Zibibbo di Pantelleria, un bene da salvare: «Raccolta giù del 40 per cento, ma il vero problema non è il clima»

È famoso in tutto il mondo, è un’eccellenza intoccabile del settore vitivinicolo italiano, le sue viti sono patrimonio Unesco, quest’anno ha dato vita a un vino di qualità eccelsa, ma per lo zibibbo di Pantelleria è tutt’altro che un periodo felice. Finito anche lui nel novero delle vittime della siccità che ha travolto tutta la regione, con temperature anomale che hanno reso necessario anticipare la vendemmia. E i numeri sono impietosi. Se infatti i dati comunicati da Assovini sulla vendemmia in Sicilia toccano una media del 20 per cento in meno di uva raccolta rispetto allo scorso anno, il dato di Pantelleria supera il doppio della statistica regionale.

«C’è stato un calo di circa il 40 per cento, dovuto all’eccessivo caldo e alla siccità, che ha fatto mancare le piogge primaverili e Pantelleria ha dovuto anticipare la raccolta di quasi 20 giorni – spiega a MeridioNews Benedetto Renda, presidente del consorzio Pantelleria Doc – Il vino è di ottima qualità, perché non c’è stata umidità, non ci sono state muffe, né peronospora. La gradazione è di un grado e mezzo in più rispetto agli altri anni, ma il quantitativo è scarso. Ovviamente cambia da zona a zona, perché dipende dall’esposizione al vento del terreno sull’isola, ma la media è questa. È stata un’annata eccezionale in negativo, ma il problema di Pantelleria resta un altro». 

C’è infatti un altro dato statistico a preoccupare chi si occupa di salvaguardare una risorsa preziosa che dà lavoro a oltre trecento viticoltori: lo spopolamento. «Il problema di Pantelleria resta il ricambio generazionale, che ci preoccupa più dei cambi climatici – continua Renda – Ci sono pochi giovani che restano. Sappiamo che il problema è regionale e nazionale, che c’è la fuga dei cervelli, ma sono davvero pochi i giovani che scelgono di fermarsi sull’isola».

E se è vero com’è vero che su un’isola, la cui intera estensione è stata dichiarata come Doc, tante aziende hanno deciso di investire, a iniziare a venire meno sono i piccoli produttori, che soffrono in maniera particolare tanto del ricambio generazionale mancato, quanto degli effetti devastanti di una delle annate più secche della storia. «Le piccole estensioni vengono poco a poco abbandonate – aggiunge ancora il presidente – Oltretutto, la meccanizzazione è quasi impossibile, solo nelle due pianure si possono utilizzare trattori e altri macchinari, il resto è fatto a mano, quasi con una certa sacralità, in ginocchio, sia la potatura che la raccolta. Per questo motivo parliamo di agricoltura eroica».

Ma quali sono le speranze per il futuro? Renda su questo fronte ragione di annata in annata. «Ci sono state delle piogge autunnali che ci riempiono di speranza, quindi possiamo dire che l’anno sta partendo bene rispetto all’anno scorso. L’acqua ha rinvigorito le piante e sta continuando a piovere. Almeno questo ci dà speranza». 


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