Pubblicate le motivazioni con cui il Tribunale del riesame di Palermo ha accolto il ricorso presentato dalla procura, che si era opposta alla decisione del gip di disporre per la donna l'obbligo di dimora
La ricercatrice libica deve rimanere in carcere «Le basta un telefono per reiterare il reato»
«Ha mostrato di essere in grado di padroneggiare gli strumenti di comunicazione di massa con spregiudicatezza e di volerli finalizzare alla diffusione dell’esaltazione della guerra e del terrorismo islamico. È chiaro che la misura dell’obbligo di dimora è quanto meno distonica rispetto al fine cautelare». È quanto si legge nelle motivazioni con cui i giudici del Tribunale del riesame di Palermo hanno disposto la custodia cautelare in carcere per Khadiga Shabbi, la ricercatrice libica dell’università di Palermo fermata lo scorso dicembre per istigazione a delinquere in materia di reati di terrorismo.
«È sufficiente la disponibilità della donna di un cellulare o di un computer per consentirle la reiterazione del reato» scrivono i giudici, che hanno accolto l’appello presentato dal pubblico ministero nei confronti della decisione del gip che aveva disposto per la donna l’obbligo di dimora.