Tecnis, stipendi in ritardo e cantieri a rischio  Sindacati: «Città rischia di restare sventrata»

«Bisogna correre per non lasciare Catania sventrata e il piano di rilancio delle infrastrutture siciliane bloccato». Gli effetti della crisi di Tecnis – colosso degli appalti pubblici in Sicilia e in tutto il Paese – iniziano ad avere effetto anche sul territorio e sui lavoratori. Rallentano i cantieri e gli operai non sono pagati da settembre. Dopo l’arresto e le dimissioni dei due soci fondatori dell’impresa – Domenico Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice –, la sospensione della certificazione antimafia ha fatto decadere il nuovo consiglio di amministrazione. I sindacati temono il blocco dei cantieri e lanciano l’allarme sulla situazione economica e societaria dell’azienda, portando la questione fino al ministero dello Sviluppo economico. «Vanno nominati in fretta i commissari, in sostituzione del cda, per garantire la continuità operativa, l’occupazione dei lavoratori e la ristrutturazione dell’azienda», chiedono Cgil e Cisl.

Tecnis a Catania impiega oltre 250 lavoratori e opera su diversi cantieri. Tra questi anche i tratti di metropolitana Borgo-Nesima, Stesicoro-Giovanni XXIII e Giovanni XXIII-piazza Galatea, finanziati dall’Unione Europea. «Se non saranno completati in tempo, spendendo tutte le somme stanziate – spiega Nunzio Turrisi, segretario di Filca Cisl – l’Europa non attiverà più i fondi per la costruzione dei tratti successivi». Si tratta di 480 milioni di euro da destinare al collegamento della città con Misterbianco e con l’aeroporto Vincenzo Bellini. I lavori «devono essere chiusi entro aprile 2016 – continua il segretario della Cisl – e sono già in ritardo a seguito delle vicissitudini legate alla vicenda Sigenco, a cui Tecnis è subentrata in corso d’opera».

Se i finanziamenti europei non saranno attivati, il rischio è che alla ditta che si è aggiudicata l’appalto delle nuove tratte – la Cmc di Ravenna – «manchino i fondi necessari per completare i lavori e la città resti sventrata per sempre». Al momento i cantieri catanesi continuano a lavorare, ma i sindacati temono ritardi, cosa che è già successa altrove. La causa sarebbe «l’assenza delle materie prime che devono mettere a disposizione i fornitori, preoccupati della crisi dell’azienda e dai mancati pagamenti». Oltre al danno infrastrutturale e paesaggistico «siamo molto preoccupati – continua Giovanni Pistorìo, sindacalista Cgil – dalla possibilità di perdere numerosi posti di lavoro». La questione è stata portata dai sindacati al tavolo del ministero dello Sviluppo economico.

Davanti alle istituzioni, i rappresentanti dei lavoratori hanno chiesto «tempestività nella nomina dei commissari che dovranno prendere il posto del consiglio di amministrazione – riprende Turrisi – per garantire la sopravvivenza dell’azienda». Per legge devono essere nominati dalla prefettura di Catania entro novembre, «ma stiamo pressando per abbreviare i tempi». Nell’elenco delle priorità che i commissari dovrebbero seguire «c’è anzitutto la richiesta per riottenere la certificazione antimafia», sospesa il 15 novembre dalla prefettura di Catania e indispensabile per partecipare alle gare d’appalto. Poi seguirebbe «il pagamento degli stipendi ai lavoratori, in arretrato di tre mensilità, che faticano ormai a recarsi sul posto di lavoro». Infine «la nomina dei nuovi commissari che avranno il compito di verificare il piano di ristrutturazione del debito presentato dalla società – conclude Turrisi – Che dice di vantare 28 milioni di euro da committenze non pagate e punta a coprire per intero i debiti maturati fino al 9 novembre».

I guai dell’azienda, secondo i sindacati, non sarebbero infatti iniziati con le dimissioni di Costanzo e Bosco Lo Giudice – arrivate una settimana dopo il loro arresto nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma denominata Dama nera, che ha tolto il velo su un presunto giro di mazzette e corruzione tra funzionari pubblici. «La crisi economica è precedente, la società infatti aveva pensato a un piano per rientrare dai debiti già prima che scoppiasse lo scandalo giudiziario». E a partire dai prossimi incontri in programma con le istituzioni, i sindacalisti sperano «che ci sia piena collaborazione per salvare i posti di lavoro e la società – afferma Turrisi, che precisa – Tecnis ha committenze per oltre un miliardo di euro in Sicilia e in tutta Italia e dà lavoro a tantissimi operai». «L’intervento della giustizia servirà a bonificare l’azienda, a rilanciarla – conclude Pistorìo – Ma tutto ciò sarà possibile solo se si agirà con tempestività».


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