Si dice che a volte le persone che ci conoscono da poco siano capaci di cogliere la nostra essenza in maniera migliore, più efficace, di chi ci ha visto nascere. Per questo, in veste di neodirettore di Step1, mi permetto di presentarvi il nostro giornale che torna, rinnovato, dopo quasi due mesi di assenza
Sulla strada
Il nostro giornale: dei redattori, dei coordinatori, della facoltà di Lingue, ma soprattutto delle centinaia di lettori che (fuori e dentro l’Università) ci seguono da anni con la loro fiducia, i loro rimproveri, la loro partecipazione. Un giornale fatto da studenti universitari, ma che ha sempre coltivato l’ambizione di non essere semplicemente un “giornale universitario”. Un organo di informazione portato avanti con pochissimi mezzi, che tuttavia non rinuncia a proporsi ai suoi lettori come un giornale senza aggettivi. Qualche volta, nei mesi passati, abbiamo avuto l’impressione di essere riusciti nell’intento. È anche per questo che ci sembra giusto continuare a provarci.
Nello scorso mese di luglio Step1 ha aperto una vertenza con la Facoltà di Lingue, che ne è l’editore. Dopo alcuni incontri con il Preside, abbiamo sottoscritto un comunicato congiunto in cui si individuano gli impegni che la Facoltà assume per dare a questo progetto il sostegno indispensabile perché possa vivere. Non tutti i problemi sono stati ad oggi concretamente risolti. Per fare un solo esempio, la redazione non ha ancora un proprio spazio e continua a dividere l’aula 24 (nonché i computer e le linee telefoniche) con i cugini di Radio Zammù. Noi confidiamo però che gli impegni presi dalla Facoltà verranno tutti rispettati. È per questo che fin d’oggi riprendiamo gli aggiornamenti. Accompagnandoli con un corposo restyling del sito.
La nuova versione di Step1 – ve ne sarete accorti – dà più spazio alla multimedialità e all’interazione coi lettori, col proposito di favorire e sviluppare un’esperienza di citizen journalism: in una città in cui chi dovrebbe informare spesso abdica al proprio ruolo, chiediamo dunque ai lettori di diventare reporter: segnalando fatti e notizie, scrivendo interventi e articoli, animando dibattiti, mandando in rete i filmati di interesse collettivo (magari girati con un normale telefonino).
Essere un giornale on-line può costituire una forza, ma è certo anche un limite. Specie se si cerca caparbiamente di confezionare ogni giorno un magazine indipendente, autorevole, non paludato; un magazine ricco, vario, che parli a tutti: agli studenti e ai professori dell’ateneo, ma anche ai cittadini lontani dall’Università, ai professionisti, ai giovani precari, ai rappresentanti delle istituzioni, alla gente dei quartieri. Faremo il possibile per “incontrare”, con metodi e strumenti tradizionali, quell’altra Catania che ha molto da dire e da raccontare, e che troppo spesso resta fuori dall’obiettivo delle telecamere.
Non saremo mai acquiescenti. Non amiamo la retorica, i laudatores temporis acti. Detestiamo chi vagheggia i tempi che furono, quelli del “c’era una volta una Catania splendente aperta a ogni possibilità”, quelli della “Milano del Sud”, quelli della “Seattle di Italia”. Questi paragoni, che sono fioriti negli anni, quasi sempre sottendono un atteggiamento mentale allo stesso tempo provinciale e protervo: “saremmo i migliori se solo non fosse che…” E giù a ripercorrere i nostri mali, gli sgambetti della storia e della sorte, indietro nel tempo, da Garibaldi fino ai mori, ai normanni, i greci, i romani…
Ma non cercateci neanche tra gli indignati per professione, tra coloro che vedono questa città come irredimibile per le troppe connivenze, gli affari sporchi, la politica corrotta e irresponsabile, la mafia che appesta l’aria. Restiamo convinti che oltre al cielo di cartapesta esista una realtà fatta di persone e non di burattini. Per questo, senza mai rinunciare a denunciare ciò che va denunciato, proveremo a raccontarvi anche le cose che funzionano, la Catania che ci piace, che vive, studia, lavora e va avanti, avendo bene in mente cosa è ma soprattutto cosa non vuole essere.
Ricominciamo proprio ora, in una città ferita e umiliata, trasformata in un set di un film postapocalittico: mute di cani randagi si avventano sui rifiuti che circondano cassonetti stracolmi, centinaia di donne in piazza protestano per uno stipendio che non arriva, piangendo lacrime e debiti, il buio pesto torna a spaventare chi si attarda la sera nelle strade del centro.
Oggi più che mai – con i nostri pochi anni e la nostra passione – restiamo convinti che esista una sola via ben illuminata, da percorrere tutti insieme: quella su cui si avanza realizzando le cose concrete. Indignarsi e abbaiare alla luna, magari preparando una valigia per il Continente, non basta. Tra un anno o dieci ciascuno di noi si chiederà se poteva fare di più per il posto in cui è nato e cresciuto, per quella terra che è la sua e sulla quale sembra aver rinunciato a ogni diritto.
Quattro anni fa, all’atto della sua nascita, questo giornale – come ha scritto il suo fondatore Enrico Escher – si presentava con “ambizioni sconfinate”, a cominciare “dal sogno di fare giornalismo in modo diverso da quello a cui la nostra realtà ci ha abituati”, dalla ricerca “di una lingua nuova per raccontare (e come potrebbe non essere così), di uno sguardo diverso per scoprire, di un’attenzione nuova per capire e, se ci riusciamo, tutti insieme, a spiegare”. Oggi ci rimettiamo in cammino, avendo imparato da questi quattro anni che quelle “ambizioni sconfinate” non sono retorica, ma un obiettivo concreto. Difficile da raggiungere ma non utopistico. Ripartiamo dunque senza alibi. Sperando di avervi come compagni di strada.
Roberta Marilli