Forse ci siamo illusi, dopo qualche facile vittoria, di avere una squadra troppo forte. Forse una legge imposta dal dio del calcio punisce chi si compiace troppo di se stesso. Sta di fatto che il Catania sconfitto dalla Casertana non assomigliava alla bella squadra dell'inizio di questo campionato. E che, quando parti con nove punti di penalizzazione, non puoi concederti questi sbagli
Il Catania, il contrappasso e il segreto di Faust Ovvero gli errori che non possiamo permetterci
Temo che ci sia una sorta di legge del contrappasso che governa la vita dei tifosi, o quantomeno di noi tifosi del Catania. Appena tre anni fa, sul finire della nostra miglior stagione di tutti i tempi, sfottevamo a buon diritto i cugini del Palermo, finiti in serie B dopo anni di proclami roboanti (compensati, per la nostra gioia, da sonore e memorabili sconfitte nei derby). E ora invece, nello stretto giro di un paio di stagioni e di qualche intercettazione a sfondo ferroviario, ci troviamo a osservare i rosanero da due categorie più in basso.
Assai più in piccolo, sette giorni fa, facevamo un po’ i gradassi – anche stavolta a buon diritto, se vogliamo – a spese del Catanzaro, venuto al Massimino a regalarci una facile vittoria propiziata da regali difensivi e castronerie del portiere. Ed eccoci ora a leccarci le ferite di una sconfitta – in trasferta sul campo della Casertana, adesso prima in classifica nel girone – che ci ha visto troppo spesso regalare il nostro fianco sinistro all’ala destra avversaria (il che ci è costato il primo gol subito dall’argentino Alfageme); e ha poi registrato il raddoppio casertano per un’altra figuraccia della nostra difesa: con il nostro portiere Bastianoni che, con un’uscita perlomeno goffa, ha regalato a Mancosu la possibilità di appoggiare il pallone nella nostra porta spalancata.
È andata così, facciamocene una ragione. E poco male se è stata solo questione di contrappasso. L’importante è che, nella testa dei nostri giocatori, non si sia interrotta la spinta instancabile che aveva reso così belle le nostre prime partite. Basta che non sia subentrato il compiacimento di chi si sente più forte degli altri e pensa pertanto di potersi rilassare. Purché insomma i ragazzi non si siano dimenticati che, per tirar fuori qualcosa di buono da questo campionato, non ci si può fermare neanche un attimo a contemplarsi allo specchio; che serve insomma una tensione infinita a superare sempre se stessi. Senza concedersi un istante di compiacimento.
La tensione di Faust, diciamo: il quale, come tutti sanno, stipulò un patto con il diavolo promettendogli l’anima in cambio della soddisfazione di ogni desiderio. Ma che alla fine riuscì a tenersela stretta, la sua anima, e a portarsela dritto dritto in paradiso grazie a un’accorta clausola contrattuale: in base alla quale Mefistofele avrebbe avuto la meglio solo se Faust, incantato da un attimo di felicità, avesse chiesto al tempo di fermarsi; se anziché tendere sempre a superare se stesso si fosse adagiato su un letto di pigrizia; se avesse insomma commesso l’errore imperdonabile di piacersi. E di compiacersi.
Un errore, questo, che il Catania non può permettersi di commettere. Anche perché, rispetto a Faust, ha lo svantaggio di partire con nove punti di penalizzazione.