«Altarello di Riposto, un disastro. Vedere piangere i miei genitori perché tutto ciò che si è costruito negli ultimi 20 anni – con tanti sacrifici e onestà – è andato distrutto nel giro di pochissimi minuti è assurdo». Inizia così su Facebook il post di Marco Roccamena, abitante di Altarello – frazione di Riposto – […]
L’alluvione ad Altarello e il residence accanto al torrente. «Dieci anni fa 15mila euro di danni, stavolta anche di più»
«Altarello di Riposto, un disastro. Vedere piangere i miei genitori perché tutto ciò che si è costruito negli ultimi 20 anni – con tanti sacrifici e onestà – è andato distrutto nel giro di pochissimi minuti è assurdo». Inizia così su Facebook il post di Marco Roccamena, abitante di Altarello – frazione di Riposto – una delle aree più colpite dal nubifragio che il 13 novembre ha interessato alcune aree della provincia di Catania. Nubifragio che nella stessa Altarello e a Torre Archirafi – altra frazione di Riposto – ha provocato un’alluvione, visto che a causa delle fortissime piogge sono esondati alcuni torrenti che insistono su quell’area. Decine di case, di garage e di cantine si sono allagate, alcune auto sono anche finite in mare: ancora difficile stimare in modo preciso i danni. Sulle piogge intense di mercoledì scorso il Dipartimento regionale della protezione civile ha riferito di «500 millimetri di pioggia nelle ultime 12 ore», ma ha dato anche alcuni indizi sul perché il nubifragio sia riuscito a fare tutti i danni che abbiamo visto.
«Qui – ha detto la protezione civile – i torrenti Babbo e Archi, pesantemente cementificati a valle, sono esondati, causando ingenti danni». La nota continuava così: «Attualmente si registrano diversi allagamenti di condomini e case adiacenti il letto dei torrenti, che sono stracolmi di fango e detriti fino ad altezza di tre metri». Tradotto: una delle cause – se non quella principale – di ciò che la forte pioggia ha causato a Giarre e a Riposto potrebbe essere la cosiddetta cementificazione selvaggia. Con questa definizione s’intende l’eccessiva presenza di costruzioni in cemento a discapito degli ambienti naturali. Questo può causare effetti diversi in base a qual è il territorio in cui si è costruito in modo eccessivo. Se parliamo di aree in cui ci sono dei corsi d’acqua, l’eccessiva cementificazione può sbarrare loro la strada o ridurne i letti, cosa che in occasione di piogge così abbondanti li fa esondare; se invece parliamo di eccessiva cementificazione in città, questa rende più violento il deflusso dell’acqua, che non viene in parte assorbita dal terreno, ma scivola sopra l’asfalto e si riversa nelle zone più a valle, spesso provocando allagamenti nelle strade e nei piani bassi delle case. Forse è grazie all’allerta meteo arancione – diramata dalla protezione civile il giorno prima – che nel nubifragio del 13 novembre e nella conseguente alluvione non ci sono state vittime né persone ferite.
Marco Roccamena, 23 anni, è l’autore del post social di cui parlavamo all’inizio dell’articolo. Abita proprio ad Altarello, in una delle case più colpite dalle piogge intense di mercoledì scorso. «È successo tutto in dieci o quindici minuti», dice a MeridioNews. Come riporta nel suo post, è la seconda volta che nel giro di pochi anni la casa della sua famiglia si allaga a causa di un nubifragio. «Dieci anni fa abbiamo avuto 15mila euro di danni – continua Roccamena – e forse stavolta saranno anche di più». La stima non è precisa, ma i video che Roccamena ha pubblicato su Facebook la mattina del nubifragio sono abbastanza eloquenti. «Di fronte alle nostre abitazioni c’è un terreno di proprietà del Comune di Riposto – dice Roccamena – È un terreno grande e incolto, ha molti avvallamenti e quando piove forte si forma una sorta di diga; però quando l’acqua è troppa questa specie di diga non riesce più a tenere l’acqua, la butta fuori e arriva nelle abitazioni». Quando mercoledì mattina ha iniziato a piovere molto forte «sono riuscito a sbarrare la cucina con delle tavole, ma l’acqua è entrata dal lato del mio vicino». In tutta questa storia, però, c’è da aggiungere una cosa non di secondo piano: la casa di Roccamena è stata costruita a pochissimi metri da un torrente, il Cozzi. Lo stesso vale per altre nove villette, che insieme a quella di Roccamena fanno parte dello stesso residence.
«Alle spalle delle abitazioni passa un torrente – dice Roccamena al nostro giornale – che non ha causato l’allagamento, ma si è portato via pezzi di terra, nel senso che ha eroso pezzi di terreno». In realtà questa zona di via Saragat, ad Altarello, è molto fragile e la cosa è risaputa. L’edizione 2017 del piano comunale della protezione civile di Riposto contiene un’analisi molto dettagliata della situazione; e se si guarda il quadrante relativo ad Altarello, la legenda rende ancora più chiaro quello che in realtà si capisce già a un primo sguardo: quella zona è a rischio allagamento. «Anche dieci anni fa non è stato il torrente a causare i danni a casa nostra», dice Roccamena. In realtà, però, di questo non possiamo essere sicuri. Magari in entrambi i casi il Cozzi non è esondato proprio in corrispondenza della sua casa, ma è probabile lo abbia fatto qualche decina di metri più su; cosa che spiegherebbe perché la gran parte dell’acqua sia entrata in casa non da dietro – cioè dal lato che dà verso il torrente – ma da davanti, in corrispondenza del terreno comunale di cui Roccamena ha parlato al nostro giornale.
