Continua il muro-contro-muro sul Dance Attack di Catania. Abbiamo incontrato Piero Ferlito, proprietario di una delle due scuole al centro della polemica. Con lui, genitori e allievi, che si dicono feriti dalle parole del sovrintendente Fiumefreddo e ci raccontano la loro versione. E intanto si indaga sul caso- "Dance Attack", Catania in prima pagina- Omertosi o pallonari?
Il balletto dell’antimafia: parlano i ragazzi di San Giorgio
«Suona il cellulare, è la Digos che vuole chiarimenti su questa storia. Alla fine, mi chiede anche le generalità», così racconta Piero Ferlito, proprietario di una delle 24 scuole di danza che hanno partecipato al discusso “Dance Attack” svoltosi domenica scorsa in piazza Palestro. La polemica, da qualche giorno al centro dell’attenzione pubblica, riguarda la verità circa i “cento ragazzi di un quartiere disagiato” che, secondo gli organizzatori, non avrebbero partecipato perché costretti dai genitori, timorosi del messaggio contro Cosa Nostra della manifestazione.
Su “La Sicilia” i due titolari delle scuole di ballo “sospettate” – Elisa Laviano di “Arte e movimento” (e non “Danzamente”, come riporta il quotidiano) e Ferlito, proprietario e maestro di “Dietro le quinte”, nel quartiere San Giorgio, negano che le defezioni – che sarebbero comunque poche – siano dovute al carattere antimafioso dell’evento e si spingono a parlare di “montatura”. Il sovrintendente replica indignato e la stessa coreografa dello spettacolo, Giusy Vittorino conferma al quotidiano cittadino di essere stata chiamata al telefono a mezzanotte di sabato 6 settembre dalle mamme che “ritiravano” la partecipazione dei loro figli. Per paura.
Ferlito, dal canto suo, ricostruisce in maniera del tutto differente la vicenda: «Domenica 7 settembre ero seduto a tavola, quando mi ha chiamato il padre di un mio allievo di Adrano riferendomi la notizia dei cento ragazzini costretti a non partecipare, appresa da un tg nazionale. In tv si ipotizzava anche che la manifestazione sarebbe saltata. Per questo ho consigliato a lui e ad un altro alunno di Biancavilla di non venire fin qui». L’insegnante, che quello stesso giorno aveva in programma anche uno spettacolo per la serata al centro commerciale Etnapolis di Belpasso, ha pensato in un primo momento di non partecipare. «È a questo punto che mi chiama la segretaria del sovrintendente dicendomi che l’evento si terrà ugualmente», e così Ferlito decide di andare, insieme con i suoi ragazzi.
Tutti soddisfatti, se non che, il giorno dopo, il proprietario della scuola “Dietro le quinte” apprende da un giornalista de “La Sicilia” di essere stato coinvolto dal sovrintendente per 50 dei ragazzi assenti. «Mi sembra impossibile, innanzitutto per una questione numerica: io ho 60 allievi in tutto, escludendo i bambini che sono la maggioranza, ho 20 ragazzi, di cui 10 hanno partecipato. Avendo aperto solo nel 2002, questi 50 ragazzi in più mi farebbero anche comodo», scherza Ferlito. Per ragioni di sicurezza, infatti, erano stati imposti dei limiti di età ed altezza: minimo 14 anni e circa un metro e sessanta. Senza contare che parte delle allieve di Ferlito si trovavano in Germania per dei provini e che bisogna sempre mettere in conto “delle assenze fisiologiche”, come specifica l’insegnante.
«Il coinvolgimento in questa storia è un atto che intacca la mia dignità, quella dei genitori degli allievi e di tutto il quartiere. Il sovrintendente non può trattarci come numeri. Si rischia di ghettizzare una parte della città, e io l’ho vissuto sulla mia pelle da ragazzo». Piero Ferlito, infatti, è nato proprio nel quartiere di San Giorgio e, dopo una carriera trascorsa all’estero, ha deciso di tornare qui per aprire la sua scuola di ballo.
Insieme a lui c’è la moglie, Maki Nishida: straniera, per l’esattezza giapponese, vive a San Giorgio e racconta di trovarsi benissimo. «Non ho mai avuto problemi, semmai sono gli altri a farmi credere che qui c’è qualcosa di strano».
Eppure il Sovrintendente sembra essere sicuro del motivo dell’assenza: quella maledetta paura di fare qualcosa di “sbagliato”. Ferlito non si nasconde dietro un dito: «Avere un po’ di timore è legittimo. Su questo tema un po’ tutti ne hanno. Quello che contesto è che i miei ragazzi non abbiano partecipato per questo motivo». Anche perché, come ci viene spiegato dagli stessi ragazzi, pochi sono gli allievi che provengono dal quartiere San Giorgio, in maggioranza i più piccoli. Mentre i teenager arrivano dal Catanese (Adrano, Biancavilla, Acireale, Valverde, Licodia, Pedara, Paternò) e perfino da Milazzo (in provincia di Messina). «E tu dove stai?», chiediamo all’ultima arrivata a lezione, «Al centro» ci risponde candidamente, non capendo che differenza faccia. «Non bisogna giudicare solo perché siamo di questo quartiere», sbotta un genitore, «A me è piaciuta l’iniziativa, e penso che se ne debbano proporre altre come questa!»
Erano cinque, infatti, i genitori presenti alla manifestazione, «Io c’ero, mia figlia c’era… Anch’io ero lì a ballare con la maglietta verde, com’è possibile pensare che l’avremmo vietato ai nostri figli?», aggiunge un’altra mamma. Anche Elisa e Loriana, due giovani allieve della scuola, confermano con forza: «Eravamo lì perché volevamo andare, ci tenevamo proprio. E come noi i nostri compagni».
«I ragazzi sono stati i più danneggiati da questa malafede: potevano andare a mare, a passeggio, e invece erano lì per passione», dice Maki Nishida. I titolari della scuola inoltre si sentono danneggiati nell’immagine: «Cosa potranno pensare adesso i genitori dei ragazzi che volevano iscriversi qui?»
Poco prima di salutarci, Ferlito riceve una telefonata dai carabinieri. Gli investigatori vogliono fare chiarezza sui fatti. Saranno loro a mettere la parola fine a questa serie di polemiche e di smentite?