Il gip ha respinto la richiesta di archiviazione del pubblico ministero. Scatterà quindi la richiesta di rinvio a giudizio per Mauro Mangano, attuale primo cittadino, per il suo predecessore Pippo Failla e altri due dirigenti comunali. Al centro della vicenda il cattivo funzionamento della condotta fognaria e la mancanza del collettore
Paternò, imputazione coatta per il sindaco Per gli sversamenti di liquame nel fondo Milici
L’attuale sindaco di Paternò Mauro Mangano, il suo predecessore Pippo Failla, Eugenio Ciancio, capo unità operativa lavori pubblici, e Giuseppe Di Mauro, ex dirigente comunale ai Lavori pubblici ed ora in pensione, rischiano di essere rinviati a giudizio con l’accusa di omissione in atti d’ufficio e inquinamento ambientale. Il gip Flavia Panzano ha infatti respinto la richiesta di archiviazione avanzata dal sostituto procuratore Andrea Bonomo, nei confronti dei quattro soggetti indagati, i quali si sono occupati del cattivo funzionamento della condotta fognaria nella zona San Marco e del mancato completamento del collettore fognario; una circostanza che ha fatto registrare consistenti sversamenti di liquame nel fondo agricolo dell’imprenditore Nino Milici.
La denuncia da parte di quest’ultimo è partita nell’ottobre del 2010. Il periodo sotto osservazione da parte della magistratura etnea è quello compreso tra il febbraio del 2011 e il giungo del 2014. Panzano ha disposto l’imputazione coatta: la Procura dovrà quindi adesso chiedere il rinvio a giudizio, per Failla, Mangano, Ciancio e Di Mauro. La mancata realizzazione del collettore fognario della zona di San Marco ha provocato l’invasione di liquami provenienti dalle fogne nelle campagne di Nino Milici; per il giudice delle indagini preliminari, tutto ciò che si riversa nella proprietà dell’imprenditore ha «un elevato contenuto batteriologico; di conseguenza rende ipotizzabile a carico dei soggetti, amministratori e funzionari comunali di Paternò, la consapevole violazione della normativa dettata in materia di inquinamento ambientale; inoltre il perdurare dello stato dei luoghi e l’intenso ed incontrollato sversamento dei reflui che avviene nella proprietà di Milici costituisce un grave pericolo per l’incolumità fisica di chiunque dovesse trovarsi all’interno o in prossimità del fondo».
Il sostituto procuratore Bonomo aveva chiesto l’archiviazione in quanto a livello penale non ci sarebbero reati, visto che il Comune di Paternò aveva inserito nel piano triennale delle opere pubbliche un progetto per la realizzazione del collettore richiedendo alla Regione Sicilia un finanziamento andato poi perduto; inoltre l’ente comunale non è potuto intervenire con soldi propri per mettere in sicurezza la zona, in quanto il Comune non aveva le risorse per effettuare tale tipo di intervento.
«Il primo cittadino è estremamente sereno e fiducioso – ha dichiarato Salvatore Milicia, l’avvocato difensore del sindaco Mauro Mangano – il processo consentirà di appurare la non responsabilità del sindaco, in quanto l’opera di completamento è stato inserita nel piano triennale delle opere pubbliche, ma la mancanza di soldi comunali e di finanziamenti ad hoc non ha permesso di intervenire».