo che i residenti della palazzina sgomberata possono passare nei b&b messi a disposizione dall'amministrazione. Un termine che in molti sperano di posticipare e al quale solo alcuni riescono a guardare con ottimismo. Come Alessandro, 50 anni, che un'altra abitazione finalmente l'ha trovata
Via Furnari, gli ex inquilini in attesa del Comune «Affitto con il bonus casa? Proprietari rifiutano»
Da sabato in poi non avranno più un posto dove abitare. Per gli ex inquilini del palazzo di via Furnari 31 finirà il 16 aprile il periodo di tempo massimo che avrebbero potuto passare nei bed and breakfast messi a disposizione dal Comune di Catania dopo lo sgombero dello scorso 16 febbraio. A due mesi esatti di distanza dalla mattina in cui le forze dell’ordine si sono presentate a buttare fuori 20 famiglie da un immobile considerato inagibile e per il quale l’ordinanza di sgombero è stata firmata ad agosto 2014. In quegli appartamenti vivevano una settantina di persone che adesso, aiutate dal comitato Casa X tutti, aspettano a un incontro a Palazzo degli elefanti per trovare una soluzione. Perché quella proposta finora – il bonus da 250 euro per l’affitto regolare di un’abitazione – non ha dato i risultati sperati. «Io ho smesso di parlare dei soldi che mi deve dare il Comune, perché tanto i proprietari di casa non si fidano e non fanno il contratto di proposito. Quando ho smesso di dirlo, ne ho firmato uno», racconta Alessandro, 50 anni, che per più di metà della sua vita in via Furnari ci ha abitato. «Per 26 anni», precisa.
Fino all’età di 18 anni, Alessandro riparava elettrodomestici. Girava la città assieme al suo «mastro» per aggiustare forni e frigoriferi, il mestiere che aveva imparato da bambino. Poi ha cambiato settore e ha iniziato a fare le pulizie all’interno dei condomini. Fino ad alcuni anni fa, quando è stato licenziato insieme ad altri colleghi. «Quel giorno mi è crollato il mondo addosso – dice – Mi sono ritrovato disoccupato dopo che avevo lavorato per tutta la vita». Con una moglie e una figlia alle scuole superiori, l’uomo ha cercato altro. «Ho cominciato a guidare le autoambulanze, sono andato per tre mesi in Irlanda, da mia cognata, sperando di trovare lavoro là. Ma non ci sono riuscito, ero disperato e sono tornato a Catania». Dove lo aspettavano moglie e figlia, in un appartamento al terzo piano dell’edificio sgomberato dall’amministrazione per motivi di sicurezza. Ma per il quale tutti hanno sempre pagato l’affitto. Una scrittura privata tra Alessandro e il proprietario della casa stabiliva il canone: 300mila lire, che sono diventati prima 155 e poi 180 euro. Un accordo che avrebbe continuato a rinnovarsi tacitamente, ma che ha smesso di valere nell’agosto di due anni fa.
«Si sono presentati gli operai del Comune, volevano buttarci fuori». Colpa dell’ordinanza firmata dal sindaco Enzo Bianco per un palazzo pericolante da sempre. Ma citato in una segnalazione del direttore dei lavori per la costruzione di alloggi studenteschi in via Passo di Aci, confinante con via Furnari. Un edificio completamente in legno, tecnologicamente innovativo, costruito al posto di una villetta dei primi del Novecento nota per essere stata di proprietà della famiglia della senatrice Pd Anna Finocchiaro. «Avevano paura che il palazzo ci crollasse addosso mentre loro scavavano», sostiene Alessandro. Dal giorno della prima visita delle forze dell’ordine, lui e gli altri inquilini hanno smesso di pagare. E, dal canto suo, «il proprietario del mio appartamento ha smesso di farsi sentire. Ma era brutto: il Comune mandava le carte, ogni tanto mi hanno chiamato al comando della municipale, a Cibali, per farmi delle domande». Nei fatti, però, ci sono voluti parecchi altri mesi prima che lo sgombero avvenisse.
«Quella mattina io ero a casa e sono rimasto lì dentro finché ho potuto». Poi ha dovuto fare gli scatoloni, come tutti i suoi vicini di casa, e andare a vivere in uno dei b&b proposti dall’amministrazione. «Prima stavo in una struttura e poi, per una decina di giorni, mi hanno trasferito da un’altra parte. E lì si puzzava – ricorda – Mangiavamo sul letto perché non c’era altro posto, non potevamo usare la cucina. Dovevamo chiedere per favore se ci lavavano le lenzuola e non ci hanno voluto dare neanche le tovagliette per lavarci». Tutte le loro cose erano dentro a pacchi rimasti a casa di suo fratello, «ed era da lui che portavo i miei vestiti da lavare, altrimenti non avevo modo». «La sera, quando tornavo dopo aver guidato le autoambulanze, mi staccavano lo scaldabagno e non potevo fare la doccia», afferma. Una situazione che adesso dovrebbe essersi risolta. «Ho firmato un contratto d’affitto per quattro anni – risponde il 50enne – Se il bonus di 250 euro del Comune arriva, bene. Sennò, con mille sacrifici, ci provo lo stesso finché posso». Pagherà 360 euro ogni mese e presto dovrebbero allacciargli l’energia elettrica. «Non mi vergogno di quello che ho passato – conclude – Sono sempre stato onesto e posso vivere a testa alta. Ma chi mi ha fatto rischiare di restare per strada?».