Il tribunale del lavoro di Termini Imerese ha condannato l’Inail al risarcimento previdenziale in favore della vedova di Giuseppe Failla, storico dipendente del Comune di Castelbuono (in provincia di Palermo) morto a 64 anni per mesotelioma pleurico, un cancro devastante causato dall’esposizione all’amianto. Una sentenza che riconosce l’origine professionale della malattia contratta da Failla e accende i riflettori su un dramma silenzioso che ha colpito tanti lavoratori del comparto pubblico. […]
Castelbuono, morto dipendente del Comune esposto all’amianto: «La moglie verrà risarcita»
Il tribunale del lavoro di Termini Imerese ha condannato l’Inail al risarcimento previdenziale in favore della vedova di Giuseppe Failla, storico dipendente del Comune di Castelbuono (in provincia di Palermo) morto a 64 anni per mesotelioma pleurico, un cancro devastante causato dall’esposizione all’amianto. Una sentenza che riconosce l’origine professionale della malattia contratta da Failla e accende i riflettori su un dramma silenzioso che ha colpito tanti lavoratori del comparto pubblico. Alla vedova sarà ora corrisposta una rendita mensile, oltre agli arretrati e alle maggiorazioni del fondo vittime amianto, per un totale di circa 150mila euro.
Giuseppe Failla ha dedicato 33 anni della sua vita al servizio della comunità: prima nell’ambito ambientale, poi nei settori manutentivi e amministrativi del Comune di Castelbuono. Per oltre vent’anni ha provveduto alla risoluzione delle problematiche attinenti la salvaguardia dell’ambiente (acqua, suolo, atmosfera), con gestione del servizio di raccolta e discarica dei rifiuti solidi urbani, tra cui quella di Santa Lucia e quella di Cassanisa, operando a stretto contatto con rifiuti pericolosi, spesso contenenti amianto, in siti contaminati e magazzini comunali fatiscenti, come l’ex cineteatro Le Fontanelle dove le coperture in eternit erano in evidente stato di degrado, svolgendo regolarmente sopralluoghi, delimitazioni di aree e classificazioni dei materiali pericolosi. Più volte fu nominato responsabile per la gestione di eternit abbandonato, con esposizioni documentate e dirette a polveri di amianto, senza adeguate tutele.
Nel 2018, dopo una lunga esposizione silenziosa e senza colpe, arriva la diagnosi: mesotelioma pleurico. L’uomo avvia la richiesta di riconoscimento dell’esposizione professionale all’amianto all’Inail, che però gli viene negata. Pochi mesi dopo, nel gennaio 2019, Failla muore. A raccogliere il testimone della sua battaglia sono la moglie e il figlio che hanno affrontato un lungo e faticoso iter giudiziario, assistiti dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto. Solo grazie alla testimonianza degli ex colleghi e alla consulenza medico-legale, il giudice accerta la correlazione tra le mansioni svolte e l’insorgenza della patologia, condannando l’Istituto all’erogazione della rendita e al pieno riconoscimento della malattia professionale.
«Questa sentenza è una vittoria della giustizia che restituisce dignità non solo a Giuseppe Failla, ma a tutte le vittime del lavoro – sottolinea Bonanni – uomini e donne che, pur avendo servito lo Stato e le proprie comunità, sono stati dimenticati, esposti a rischi evitabili, lasciati soli davanti alla malattia e, troppo spesso, alla morte. Quella di Giuseppe – aggiunge il presidente dell’Ona – è l’ennesima storia di una morte silenziosa e ingiusta: un mesotelioma causato dall’amianto lo ha strappato alla vita in pochi mesi. Ma il dolore non si è fermato alla diagnosi. Lui e la sua famiglia hanno dovuto affrontare anche l’ostinato rifiuto dell’Inail che, invece di tutelare i lavoratori, si rifugia dietro dinieghi ignorando i loro diritti e costringendo i familiari a estenuanti battaglie legali. Ancora una volta, non è l’istituzione preposta a garantire giustizia, ma un tribunale. È inaccettabile. L’Osservatorio nazionale amianto – conclude Bonanni – continuerà a lottare finché ogni vittima avrà il riconoscimento che merita e ogni famiglia il risarcimento che le spetta».