Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 ore, analizza la situazione economica della società etnea. E arriva a conclusioni opposte a quanto dichiarato dall'avvocato che cura la cessione: «Pulvirenti deve tirarsi indietro. E il valore del club, che ha davanti anni di perdite, non può superare i dieci milioni»
Catania in vendita: «Vale meno di Martinez» Per l’esperto il prezzo deve farlo chi compra
«Per un club di Lega Pro, torneo che non genera utili ma solo perdite, il prezzo di vendita dovrebbe farlo chi acquista». È il parere di Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 ore e autore del libro Goal Economy, che analizza per MeridioNews la situazione economica del Catania. Un parere diametralmente opposto a quanto dichiarato nella conferenza stampa tenutasi giovedì a Torre del Grifo, in cui l’avvocato Salvatore Abramo – incaricato appunto di curare la vendita della società – ha invece detto: «Non si può pensare di trattare alle condizioni dell’acquirente».
Secondo l’esperto de Il Sole 24 ore, pur considerato il blasone e il bacino d’utenza del Catania, «il valore di mercato del club rossazzurro non supera i dieci milioni di euro». Cifra inferiore a quanto pagato al Catania nel 2010 dalla Juventus, circa 13 milioni, per l’acquisto dell’attaccante uruguayano Jorge Martinez. «Pulvirenti – precisa il giornalista – dovrebbe ridurre al minimo le sue pretese per fare il bene non di se stesso, ma della piazza e dei tifosi». Venire incontro all’offerta del possibile compratore – finora si sono fatte avanti due cordate, una argentina e un’altra che tratta l’affare attraverso una società fiduciaria svizzera – sarebbe il solo modo per facilitare e sveltire il rilancio sia economico che sportivo dei rossazzurri. «La proprietà subentrante dovrà immettere nuova linfa per ricostruire le basi e programmare la risalita in serie A, il solo campionato che permette utili. Ma dal momento dell’acquisto saprà anche di avere davanti a sé almeno tre anni di sicure perdite».
Il Catania, la scorsa estate, ha rischiato di non iscriversi in tempo ai campionati Figc per ritardi su alcuni pagamenti. La situazione in cui si trova il club – un tempo lodato per i bilanci sempre in forte attivo – «è paradossale – prosegue Bellinazzo – e a pagare la cattiva gestione è stato chi non aveva colpa, come tifosi e lavoratori». Il riferimento è ai dieci licenziamenti disposti in estate dal Catania e motivati con perdite milionarie. Licenziamenti che disegnano l’immagine «di un club totalmente in crisi economica – dice a MeridioNews il sindacalista della Cgil Davide Foti – Non sono stati attivati neanche gli ammortizzatori sociali e i lavoratori hanno appreso del provvedimento attraverso i giornali». La dirigenza, allora retta dall’amministratore unico Carmelo Milazzo, all’ufficio provinciale del lavoro «ha dichiarato che il calo economico non sarebbe stato temporaneo e che sarebbe stato impossibile tornare ai precedenti livelli di produttività e ricavi», proprio in ragione del declassamento dalla serie A alla serie C. Il risparmio generato dai licenziamenti ammonterebbe a circa 200mila euro l’anno: «Non più dello stipendio di uno solo tra i calciatori che militavano in organico la scorsa stagione», conclude Foti, che ha seguito la vertenza.
La retrocessione dalla serie A alla Lega Pro ha causato la perdita di sponsorizzazioni e diritti televisivi per un valore di oltre 30 milioni di euro. Accompagnata dalla scarsa capacità di monetizzare la vendita dei calciatori. Il venire meno di introiti così consistenti, oltre il 70 per cento delle voci in entrata, «avrebbe portato qualsiasi società – spiega ancora Bellinazzo – sull’orlo del fallimento». Dopo il mezzo passo indietro di Pulvirenti, che a seguito dello scandalo combine ha rinunciato a cariche ufficiali ma che continua a detenere la proprietà «pur senza più immettere capitali freschi», è molto difficile puntare su nuovi soci o sponsor. «Grandi aziende non assocerebbero mai la loro immagine a un club che porta ancora addosso la macchia dello scandalo sportivo». Nello scenario attuale, «oltre alla possibilità di anni di anonimato nelle serie minori, la società rischia di cadere in una spirale viziosa, che potrebbe portare al default». Il tempo per invertire la rotta, commenta il giornalista, «c’è, ma i segnali che arrivano da fuori e dentro il campo sono molto negativi». Dunque, l’unica soluzione per guardare al futuro con più ambizione che paura resterebbe, secondo Bellinazzo, la vendita. Ma a condizioni diverse da quelle finora poste dalla società.