Resistenza, commissariamento o autoscioglimento? Tre ipotesi per la Regione siciliana in crisi finanziaria

ROMA DARA’ A CROCETTA I SOLDI PER ANDARE AVANTI? IN UNA SICILIA CHE LENTAMENTE MA INESORABILMENTE AFFONDA NON SI ESCLUDONO I COMMISSARI PREVISTI DALLO STATUTO. IPOTESI CHE LEOLUCA ORLANDO HA VENTILATO GIA’ LA SCORSA PRIMAVERA. MA CI SONO ANCHE LE DIMISSIONI O LA MOZIONE DI SFIDUCIA AL PRESIDENTE PER ANDARE AL VOTO DOPO TRE MESI

Con un’accelerazione improvvisa, dettata non da una ‘momentanea’ crisi di liquidità, ma dalle ‘casse’ vuote, per la Regione siciliana si profila l’ombra sinistra del default. Troppe, ormai, le categorie sociali dell’Isola lasciate senza soldi e senza futuro. Troppe, anche, le proteste all’interno delle stesse Amministrazioni pubbliche dell’Isola (Province commissariate senza soldi, Comuni che pagano oltre 24 mila precari con onerosissime scoperture di tesorieria, come dununciato dal vice presidente di Anci Sicilia, Paolo Amenta: una totale follia). Grave la crisi finanziaria delle società e degli enti più o meno riconducibili alla stessa Regione.

In queste ore la politica siciliana ragiona su tre scenari che si sintetizzano in una domanda: andare avanti non pagando, fidando nella sonnacchiosa società siciliana, abituata al clientelismo e, di conseguenza, con qualche altro margine di manovra con soldi che dovrebbero arrivare da Roma, o andare allo scioglimento immediato dell’Ars? 

Il primo scenario – andare comunque avanti – è rischioso. Perché, come diceva in tempi non sospetti, nella scorsa primavera, il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che è anche presidente di Anci Sicilia, “una Regione che non paga prima o poi finisce commissariata”.

Nessuno, in quei giorni, ha preso sul serio Orlando. Eppure il Sindaco di Palermo ha provato, circa sei mesi fa, a spiegare quello che stava e sta ancora succedendo: “Non parlo come Sindaco di Palermo – diceva Orlando la scorsa primavera -: parlo come docente di Diritto pubblico: qui si rischia il commissariamento”.

Ma nessuno gli ha creduto. Il governatore Rosario Crocetta, o meglio, i ‘pupari’ che stanno dietro il suo Governo, per pararsi da eventuali colpi romani, hanno intruppato nel Governo i renziani di Davide Faraone.

Quest’ultimo si è preso la migliore poltrona disponibile nella Giunta – l’assessorato al Lavoro, quello dove ci sono i soldi – e una serie di ‘ammennicoli’. Promettendo, in cambio, la copertura politica di Renzi.

In realtà – coma sta dimostrando l’evoluzione di questi giorni – Renzi e Faraone potrebbero essersi giocati Crocetta e i suoi ‘pupari’. Promettendo sempre massima ‘copertura politica’, Renzi, ‘depredando’ le finanze siciliane, si è in parte sistemato i propri conti a Roma. E adesso, con un cinismo pari a quello con il quale ha sbaraccato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, si appresterebbe ad abbandonare la Sicilia al proprio destino.

Solo quest’anno ha scippato dal Bilancio regionale un miliardo e 350 milioni di euro. Mille e 150 milioni come accantonamenti. E altri 200 milioni per pagare la sceneggiata degli 80 euro che ha pagato solo in parte.

A giugno, dopo lo scippo che il Governo Renzi ha operato direttamente dall’Agenzia delle Entrate, depredando alla fonte Irpef e Iva pagate dai siciliani (questo grazie al fatto che la previsione statutaria di un’Agenzia delle Entrate siciliana viene ancora oggi disattesa), la Regione siciliana era senza soldi.

Crocetta è volato a Roma per parlare con Renzi: “Ma non eravamo rimasti che avevo la copertura?”.

A questo punto Renzi gli è venuto in soccorso, ma a modo a suo. Roma, a giugno, ha scoperto che alcuni contenziosi sollevati dalla Regione siciliana davanti la Corte Costituzionale erano già vinti dalla Sicilia. E altri contenziosi in dirittura d’arrivo avrebbero visto lo Stato soccombere.

