La manifestazione dell'orgoglio lgbtqi si è svolta ieri pomeriggio con la consueta parata lungo via Etnea, tra sguardi di disapprovazione dei passanti e balli in strada. «Dobbiamo imparare a dire no a chi ci vuole infelici e vuole relegarci in secondo piano», afferma Alessandro Motta, del comitato Arcigay QueeRevolution etneo. Guarda le foto
Un migliaio di partecipanti per il Pride «Vi vuliti bene? U Signuri v’abbenerica»
Una mamma orgogliosa del figlio in testa al corteo e un gruppo di ragazzi che lanciano insulti a mezza voce. Una drag queen che sfila fasciata in un abito fucsia e lo sguardo carico di disapprovazione di un gruppo di anziani. Due turisti che si guardano stupiti ballando tra la folla e i clacson suonati con rabbia dagli automobilisti bloccati in piazza Stesicoro. Come ogni anno la parata del Pride, la manifestazione dell’orgoglio lgbtqi, mette a confronto per un pomeriggio le diverse anime della città. Il serpentone di gente – più di un migliaio secondo le forze dell’ordine – ha percorso ieri il tragitto tra piazza Cavour e piazza Teatro Massimo riempiendo il centro storico etneo di musica – immancabili Abba e Raffaella Carrà – e colori.
Il tema scelto quest’anno dagli organizzatori, il comitato territoriale Arcigay QueeRevolution Catania e l’associazione Queer as Unict, è L’io, il corpo e l’eros. «Voglio dedicare questo Pride a chi l’eros ce l’ha insegnato e tramandato», afferma il presidente di Arcigay Alessandro Motta riferendosi ai cittadini e alle cittadine della Grecia chiamati domani al voto. «Dobbiamo imparare a dire no – spiega – Abbiamo detto troppi sì in trent’anni di movimento in Italia». Ed elenca: «No a chi ci vuole infelici, a chi ci dipinge come persone malate, a chi vuole relegarci in secondo piano».
«Vogliamo testimoniare il nostro affetto per gli omofobici e le sentinelle in piedi», dice tra il serio e il faceto Giovanni Caloggero, consigliere nazionale Arcigay. «Anche voi avete una speranza, potete guarire. State in piedi, seduti, fate voi». Francesca Milone, presidente di Queer as Unict, mette in rilievo la presenza degli studenti universitari: «C’è voglia di portare cambiamento, l’università è qui». Dario Accolla, tra gli ideatori del manifesto di questa edizione, punta l’accento sul ruolo delle famiglie arcobaleno che si battono per il riconoscimento dei diritti dei genitori omosessuali: «Sono il futuro di questo Paese e di questa nazione». «Molto dovremo fare ancora assieme», è la sfida che si propone Giacomo Rota, segretario della Cgil. «Continueremo a batterci per il pieno riconoscimento dell’articolo tre della Costituzione», quello che garantisce la pari dignità dei cittadini.
A prendere parte al corteo anche i portavoce di tutti i circoli Arcigay dell’Isola, mentre a rappresentare il Comune in apertura è l’assessore Rosario D’Agata e poi lo stesso sindaco Enzo Bianco. Il camion scoperto, palcoscenico per drag e ballerini, per qualche minuto viene occupato dal primo cittadino che ricorda l’attenzione della sua amministrazione sul tema dei diritti civili – con l’approvazione del registro delle unioni civili e l’inserimento della prima coppia lesbica celebrata lo scorso mese – e augura che si arrivi presto a una legge per il matrimonio egualitario.
«Come ogni anno siete riusciti a regalare a questa città un momento straordinario», dice Matteo Iannitti, di Catania bene comune. «Sono troppi i ragazzi che non vengono a questi Pride e non possono nemmeno parlare con i genitori, devono nascondersi». Iannitti riflette su come «ci sono tante discriminazioni che riguardano identità sessuale e di genere, ma anche di razza». E prosegue: «Libertà e uguaglianza sono messaggi universali. Chi fa una gerarchia tra i diritti e le libertà, sbaglia. Non possono esserci persone di serie a e di serie b».
Mentre la manifestazione si conclude con una performance teatrale dal titolo Amori (im)possibili, la folla si disperde. Un’anziana signora osserva i cartelli agitati fino a pochi minuti prima dai partecipanti. «Lo stesso amore, gli stessi diritti», si legge nei fogli. Socchiude gli occhi e agita un dito: «Vi vuliti bene? U Signuri v’abbenerica».