Il magistrato pugliese lascia con una conferenza stampa, in attesa di volare a Roma. Era stato nominato nel 2011. Tra le inchieste di maggiore spessore quelle nei confronti dell'ex governatore Raffaele Lombardo e dell'editore e imprenditore Mario Ciancio. La reggenza è stata affidata a Michelangelo Patanè in attesa della scelta del Csm
Salvi saluta la Procura e la città di Catania «Quando arrivai c’erano pesanti contrasti interni»
Dispiaciuto e allo stesso tempo motivato per quella che viene definita «l’occasione che non si poteva rifiutare». Giovanni Salvi parte per Roma ma questa volta con un biglietto di sola andata. Il magistrato leccese lascia dopo quattro anni la guida della Procura di Catania per approdare nella sua città d’adozione nel prestigioso ruolo di Procuratore generale. Un «ritorno a casa», come spiega ai giornalisti il diretto interessato nella sua ultima conferenza stampa sotto il vulcano, affiancato alla sua destra dal magistrato Michelangelo Patanè che da dopodomani sarà il nuovo reggente in attesa che il Consiglio superiore della magistratura nomini il nuovo vertice. Il posto di procuratore vicario è già stato ricoperto per otto mesi da Patanè prima della nomina di Salvi, dopo il pensionamento di Vincenzo D’Agata.
Salvi è stato nominato dal Csm nel novembre 2011 in seconda votazione, raccogliendo due voti in più di Giuseppe Gennaro e undici rispetto a Giovanni Tinebra, all’epoca procuratore generale a Catania e oggi, ormai da alcuni mesi, in pensione. Periodo con «forti tensioni che hanno messo in ombra gli uffici di Catania», ricorda oggi Salvi, in riferimento all’ultima fase di D’Agata e all’emergere della vicenda giudiziaria legata a Raffaele Lombardo. Mesi particolari con diverse fughe di notizie dagli uffici di piazza Verga che portano alcune porzioni della società civile a invocare un magistrato «non catanese». E in cui non mancano i colpi di scena come la richiesta di archiviazione dell’accusa a Lombardo di concorso esterno avanzata proprio da Patanè durante la sua reggenza. «Posso dirvi – analizza Salvi – che la Procura era migliore di quella che appariva. Ho trovato magistrati preparati e qualificati ma anche aspetti organizzativi da migliorare e pesanti contrasti interni derivanti anche da pubblicazioni sulla stampa di notizie riservate che avevano creato forti tensioni».
Per l’ormai ex guida della giustizia catanese i primi mesi a Catania non sono stati semplici. Difficoltà derivanti anche dal ricorso di Gennaro e Tinebra dopo la nomina di Salvi. Una corsa alla poltrona più ambita di piazza Verga che si è ufficialmente conclusa soltanto nel giugno 2014 con il Consiglio di Stato che sposa l’appello di Salvi contro il ricorso che era stato accolto dal tribunale amministrativo di primo grado. Lo «straniero», termine con cui è stato ribattezzato il magistrato di origine pugliese, affronta con serenità un periodo ricco di veleni. Gennaro, coinvolto nel cosiddetto «secondo Caso Catania», un presunto intreccio tra mafia, imprenditoria e magistratura, sempre smentito dall’interessato, non è un nome gradito alla società civile. Stesso discorso per Giovanni Tinebra. Il magistrato già titolare della Procura di Caltanissetta dal 1992 al 2001. Gli stessi anni del finto pentito della strage di via D’Amelio Vincenzo Scarantino che si autoaccusa, con bugie spudorate. Nel 2010 Tinebra viene convocato come testimone nel processo Mori, audizione che però salta dopo la presentazione di un certificato medico in cui si dichiara l’affezione da «sindrome parkinsoniana», salvo poi concorrere nell’ottobre 2011 proprio alla poltrona di procuratore capo a Catania.
Gli anni di Salvi a Catania verranno ricordati per numerose indagini e operazioni antimafia ma su tutte quelle che hanno avuto come protagonisti l’ex governatore regionale Raffaele Lombardo e l’editore e imprenditore Mario Ciancio Sanfilippo. Un intreccio tutto in divenire che ha già portato a dei risultati. La condanna del politico di Grammichele in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa e l’indagine, in fase preliminare, a carico dell’editore del quotidiano La Sicilia. «Le operazioni che ricorderò – commenta Salvi – sono però quelle legate al fenomeno dell’immigrazione. Nonostante nel mio lavoro sono stato abituato alle vittime, per queste persone è diverso. Essere riusciti, almeno in parte, a colpire i trafficanti è molto importante».
L’ultima conferenza stampa in città è stata utile anche per elencare i risultati dell’ultimo triennio e per illustrare quelli con scadenza 2017. Una serie di obiettivi che dovranno essere raggiunti dal suo successore. Tra le maggiori criticità del dopo Salvi ci saranno quelle legate proprio al fenomeno della migrazione. Dall’inchiesta sulla gestione del centro richiedenti asilo di Mineo alla fase di stallo che vivono gli uffici per l’eccessivo carico di richieste. «Siamo costretti a fissare le udienze per il riconoscimento dello status di rifugiati – spiega Salvi – al 2017. Stiamo parlando di persone arrivate nel 2013 con eventuali appelli che potrebbero arrivare al 2018». Numeri e scadenze da capogiro considerato l’afflusso di migranti negli ultimi mesi.