Conosciamo meglio i partecipanti a EsoDoc 2008: giovani, pieni di idee e narratori consapevoli di una società plurale
Fotogrammi di film maker
Alla scoperta di persone speciali: trainers e uditori di Esodoc 2008. Pieni di idee, attenti alla realtà che li circonda, animati da una grande passione che non li abbandona neanche quando si scontrano con le mille difficoltà di questo lavoro.
Katerina Cizek è una regista indipendente di Toronto. Il suo documentario ‘Vedere per credere’ (su nuove tecnologie e diritti civili) ha vinto il prestigioso Hampton’s Festival ed è stato trasmesso dalle reti televisive di mezzo mondo. “I commissari mi hanno tempestata di domande tecniche: è gratificante vedere tanta attenzione”. Particolarmente partecipe Simona Boselli che non è una film maker, ma si occupa di valutazione e politiche pubbliche, a cui però piacerebbe portare nel suo ambito di lavoro gli audiovisivi. “Interessanti le web tv che fanno capire come Internet sia in grado di cambiare il nostro modo di costruire e raccontare storie”.
Poi c’è Giulia – uditrice – laureata in pubbliche relazioni, ha anche lavorato nel cinema: “Hugh Purcell ha arricchito il mio bagaglio con sottigliezze in più riguardo alla giurisprudenza inglese: di approccio, se vogliamo, molto più liberale. L’ho trovato una persona molto interessante e questa esperienza invidiabile”. Riccardo – anch’egli uditore – ex studente del Medialab della facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Catania ‘Come realizzare un documentario sociale’ dichiara entusiasta “Oltre alla teoria insegnata all’università questo tipo di insegnamento partecipativo è fondamentale”.
Paolo Letizia, invece, è laureato in Economia e Commercio, napoletano, ma ha già firmato parecchi soggetti, sceneggiature e cortometraggi di fiction. Ha scoperto ‘EsoDoc’ grazie a un suo amico. Qual è la difficoltà nel passare alla non-fiction? “Occorre essere bravi a fare le inquadrature, a riprendere l’audio, perché le scene non si ripetono…”. Ha partecipato al corso, ma non è stato selezionato per il ‘pitch’, perché non è riuscito ad andare avanti col progetto e con la ricerca sul luogo. Di cosa tratta? “E’ un lavoro sul microcredito in India. Appena troverò i finanziamenti ci andrò. Ma se penso che un progetto di questi – come altri – dalle tv italiane viene praticamente ignorato, provo rabbia”.
Quattro chiacchiere in più le scambiamo con la 29enne Sara Zavarise, di Verona, autrice di svariati documentari, come montatrice ha firmato la ‘Mal’Ombra’ di Andrea Segre (neo vincitore del ‘Salina Docfest’) e Francesco Cressati.
Sara, gli studi intrapresi per fare questo mestiere?
“All’Università ho frequentato Design e Comunicazione e ho iniziato a lavorare sul serio quattro anni fa, dopo aver frequentato un Master sul Cinema Documentario a Firenze. Ora lavoro principalmente per le Ong”.
Che consigli daresti ai giovani?
“Di fare corsi che diano una visione internazionale, secondo me fondamentale per fare questo lavoro. Qui in Italia a parte ‘EsoDoc’ e qualche altro corso c’è ben poco”.
Si riesce a mantenersi?
“E’ difficile. Io ci sto riuscendo, ma a fatica”.
Un elemento essenziale di questo lavoro?
“Per il principio di considerazione reciproca che si instaura tra chi filma e chi viene ripreso, è rispettare il volere del soggetto: se d’improvviso dice no bisogna interrompere il lavoro”.
Dove hai riscontrato più problemi, qui in Italia?
“In Italia o in Europa la gente è presa dalla paura che il materiale vada chissà per quali vie. Nelle realtà molto povere – già un tantino contaminate dai media – ci si fa meno problemi, per spontaneità o perché si vede una chance nel raccontare di sé, a meno che non ci si trovi davanti a realtà tribali in cui si crede che quando filmi rubi l’anima alle persone”.
Che progetto porti?
“Mediterranean Dreams è un progetto multimediale che vuole creare un dialogo interculturale tra i diversi paesi e villaggi che si affacciano sul mediterraneo. Lavoreremo con ragazzi tra i 16 e i 20 anni che si confronteranno su 5 macrotematiche: religione, pace, mare, tempo e amore. I web fruitori potranno vedere qual è il sogno di pace, amore… di questi ragazzi”.
Riguardo a questo progetto, però, Don Edkins, boss di Whydemocracy, suggerisce un’altra via: “Vada per la co-produzione tv e non la trasmissione web”. Gli altri commissari, Wilson e Pasanen, concordano nel dire che il trailer “E’ un po’ ripetitivo: meglio focalizzare l’attenzione anche su altri temi oltre che su amore, pace”.
Attendiamo di vedere il risultato finale…