Il miracolo di Natale per Eni-Versalis a Ragusa: interviene il vescovo e la Regione si accorge dei lavoratori. Il futuro saranno le bioplastiche?

Un’intercessione divina. Era forse l’ultima speranza per i lavoratori siciliani degli impianti Eni-Versalis. E, soprattutto, per il polo di Ragusa e il suo indotto. Dopo l’annuncio-lampo di chiusura del 24 ottobre, gli stabilimenti sono già fermi, non si produce più ma si trasporta quello che c’è di pronto e stoccato. Un lavoro che avrà fine il 31 dicembre, appena due mesi dopo l’annuncio. In mezzo, nessuna risposta concreta sul futuro: se per Priolo l’azienda parla di riconversione in bioraffineria di carburanti per aviojet entro il 2028, mantenendo i dipendenti, di Ragusa si sa solo che sarà un centro servizi e ricerca a supporto del polo siracusano. Questione discussa negli stessi termini il 3 dicembre a Roma, durante un tavolo tra le parti al ministero delle Imprese e del Made in Italy. Incontro a cui la Regione Siciliana, seppur invitata, non si è neanche presentata. Ed è lì che a intervenire è stato l’emissario di un potere ancora più in alto del presidente della Regione Renato Schifani: il vescovo di Ragusa, Giuseppe La Placa. Smuovendo quello che, finora, non si era mosso.

Il deciso intervento del vescovo La Placa

È il 5 dicembre quando una delegazione di lavoratori, i responsabili dei tre consorzi dei trasportatori e i rappresentanti del sindacato Cna Fita Sicilia incontrano il vescovo. Per esporgli il quadro completo della fragilità occupazionale in atto a Ragusa, dopo la decisione fin troppo rapida di Versalis: non solo il rischio per i 120 dipendenti dell’impianto, ma anche quello dei 135 padroncini che si occupano dei trasporti – con relativi lavoratori – e per tutto l’indotto sul territorio: dai manutentori – come i gommisti, che incassavano 700-800 euro per ogni ruota di camion da cambiare – agli assicuratori. «Il lavoro è sacro, perché dona dignità alle famiglie», è la posizione del vescovo. Che promette un intervento istituzionale. Arrivato puntuale durante l’omelia del pontificale dell’Immacolata, l’8 dicembre: «Sono sorpreso e rammaricato nell’aver appreso che nessun politico del nostro governo regionale, pur invitato, abbia partecipato al tavolo che si è tenuto a Roma per cercare una soluzione», dice La Placa davanti alle istituzioni in prima fila. Non un appello alla conservazione ma al rilancio, per una vera transizione ecologica che colga «le opportunità oggi disponibili per nuovi investimenti», «nel rispetto del bene comune e della sostenibilità a lungo termine». «I nostri politici, pertanto – conclude il vescovo – si facciano sentire con più coraggio e determinazione».

Il miracolo di Natale: Regione e Versalis rispondono

E la risposta non tarda ad arrivare. Il 16 dicembre, dopo l’energico rimprovero pre-natalizio dall’altare, il presidente della Regione Renato Schifani – fino a quel momento silente – incontra a Palazzo d’Orleans, a Palermo, i vertici di Eni-Versalis. Durante la riunione, il governatore chiede «una relazione dettagliata e completa sul progetto di riconversione proposto dall’azienda», chiedendo di «valutare attentamente le ricadute occupazionali che ne deriveranno, priorità assolute per il governo regionale». Solo dopo aver visionato la relazione, dice Schifani, «valuteremo i passi da compiere». Da Versalis, intanto, si pensa a correre ai ripari. Almeno con la Chiesa. E così, due giorni dopo l’incontro a Palermo, il responsabile dei Rapporti Istituzionali locali di Eni, Pietro Giorgianni, viene spedito a Ragusa a incontrare il vescovo, per fornire «ampie rassicurazioni», riporta una nota della Cei. E lo fa «presentando le esperienze precedenti che hanno portato ad avviare nuovi cicli produttivi conclusi senza penalizzare l’occupazione». E assicurando che «il piano di riconversione tiene conto di tutte le esigenze e si fa carico dei processi di transizione ecologica dettati dall’Unione europea in una prospettiva comunque di sviluppo e di progresso». Prospettiva, però, ancora non meglio specificata. Unico indizio: un documento di 53 pagine diffuso dalla stessa Eni-Versalis. Che potrebbe tracciare la rotta.

