Un fermo dei servizi di autotrasporto privati dal 30 settembre al 4 ottobre. Con manifestazioni di protesta nei porti siciliani e in prossimità di ingressi autostradali e snodi ferroviari. È l’annuncio di Trasporto siciliano, il comitato di aziende che vede coinvolte la maggiori imprese di autotrasporto siciliane che hanno utilizzato e utilizzano il trasporto combinato […]
Foto di Renee Gaudet
Il comitato Trasporto siciliano annuncia uno sciopero per fine settembre: «Pochi fondi, il governo ci ascolti»
Un fermo dei servizi di autotrasporto privati dal 30 settembre al 4 ottobre. Con manifestazioni di protesta nei porti siciliani e in prossimità di ingressi autostradali e snodi ferroviari. È l’annuncio di Trasporto siciliano, il comitato di aziende che vede coinvolte la maggiori imprese di autotrasporto siciliane che hanno utilizzato e utilizzano il trasporto combinato strada-mare. Un comitato impegnato nel portare all’attenzione del governo regionale le modalità di fruizione dei fondi del Sea Modal Shift, un incentivo erogato dal ministero dei Traporti, con l’autorizzazione dell’Unione europea, per migliorare la catena intermodale attraverso l’incentivo all’uso degli itinerari marittimi.
Lo sciopero annunciato, spiegano dal raggruppamento di imprese, potrebbe essere annullato solo «qualora il governo nazionale, finora disinteressato, convocasse i rappresentati del comitato prima della data di inizio del fermo e a seguito di precisi impegni». E a questo scopo hanno inviato una lettera indirizzata alle autorità nazionali e regionali: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente della Regione Renato Schifani, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, l’assessore regionale Alessandro Aricò, al presidente della commissione di garanzia sugli scioperi e ai prefetti di Palermo, Catania e Messina.
Al centro delle preoccupazione del comitato c’è l’esiguità dei fondi del Sea Modal Shift, «inferiori a quelli autorizzati dall’Ue» e la preoccupazione circa la possibile intenzione governativa di utilizzare le quote Ets pagate dagli autotrasportatori – una sorta di tassa sulle emissioni inquinanti – «per l’acquisto di veicoli industriali per l’autotrasporto e la riqualificazione green delle flotte navali», anziché per aumentare appunto il fondo Sea Modal Shift.