È stato il numero uno di Sala d'Ercole a imporre di dettagliare, punto per punto, tutti i passaggi dei disegni di legge, soprattutto là dove prevedono interventi finanziari. Una scelta corretta che ieri, in commissione Bilancio e Finanze, il governo Crocetta non ha rispettato. Gli effetti devastanti di un eventuale prelievo del governo Renzi dai conti regionali
Mutuo da 2 miliardi di euro: manca la relazione tecnica Perché il presidente Ardizzone dovrebbe bloccare tutto
Dicono, tanto per cambiare, che dietro il mutuo da due miliardi di euro annunciato la scorsa settimana dal governo regionale di Rosario Crocetta ci sarebbe l’Unione europea. Bruxelles avrebbe ricordato che i pagamenti alle imprese fornitrici della pubblica amministrazione vanno effettuati entro 60 giorni. E poiché in Sicilia i ritardi di Aziende sanitarie provinciali e Aziende ospedaliere vanno ben oltre i 60 giorni, la Regione siciliana deve porre rimedio a questa storia accendendo il già citato mutuo due miliardi di euro. In questa storia c’è un fondo di verità: in Sicilia ci sono strutture sanitarie pubbliche che non pagano da due anni e oltre. Peccato che a pagare in ritardo i fornitori non siano soltanto Aziende sanitarie provinciali e Aziende ospedaliere, ma tutta la pubblica amministrazione siciliana. E allora perché intervenire solo sulla sanità pubblica? Forse hanno diritto ai pagamenti, entro 60 giorni, solo le aziende e i professionisti che lavorano nella sanità, mentre coloro i quali lavorano con altre branche della pubblica amministrazione siciliana possono aspettare?
Già questa spiegazione un po’ goffa, se non risibile, la dice lunga sulle ragioni di questo nuovo mutuo da due miliardi di euro che indebiterebbe ulteriormente famiglie e imprese siciliane. Leggiamo su altri giornali che ieri sera la commissione Bilancio e Finanze avrebbe bloccato il disegno di legge del governo Crocetta sul mutuo, rinviando tutto a mercoledì. A noi, invece, risulta – e l’abbiamo scritto ieri sera – che il presidente della più importante commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana, Nino Dina, abbia dato tempo ai parlamentari fino a martedì prossimo per presentare gli emendamenti a questo strano disegno di legge. Rinviando al giorno successivo, mercoledì prossimo, l’inizio del dibattito in aula.
Il presidente Dina non sta rispettando il regolamento parlamentare. In primo luogo, ieri, ha dato il via all’esame di un disegno di legge così importante senza che il governo Crocetta abbia accompagnato lo stesso disegno di legge con una dettagliata relazione tecnica. A imporre la relazione tecnica ad ogni disegno di legge – soprattutto ai disegni di legge che comportano spesa – è il regolamento voluto dal presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone. Il Governo ha fatto sapere che dal 2001 al 2011 la Regione non avrebbe corrisposto alle Aziende sanitarie provinciali e alle Aziende ospedaliere siciliane l’intero ammontare dei versamenti annuali. Questi mancati versamenti, nel corso di dieci anni, sommandosi, avrebbero prodotto un indebitamento della Regione verso queste strutture sanitarie pubbliche pari a 2,6 miliardi di euro circa. Il governo Crocetta ha anche spiegato che Aziende sanitarie provinciali e Aziende ospedaliere dell’isola non sarebbero fallite perché avrebbero fatto ricorso ad anticipazioni di cassa.
Se questa è la verità il governo Crocetta – come prescrive il regolamento dell’Ars – deve accompagnare (non dovrebbe: deve) il disegno di legge sul mutuo da due miliardi di euro con una relazione tecnica nella quale si illustra, anno per anno, l’indebitamento della Regione verso ogni Azienda sanitaria e ospedaliera della Sicilia. Non solo. Poiché le Aziende sanitarie e ospedaliere avrebbero fatto ricorso ad anticipazioni di cassa, ogni Azienda sanitaria e ospedaliera deve dettagliare, anno per anno, l’indebitamento verso l’ente tesoriere, cioè verso la banca presso la quale opera. La somma degli indebitamenti di tutte le Aziende sanitarie e ospedaliere, dal 2001 al 2011, dovrebbe essere pari a 2,6 miliardi circa. Ovviamente – questo va da sé – la banca tesoriera dovrebbe fornire i documenti ufficiali di questi indebitamenti.
