Da Roma altra botta al Sud: niente soldi per gli Lsu di Sicilia, Calabria e Campania

Licenziare bene, licenziare tutti. Sembra questa la filosfia del Governo Renzi e della maggioranza che lo sorregge. Una filosofia particolarmente pericolosa per il Sud Italia, già allo stremo. Anzi di più. Qualche giorno fa la Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo del’Industria del Mezzogiorno, ha proprio ‘cantato’  il de profundis per il Sud che detiene il primato di disoccupazione e povertà, che addirittura si sta desertificando demograficamente, che praticamente sta morendo del tutto.

Dinnanzi a questo quadro desolante, le agenzie hanno registrato un commento del sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio, che, come chi l’ha preceduto, ha promesso grande attenzione del Governo nei confronti delMeridione: “Dobbiamo fare come ha fatto la Germania con la riunificazione della parte Est e Ovest”.

A parole. Nella pratica, anche questo esecutivo nazionale, in linea con quelli precedenti e al contrario di quanto fatto da Berlino che investito massicciamente nelle zone più povere del Paese, sta lasciando andare il Sud alla deriva. Non solo non investe un euro, ma addirittura, contribuisce ad ingrassare le fila dei disoccupati.

E’ il caso, ad esempio, della norma approvata, su input della maggioranza e della Lega Nord, sugli Lsu, i lavoratori socialmente utili: la Commissione Bilancio della Camera, che sta lavorando sulla Legge di Stabilità,  ha deciso di stralciare i fondi (100 milioni di euro) destinati a questa categoria  di lavoratori in Campania, Calabria e Sicilia.

Una norma “non solo e inopportuna, perche’ il finanziamento e’ stato rimesso in discussione dopo vent’anni di applicazione, ma rischia di generare un’emergenza sociale nel mezzogiorno” dice, ad esempio,  Gennaro Migliore (Led). Che aggiunge:  “Si trovino i fondi per tutte quelle persone che vivono da troppo tempo una condizione di precarieta’ lavorativa ed esistenziale e che, invece di ottenere una stabilizzazione, andrebbero ad aumentare le file dei disoccupati del sud”.

Inutile aggiungere che gli LSU sono tantissimi. Solo in Sicilia, secondo i calcoli della Cisl, sono quasi 6mila. La maggior parte di questi lavorano nel territorio della provincia di Messina (1809). seguito da quella di Palermo (1052), Trapani (815), Agrigento (778), Ragusa (410), Enna (265), Catania (242), Siracusa (140) E Caltanissetta (100).

E, abbiamo ragione di credere che si tratti di stime al ribasso.

La scusa propagandata  sarà la solità: abolire i presunti trattamenti di favore al Sud.

 Ma, chi conosce i fatti (e non ha motivo di nasconderli) sa che tutto nasce con Treu. Durante il governo Prodi fra il 1996 e il 1998, il ministro del Welfare istituisce la figura degli Lsu, lavoratori socialmente utili da inserire negli apparati delle amministrazione pubbliche con risorse statali. In buona sostanza, in tutto il quinquennio di governi dei centrosinistra (96-2001) mentre al Nord si finanziavano investimenti infratrutturali, al Sud si davano soldi per i lavoro, a Napoli, Lecce, Palermo, Catania.La cosa va avanti fino al 2001. Poi arriva il governo Berlusconi e il ministero chiude i rubinetti. E cominciano i problemi, mentre i precari cominciano a chiedere di essere stabilizzati nell’ente presso cui hanno prestato servizio.

Vero è che mentre i fondi scarseggiavano, alcuni Comuni, come Palermo, continuavano a sfornare Lsu. Ma resta il fatto che adesso si vogliono buttare in mezzo una strada migliaia di famiglie in un Sud già affamato, senza che questo comporti altro tipo di investimenti per salvare dal baratro le regioni meridionali.

Dalla Svimez il de profundis del Sud. Cei: “Diventi questione nazionale”

 


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