Il documento di Eni-Versalis per una «transizione equa»

Versalis for 2023 – A just transition (Per una transizione equa, ndr), è il documento pubblicato dall’azienda a luglio 2024. Un report annuale – l’ultimo disponibile – «che contiene dichiarazioni previsionali» e «approfondisce gli impegni, le azioni e i progetti intrapresi da Versalis per raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica al 2050». Previsioni però, avverte lo stesso documento, dotate di «una componente di incertezza». Difatti, in quelle pagine, i due poli siciliani sono ancora inseriti con la loro storica funzione: un impianto steam-cracker – processo adottato per la produzione di idrocarburi leggeri – a Priolo, e il sito di Ragusa – in funzione del centro siracusano – per la produzione di polietilene. Un materiale utile dagli imballaggi – alimentari o agricoli, ad esempio – al settore medicale. Nessun accenno alla decisione di trasformazione e chiusura annunciata neanche tre mesi dopo la pubblicazione del report. Nonostante nello stesso documento si parli spesso di «sostenere lo sviluppo locale dei territori» – parola, territorio, ripetuta ben 37 volte – con un confronto costante. Senza dimenticare la «sottoscrizione di accordi specifici presso i siti in occasione di fermo impianti e processi di riorganizzazione con definizione delle questioni rilevanti». Che però, almeno in Sicilia, rimangono indefinite.

Il ruolo delle bioplastiche nel futuro aziendale

Il 2023, spiega il report, è stato un anno cruciale per «assumere un posizionamento di leadership nella chimica da fonti alternative con l’acquisizione di Novamont», società leader nel settore della bioeconomia circolare e nella produzione di bioplastiche da materiale prime rinnovabili, biodegradabili e compostabili. L’obiettivo di Eni-Versalis è quello di una piattaforma tecnologica unica e la creazione di prodotti sostenibili per diversi mercati, «investendo in ricerca e innovazione». Come appunto nel campo del riciclo chimico delle plastiche: con un «primo impianto dimostrativo a Mantova». A cui si affianca il riciclo meccanico, con la riconversione di Porto Marghera «per la trasformazione di plastiche selezionate con la raccolta differenziata, anche per applicazioni speciali quali il packaging alimentare». Obiettivo raggiunto con altre due acquisizioni: Finproject, tra i maggiori produttori di materie plastiche, e Tecnofilm, specializzata in materiali plastici per l’industria calzaturiera e articoli tecnici. «L’impianto di Ragusa fa parte di questa nuova programmazione? – chiedono Giorgio Stracquadanio, Saro Tumino e Daniela Taranto della Cna Fita Sicilia – È concepibile che un’area strategica per l’agricoltura, che necessita di plastiche innovative per le serre, venga esclusa dal progetto?». Il riferimento è alla cosiddetta fascia trasformata del Ragusano, dove ogni anno quintali di plastica delle serre, da dismettere perché usurate, vengono smaltite in modo fai da te: bruciate con fumarole visibili da Licata a Pachino, con un forte inquinamento ambientale e i rischi per la salute legati alla diossina prodotta dalla combustione della plastica. Rischi diretti, per l’aria resa irrespirabile, e indiretti, per quanto ricade e viene assorbito dai terreni. Gli stessi che vengono poi coltivati. Una naturale vocazione del territorio, insomma, che risolverebbe più di un problema con un solo miracolo.


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