Di più: l’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, dovrà presentare, poi, un piano di ammortamento, rendendo noto ai siciliani a quanto ammonterà l’indebitamento complessivo della Regione con l’accensione del nuovo mutuo. Questo, per correttezza, dovrebbe farlo presentando il Def, il Documento di economia e finanza, che dovrebbe precedere l’eventuale accensione del mutuo. Il governo regionale dovrebbe inoltre spiegare dove sono finiti i 2,6 miliardi di euro non erogati alle Aziende sanitarie provinciali e alle Aziende ospedaliere dal 2001 al 2011. Si tratta, infatti, di denaro pubblico che, in quanto tale, non può sparire nel nulla. E c’è pure un documento ufficiale del 2012 che smentisce questi debiti.
A dir la verità avrebbe dovuto essere la Corte dei Conti per la Sicilia, già a partire dal 2002, a indicare ai cinque milioni di siciliani dove finivano i fondi regionali non erogati alle Aziende sanitarie e ospedaliere della Sicilia. E avrebbe dovuto farlo, dal 2002 in poi, nelle annuali relazioni sulla parifica del Bilancio regionale. Perché a noi non sfiora nemmeno l’idea che la Corte dei Conti per la Sicilia possa aver parificato Bilanci regionali falsi. Ma, al di là degli aspetti che riguardano la Corte dei Conti ed, eventualmente, la magistratura penale, il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, stamattina, constatando l’assenza della relazione tecnica a al disegno di legge, dovrebbe invalidare la seduta di ieri della commissione Bilancio e Finanze. Non potrà che fare così, perché è stato proprio lui a imporre – correttamente – la relazione tecnica ai disegni di legge. Altrimenti smentirebbe clamorosamente se stesso.
Il presidente Dina, poi, avrebbe dovuto – per una questione logica prima che per bon ton istituzionale – dare la precedenza alla commissione Sanità dell’Ars che – così ci dicono – oggi si dovrebbe riunire per esaminare il disegno di legge su questo nuovo mutuo. Inoltre, oggi il presidente di questa Commissione legislativa, Pippo Di Giacomo, non dovrebbe ripetere l’errore commesso ieri dall’onorevole Dina, ma chiederà preliminarmente al Governo la già citata relazione tecnica al disegno di legge.
Noi, insomma, siamo convinti, che sia il presidente Ardizzone, sia il presidente Di Giacomo si considerano esponenti del parlamento siciliano. Un parlamento che vive di regole che vanno rispettate. Già è molto singolare che un provvedimento così importante non venga presentato contestualmente al Bilancio di previsione 2015, visto che siamo ormai a dicembre e che la manovra di Bilancio dovrebbe essere approvata dall’Ars entro il 31 dicembre. Perché non si può dire a cinque milioni di siciliani – l’onorevole Ardizzone, l’onorevole Dina e l’onorevole Di Giacomo ne converranno – che per la Regione è difficile fare il Bilancio 2015, mentre sarebbe facile contrarre un ulteriore mutuo da due miliardi di euro.
Purtroppo c’è un retro-pensiero che non ci abbandona e che – per onestà di osservatori di fatti e cose politiche siciliane – abbiamo il dovere di illustrare ai nostri lettori. Nel 2013 il governo nazionale ha preso dal Bilancio regionale 915 milioni di euro. Quest’anno si è preso 1,3 miliardi di euro circa. Lasciando la Regione siciliana – e i siciliani – con un buco di bilancio di circa tre miliardi di euro. In queste condizioni è impossibile, per il governo Renzi, prendersi un altro miliardo di euro dai conti della Sicilia. Ma potrebbe diventare possibile imponendo alla Regione – cioè alle famiglie e alle imprese siciliane – un indebitamento di altri due miliardi di euro. Una volta contratto questo nuovo debito, il governo Renzi si prenderebbe il solito miliardo di euro che ormai è abituato a scippare ogni anno alla Sicilia, lasciando al Governo Crocetta un miliardo di euro per sopravvivere qualche mese ancora.
Questo perché se dovesse vedere la luce questo nuovo indebitamento per altri due miliardi di euro, e se il Governo nazionale dovesse pretendere un altro miliardo di euro dai conti regionali, la Regione siciliana rimarrebbe con una liquidità di un miliardo di euro, ma con un indebitamento complessivo di oltre otto miliardi di euro. Un debito che pagherebbero le famiglie siciliane per i prossimi trent’anni con uno spaventoso aumento, in primo luogo, di Irpef, Irap e tasse e imposte comunali. Noi non crediamo che il governo Renzi, il Pd siciliano e le altre formazioni politiche che sostengono il governo Crocetta stiano preparando questo ai siciliani. Ma mettiamo nel conto tutto. E saremo qui a raccontare cosa accadrà.