L'ex pm di Caltanissetta è stata ascoltata nel corso del quarto processo sulla strage di via D'Amelio. Nel 2013 fu accusata di aver avuto un ruolo nella costruzione delle deposizioni del falso pentito: «Un'offesa non più tollerabile». Sentito anche l'allora procuratore capo Tinebra: «Avemmo dubbi sull'attendibilità»
Borsellino quater, parla la magistrata Palma «Non ho mai fornito appunti a Scarantino»
«Se avete dubbi, sottoponetemi a una perizia calligrafica». Ha replicato così l’ex pm di Caltanissetta Annamaria Palma all’avvocato Giuseppe Scozzola, legale di Gaetano Scotto, uno dei soggetti condannati ingiustamente per la strage di via D’Amelio. Palma è intervenuta questo pomeriggio presso la Corte d’Assise di Caltanissetta, dove si sta svolgendo il quarto processo per l’attentato che il 19 luglio 1992 costò la vita al giudice Paolo Borsellino. A essere imputati nel Borsellino quater sono i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino e i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci.
Accusata, nel 2013, dall’ispettore di polizia Luigi Catuogno di essere stata tra coloro che avrebbero condizionato le dichiarazioni proprio di Scarantino, Palma ha negato qualsiasi coinvolgimento: «Non ho mai consegnato verbali con annotazioni o appunti a imputati o a nessun altro, nemmeno a Vincenzo Scarantino – ha dichiarato in aula -. Sono un pubblico ministero che crede nello Stato e una cosa del genere significava inquinare il collaboratore ed è davvero mortificante sentirsi rivolgere certe domande». La neosostituta procuratrice generale di Palermo ha definito «un’offesa che non è più tollerabile» quella secondo cui avrebbe modificato i verbali degli interrogatori, per agevolare Scarantino ad acquisire credibilità davanti ai giudici. «Sono massacrata dalla stampa su questo fatto – ha attaccato Palma -. Si è detto che si tratta di una grafia femminile, ma è una cosa assolutamente falsa. Se avete dubbi, indagatemi e sottoponetemi a una perizia calligrafica».
La magistrata ha poi risposto alle domande riguardanti i presunti condizionamenti nei confronti della moglie di Scarantino, Rosalia Basile, alla quale sarebbe stato suggerito di non presentarsi ai processi sulla strage. Anche in questo caso da parte di Palma non vi è stata alcuna ammissione. Netto, inoltre, il giudizio sulla credibilità di Scarantino all’epoca della collaborazione con la giustizia e sulle voci secondo cui il falso pentito avrebbe confessato di non essere coinvolto nell’attentato: «Questa è una leggenda metropolitana – ha risposto l’ex pm nissena -. Scarantino era un soggetto fragile, questo sì. La sua preoccupazione nasceva dal fatto che la moglie lo aveva abbandonato ed era tornata a Palermo, portandosi via i figli e non glieli faceva vedere». I vacillamenti di Scarantino sarebbero stati legati anche a problemi economici: «Si lamentava del fatto che i soldi non gli bastavano e diceva di volere tornare in carcere. Addirittura -. ha proseguito Palma – un giorno si presentò per costituirsi e di questo fatto venne informato subito il pm Petralia, che chiamò il Servizio centrale di protezione, ma non gli rispose nessuno. Poi credo che Scarantino venne convinto a tornare sui suoi passi, ma di preciso non so come si è evoluta la vicenda perché non la seguii io».
Nelle dichiarazioni della magistrata, un riferimento anche alla copia dell’agenda rossa che Borsellino utilizzava per duplicare i propri appunti: «Tutto quello che Paolo Borsellino annotava sull’agenda rossa lo ricopiava su un’agenda grigia che aveva a casa e della quale fu fatta una copia che acquisimmo. Sfortunatamente – ha aggiunto Palma – gli appunti si fermavano a pochi giorni prima dell’attentato, mi pare al 17 luglio del 1992».
Chi invece ammette di aver nutrito dubbi sulle parole di Scarantino, è l’ex procuratore capo di Caltanissetta Giovanni Tinebra, che ha deposto stamani al processo: «Scarantino ci diede un bel da fare, ci ha fornito un mare di notizie, ma avevamo anche il sospetto che ci potesse dire delle falsità» ha dichiarato l’ex magistrato, oggi in pensione. Sul presunto depistaggio, realizzato tramite la manipolazione delle dichiarazioni di Scarantino, ad agosto la Procura di Caltanissetta ha chiesto l‘archiviazione per Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera, i tre poliziotti che facevano parte del gruppo di indagine che coordinò l’inchiesta sulla strage, guidato dall’allora questore Arnaldo La Barbera.