Il consigliere Faraone agli arresti domiciliari Era al Pagliarelli dal 13 febbraio

Arresti domiciliari per il consigliere comunale Giuseppe Faraone, finito in carcere il 9 febbraio nell’operazione Apocalisse 2. Il braccialetto elettronico, disposto dal gip Luigi Petrucci, è arrivato questa mattina.

Il consigliere, accusato di aver fatto da mediatore tra Cosa nostra e un imprenditore per la riscossione del pizzo, avrebbe potuto essere ai domiciliari già dal 13 febbraio ma ha dovuto aspettare, così come tanti altri detenuti in lista d’attesa (alcuni da mesi), nella sua cella del Pagliarelli che si liberasse uno dei dispositivi. 

L’accusa per Faraone arriva grazie alle denunce di 14 tra imprenditori e commercianti grazie al quale è scattato il blitz. Proprio uno di loro ha tirato in ballo il nome di Giuseppe Faraone. Un imprenditore amico del politico. Il quale lo ha aiutato anche per la sua campagna elettorale del 2012. Quando con i suoi 896 voti è stato eletto come consigliere nella lista Amo Palermo. Il geometra Giuseppe Faraone, per gli amici Pino in vent’anni di carriera politica è stato un vero e proprio camaleonte, ritagliandosi delle cariche istituzionali di tutto rispetto. Come ex assessore alla provincia di Palermo tra il 2008 e il 2010. Un democristiano di ferro insomma, con una propensione verso i nuovi partiti. Come l’Mpa simbolo con il quale si candidò nel 2006 alle Regionali e il Megafono di Crocetta con il quale, per una manciata di voti nel 2012 non ha occupato una poltrona di Sala d’Ercole

A metà gennaio scorso era emerso il caso di un altro detenuto, Giuseppe Tartarone Buscemi, di San Giuseppe Jato, al quale il gip aveva concesso i domiciliari col braccialetto elettronico il 10 dicembre dell’anno scorso e che, più di un mese dopo, era ancora in carcere proprio perché non vi erano dispositivi disponibili.


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