Solo a Parigi e non altrove, guida sentimentale degli artisti Vincenzo Bellini raccontato alla luce della Ville lumière 

«Solo e disperato» moriva Vincenzo Bellini trentaquattrenne a Parigi, nel 1835, in una casa di Puteaux, oggi l’attuale Défense. Solo e roso da un tarlo, non poter ritornare nella sua amata e assolata via Etnea, a passeggiare in compagnia della madre e dei pochi amici. Questa e altre notizie curiose sono raccolte in un libro prezioso e originale che, a poche settimane dalla pubblicazione, sta ricevendo un consenso inaspettato tra i lettori, Solo a Parigi e non altrove. Una guida sentimentale, edizioni Ad est dell’Equatore, 2014 (272 pagine, 14 euro). Opera d’esordio del giovane messinese Luigi La Rosa. L’autore, scrittore, giornalista e curatore per Rizzoli-Bur di diverse antologie e pubblicazioni (L’anno che verrà, Pensieri erotici e L’alfabeto dell’amore), è un insegnante di scrittura creativa in numerose scuole, università e associazioni culturali. Vive da anni percorrendo la penisola e incontrando allievi e città, tra cui Catania (il cui barocco nero gli evoca «atmosfere baudeleriane»), ma sempre rivolto a una sola meta: ritornare a Parigi, «oggetto fondamentale del mio desiderio» e luogo d’elezione che ne ha ispirato il volume.

Esaurite da subito le prime copie e già in ristampa dopo meno di tre settimane, Solo a Parigi e non altrove, che in questi giorni lo sta accompagnando per tutta la Sicilia, è un libro obliquo, trasversale e unico, molteplice come la città che racconta, dove i mille volti di una metropoli ricca di storia e di storie riemergono dai riflessi della Senna insieme alle vicende personali dell’autore. Chi vuole potrà trovarvi riuniti in un solo testo un romanzo autobiografico, una serie di ritratti dei personaggi celebri che hanno popolato le vie e i palazzi di Parigi, ma soprattutto un’autentica guida turistico-culturale della città, ricca di indirizzi precisi e circostanziati, di informazioni esatte e di aneddoti straordinari, che ripercorre – grazie anche a una mappa e a un apparato fotografico e documentario molto accurati – i luoghi fisici e reali in cui gli intellettuali, gli artisti, gli scrittori e i musicisti hanno vissuto, gioito e sofferto, rendendo intramontabile il mito della Ville lumière.

Si possono scoprire così la strada su cui si affaccia la soffitta dove Arthur Rimbaud compose i suoi versi maledetti mentre dormiva tra le braccia di Paul Verlaine. O il locale, ancora famoso, al 15 quai de la Tournelle, in cui Verlaine stesso anni dopo cercava di dimenticare il suo amante infernale abbandonandosi all’assenzio. Oppure l’hôtel Pimôdan, la casa di Charles Baudelaire, nei pressi di Notre-Dame, al 17di quai d’Anjou, ‒ e vicina al civico 13 del boulevard Saint-Germain, dove ha inizio l’avventura dell’autore ‒, da cui il poeta dell’Albatros, immerso in una voluta di hashish osservava disgustato e ammaliato la città vorticosa e peccaminosa di metà ottocento. E ancora la stanza, al 54 di rue Lepic, che per pochi anni ospitò Van Gogh e il fratello Théo.

L’autore che alterna autobiografia e fiction, intreccia la narrazione della sua storia d’amore con Arturo e con Bruno, inseguiti nel ricordo e per gli arrondissement parigini, alle storie degli uomini più o meno illustri, protagonisti o comprimari, che ancora impregnano dei loro gesti l’atmosfera della città, tra gli spazi che ne conservano il vissuto. Così dalle sue pagine, lungo un percorso che prosegue da una stazione all’altra della métro (Saint-Germaine, Notre-Dame, Saint-Michel, Montparnasse, Montmartre…), ecco sfilare come se si affacciassero dalle innumerevoli «finestre di ardesia» delle case ricche o borghesi, le figure di Hugo, Zola, Chopin, Maupassant, Balzac, Nadar, Nerval, Baudelaire, Courbet, Flaubert, Rimbaud, Verlaine, Van Gogh, Moreau, Manet, Monet, Wilde, Proust, Joyce, Hemingway, Miller, Orwell, Claudel, Rodin, Picasso, Modigliani, Man Ray, Berlioz, Morisot, Stein, Cocteau, Colette, Piaf, e mischiarsi alla trama composta del racconto, tra eventi felici o dolorosi, in un continuo gioco di rimandi, di suggestioni, di riflessioni. Più di cinquanta cammei tra scrittori, musicisti, artisti e intellettuali, che l’autore segue accuratamente mettendoci sulle loro tracce. «Voglio che questo mio racconto assomigli a una passeggiata, una passeggiata lungo le insenature e le rientranze della città, un vagare nella sua luce fredda, un assecondare il fondo buio dei suoi silenzi», scrive l’autore. Attraverso questo metodo camminativo si apre così un percorso nuovo nella topografia poetica di Parigi, mentre la narrazione a volte densa e trasognata a volte franta e concitata mantiene sempre una misurata eleganza.

Nel libro non mancano le figure di donne splendide, spesso dal destino segnato. Tra Gertrude Stein, Marguerite Duras, Maria Rilke, Erik Satie, spiccano le storie di George Sand e Frédéric Chopin, che la attese in punto di morte nella sua casa su Place Vendôme, o quella violenta di Modigliani e Jeanne Hébuterne. Tra tutte emergono le vite di Camille Claudel e di Jiuliette Drouet. La prima morta in manicomio dopo un amore tormentato con Rodin. La seconda, giovane amante di Hugo, lasciata da sola nella sua indifferenza.

Sebbene la letteratura su Parigi e sui suoi luoghi fantastici e chimerici sia sterminata, questa di Luigi La Rosa è un’opera diversa da tutte quelle scritte sulla capitale francese. La sua forma ibrida ne fa un testo coraggioso in tempi di egemonia del romanzo e riserva oltre al piacere non poche scoperte interessanti. Allo stesso tempo un saggio letterario, una guida turistica stravagante per lettori-viaggiatori colti che amano vivere Parigi lontano dai luoghi comuni, e un’autobiografia intima e passionale, il libro offre al lettore un itinerario storico e artistico delle strade e dei luoghi della città in cui da più di due secoli si sono succeduti i più importanti scrittori, artisti e intellettuali. E di Vincenzo Bellini? Basta sfogliare il libro per scoprirlo, o aspettare il suo prossimo romanzo. 


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