La questione ovviamente è capire perché sia stata permessa la costruzione di tutte quelle case così vicino a un torrente. Come si vede dall’immagine tratta da Google Maps, infatti, la zona è piena di abitazioni e di villette a schiera. «La distanza tra le villette del nostro residence e il torrente c’è, ma con quella pioggia lui si è allargato fino ad arrivare ad alcuni giardini – dice Roccamena – Di solito è sempre tranquillo, stavolta a uno dei nostri vicini ha masticato mezzo cortile». Le abitazioni in questione non sono vecchie, non parliamo dei classici casi di case costruite molti decenni fa in modo totalmente abusivo e senza neanche un progetto – e magari sanate molto tempo dopo. Si tratta di «almeno una ventina di case che sono qui da oltre vent’anni». Parlando di autorizzazioni e della pericolosa vicinanza delle abitazioni al torrente Cozzi, Roccamena dice che «qualcosa ai tempi sarà stata autorizzata, gli avranno dato il permesso». La casa in cui abita la famiglia Roccamena non è stata costruita da loro in un terreno di loro proprietà, ma «l’ha fatta una di quelle cooperative che costruisce le villette a schiera, poi noi l’abbiamo acquistata».
In uno dei video che Marco Roccamena ha pubblicato su Facebook si vede che a un certo punto il muro che separa casa sua da quella del vicino si rompe e da quel buco nella parete inizia a entrare una grandissima quantità d’acqua; una stanza in particolare si è allagata quasi fino al tetto. «Alcuni mobili, le sedie e il tavolo siamo riusciti a salvarli, ma per credenze, frigo e molto altro non c’è stato nulla da fare». Nella struttura, inoltre, la famiglia Roccamena gestisce un bed and breakfast, che al momento del nubifragio ospitava una persona. «Un’ospite alloggiava da noi perché aveva un corso di lavoro da queste parti: ci ha dato una mano». Dal 14 novembre, però, la struttura è temporaneamente chiusa, le prenotazioni annullate. «L’acqua arrivata a casa nostra ha sommerso anche i motori della piscina del bnb – dice Roccamena – Motori che in questo momento sono inutilizzabili». E visto che per ora la sua famiglia non può rientrare in casa, «per cucinare useremo la cucina del bnb, mentre dormiremo nei piani più alti».
«Prima che si rompesse il muro del vicino qualcosa sono riuscito a salvarla, ma secondo me i danni arriveranno a 15mila euro», come già successo dieci anni fa. «All’epoca mio padre ha dovuto chiedere un prestito in banca, perché abbiamo perso elettrodomestici, forno, cucina, utensili, piatti, tv e divano. Oltre ai danni strutturali – sottolinea Roccamena – perché impianto elettrico e pittura li abbiamo dovuti rifare». Nel post Facebook a cui facevamo riferimento – che poi è l’elemento che ha fatto conoscere a tutti questa storia – Marco Roccamena ha lamentato «nessun aiuto da parte di Stato, Comune o Regione», chiedendosi anche – forse in modo retorico – come sarebbe andata questa volta. «Ai tempi ero piccolo, quindi non so di preciso, ma qualcosa i miei hanno fatto per ottenere un risarcimento. Però non abbiamo avuto niente – aggiunge – abbiamo rattoppato con le ruspe».
Anche mercoledì 13 novembre, appena passato il momento più complicato, la famiglia Roccamena ha dovuto fare qualche intervento in autonomia, perché «i vigili del fuoco hanno chiuso il tubo del gas, che si era rotto, poi è arrivata la protezione civile per aspirare l’acqua con l’idrovora, ma questa non è partita, quindi mi sono fatto prestare delle pompe e abbiamo fatto da soli». Anche i loro vicini di casa hanno avuto dei danni – «alcuni garage si sono allagati, alcune persone hanno perso la macchina» – anche se forse non ingenti quanto quelli documentati dai video che migliaia di persone hanno visto sul suo profilo Facebook. In queste ore Marco Roccamena ha aperto una raccolta fondi sul sito gofoundme.com: l’obiettivo è raccogliere 10mila euro, ma nel momento in cui questo articolo è stato pubblicato la cifra raccolta si aggira intorno ai 500 euro.
In due note del Comune di Riposto – una pubblicata il 24 aprile 2021, l’altra il 22 novembre 2022 – si informa la popolazione della pulizia in corso dei torrenti Jungo e Babbo-Cozzi, per «mettere in sicurezza gli alvei di corsi d’acqua che costeggiano anche aree fortemente urbanizzate – diceva nella prima nota l’allora sindaco, Enzo Caragliano – scongiurando potenziali piene dei torrenti, in occasione di violenti acquazzoni che si verificano durante il periodo invernale e con una fase più acuta nei mesi autunnali». Interventi «finalizzati ad abbattere il rischio di pericolose esondazioni dei corsi d’acqua – diceva Caragliano nella seconda nota – come purtroppo avvenuto anche in un passato recente». Mercoledì 13 novembre 2024 è successo di nuovo.