I giudici catanesi hanno depositato le motivazioni che li hanno portati a mantenere agli arresti la 26enne accusata di aver ucciso il figlio Loris Stival a Santa Croce Camerina. Oltre al rischio di inquinare le prove e di ripetere il crimine, viene messo in risalto «l'elevatissima capacità criminale»
Loris, le motivazioni del tribunale del riesame Veronica Panarello «lucidissima assassina»
«Una capacità elaborativa di una pronta strategia manipolatoria» e una «insospettabile tenuta psicologica» per una «elevatissima capacità criminale». Così il tribunale del riesame di Catania motiva la decisione – comunicata lo scorso 3 gennaio – di mantenere agli arresti Veronica Panarello, la donna accusata di aver ucciso il figlio Loris Stival a Santa Croce Camerina, nel Ragusano. Oltre cento pagine nelle quali i giudici raccontano come la giovane «con agghiacciante indifferenza, ha agito da lucidissima assassina, manifestando una pronta reazione al delitto di cui si è resa responsabile» con la «volontà di organizzare l’apparente rapimento del figlio Loris».
La 26enne, oltre che per omicidio, è indagata per occultamento di cadavere. Il riesame ha messo in rilievo la «sconcertante glacialità nell’ordire la simulazione di un rapimento a scopo sessuale», una «impressionante determinazione nel liberarsi del cadavere del figlio, scaraventandolo nel canalone» per «lucidamente occultare le prove del crimine». Il motivo della conferma degli arresti deriva anche dall’«evidente rischio di inquinamento delle prove di cui l’indagata potrebbe rendersi artefice». Inoltre, spiegano i giudici etnei, «sussiste il rischio di recidiva» perché ha dimostrato una «odiosissima crudeltà e assenza di pietà» e «una totale incapacità di controllo della furia omicidiaria».
A determinare la decisione della quinta sezione del riesame è stata anche «l’evidenza delle immagini nitide, che più volte sono state visionate dal collegio». Prova che «conclama il mendacio della Panarello». Grazie ai filmati emerge come «Loris, a scuola, la mattina del 29 non arriva mai». Per il tribunale, «l’indagata descrive percorsi illogici» e «mente spudoratamente per accreditare una normale quotidianità sconfessata dalle sue artificiose ricostruzioni». E, si legge nelle motivazioni, «tutte le versioni della Panarello sono dense, così come rettamente dedotto dall’accusa, di incongruenze, menzogne e ricordi postumi». Un altro passaggio controverso riguarda le fascette, compatibili con l’arma del delitto, consegnate due giorni dopo la morte di Loris alle sue maestre di scuola. «L’iniziativa è da ritenersi dolosamente preordinata a liberarsi del macigno accusatorio della disponibilità del reperto».
«L’indagata ha agito in preda a uno stato passionale momentaneo di rabbia incontenibile per il fallimento del piano mattutino che evidentemente quel giorno non prevedeva l’ingombrante presenza del suo primogenito», continuano nel loro pesante resoconto i giudici. Il delitto, si legge nel documento, è «verosimilmente propiziato da una circostanza occasionale, la discussione con Loris che, quella mattina, sconvolgendo i piani di Veronica Panarello vuole rimanere con la mamma, incuriosito dal suo look esteticamente curato» per andare a un corso di cucina a Donnafugata. Nella ricostruzione dei giudici, la donna «esasperata per il comportamento del figlio» sarebbe rientrata a casa «e, in preda a un’incontenibile impulsiva furia aggressiva» avrebbe compiuto l’omicidio.