I pm hanno chiesto l'archiviazione del procedimento penale a carico dell'ex rettore della basilica di san Sebastiano. Pur sottolineando la veridicità dei racconti fatti da chi sarebbe stato vittima degli abusi sessuali: «Un leader carismatico che sfruttò la fiducia e l'affetto dei ragazzi», scrivono i magistrati
Don Chiarenza, chiesta prescrizione per pedofilia La Procura: «Accuse coerenti e circostanziate»
Dettagliate, coerenti e circostanziate. È con questi aggettivi che i pm titolari dell’inchiesta sui presunti abusi sessuali compiuti da don Carlo Chiarenza ai danni di diversi minori di Acireale – tra cui Teo Pulvirenti, l’uomo che nel 2012 denunciò l’allora rettore della basilica di San Sebastiano – descrivono le accuse a carico del prelato. Veridicità che tuttavia non basterà a portare a processo Chiarenza. I sopraggiunti termini per la prescrizione, infatti, hanno indotto i pubblici ministeri a chiedere al gip l’archiviazione del procedimento: «Si tratta di un epilogo prevedibile – dichiara l’avvocato di Pulvirenti, Giampiero Torrisi a MeridioNews -. I fatti denunciati risalgono agli anni Ottanta, un tempo troppo lontano per la legge italiana».
La lettura delle motivazioni, tuttavia, consente di affermare con più forza la portata della denuncia: «In più occasioni, Pulvirenti è stato descritto come un individuo in cerca di fama – continua Torrisi – mentre adesso sono i pm a suffragare la veridicità dei racconti». I magistrati descrivono l’ambiente in cui avvennero le violenze – la parrocchia di San Paolo – come una comunità guidata da «un leader carismatico amatissimo e rispettato da tutti i giovani». All’interno di questo scenario, Chiarenza, consapevole del proprio ascendente, avrebbe sfruttato nel peggiore dei modi «l’affetto e la fiducia» riposta in lui dai giovani. Tra i casi presi in esame dai pm, ci sarebbe anche un presunto stupro avvenuto in canonica.
Si conclude così, dunque, una vicenda giudiziaria trattata con estremo riserbo dalla procura di Catania e che negli ultimi anni ha diviso la città di Acireale tra garantisti e accusatori, arrivando fino in Vaticano, dove Chiarenza è stato condannato in primo grado dal Tribunale ecclesiastico a otto anni di allontanamento dalla diocesi. Pena che tuttavia, al momento, è sospesa in attesa del giudizio di secondo grado, destando le proteste, tra gli altri, di La caramella buona, l’associazione che sin dal primo giorno ha seguito il caso offrendo supporto alle vittime.
Il sacerdote, negli scorsi mesi, è stato al centro di nuove polemiche: prima per la presenza tra i soci soprannumerari dell’Accademia degli Zelanti, e poi per la possibilità ricevuta dal vescovo di Acireale, Antonino Raspanti, di concelebrare una messa in occasione del venticinquesimo anniversario di sacerdozio del prete della parrocchia di Aci San Filippo. Lo stesso Chiarenza, infine, è apparso in tv nelle scorse settimane: intervistato nel corso della trasmissione La strada dei miracoli, il prelato si è difeso dalle accuse definendosi «l’unica vittima» di questa storia.