Allora il Governo Renzi, sempre per ‘aiutare’ Crocetta e la Sicilia, ha lanciato la proposta: “Noi ci siamo presi un miliardo e 350 milioni di euro. Vi restituiamo 500 milioni di euro. Però in cambio dovete rinunciare ad alcuni contenziosi…”.

A Crocetta, ormai prigioniero dei renziani, non è rimasto altro che firmare. Così la Regione siciliana ha rinunciato a contenziosi pari a 5,4 miliardi di euro (alcuni, lo ricordiamo, già vinti) per avere in cambio 500 milioni di euro che erano già nostri! Una fregatura su tutta la linea.

Il progetto dei renziani, poi, era quello di farsi i ‘bagni’ con i tirocini formativi siciliani che, in realtà, avrebbero dovuto essere gestiti dall’assessore regionale al Lavoro, Giuseppe Bruno, messo lì da Faraone.

Ma, dopo un lungo ‘patteggiamento’, si è deciso che i tirocini sarebbero stati gestiti, insieme, dall’assessore alla Formazione, Nelli Scilabra, e dall’assessore Bruno.

L’operazione avrebbe dovuto garantire la presenza di almeno tre società esterne alla Regione, riconducibili a tre diversi potentati del PD. Insomma, una lottizzazione che nulla aveva a che vedere con l’assegnazione dei tirocini formativi, che sono il semplice punto d’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Un modo per sperperare denaro dei siciliani, da far confluire nelle tasche di soggetti romani.

Nella lottizzazione, a un certo punto, si è infilato pure il Governo regionale di Crocetta che, paradossalmente, era rimasto fuori dall’operazione finita nelle mani dei famelici renziani romani. Nasce da qui la partecipazione di Sviluppo Italia Sicilia all’operazione tirocini formativi.

Quando tutto sembrava andare per il meglio, la ‘macchina’ si è inceppata. Un caso a una ‘necessità’? Vattelappesca!

L’unica cosa certa è che, in questo caso, gli azziccaforchette renziani sono rimasti con le forchette a metà: metà azziccate e metà fuori…

Non sappiamo come finirà ‘sta ‘bordelliata’ dei tirocini formativi. Dicono che, grazie ai soliti Soloni del diritto (e soprattutto del rovescio), dovrebbero lasciar passare i mille e 600 ‘fortunati’ e il ‘desco’ per le tre società esterne alla Sicilia. Trattandosi di ‘forchettoni’ romani, tutto è possibile in una Sicilia di ‘ascari’.

Quello che invece è visibile, palese, chiaro è che, dopo aver partecipato all’assalto finale alle finanze regionali, i renziani sembra stiano abbandonando la nave siciliana che affonda. 

Perché? I fattori che stanno determinando questa decisione romana possono essere tanti. C’è lo scontro tra renziani e cuperliani, in Sicilia piuttosto aspro. Con i cuperliani che si sono stancati del Governo Crocetta e adesso lo vogliono comunque mandare a casa.

Con molta probabilità, i ‘pupari’ del Governo regionale (e non Crocetta, che forse avrebbe mediato di più) hanno tirato troppo la corda. Hanno cercato, fino all’ultimo, di tenersi tutto, cedendo spazio solo ai renziani, nell’illusione che a Roma Renzi li avrebbe comunque tutelati.

Il risultato è che i ‘pupari’ del Governo regionale sono riusciti a rompere definitivamente con i cuperliani in Sicilia e a farsi mollare dai renziani a Roma.      

Se ci fate caso, i renziani siciliani, adesso, parlano quasi con fastidio del Governo Crocetta. Prima hanno finito di ‘spolparsi’ quello che rimane, anzi, che rimaneva, delle finanze regionali. Ora mandano avanti i giovani renziani di Sicilia che organizzano dotti convegni. Con il mandato di raccontare che Renzi e i suoi innovatori con la Regione siciliana di Crocetta non c’entrano nulla.

A poco vale il fatto che Bruno, messo lì da Faraone, è ancora assessore regionale. A poco vale la presenza di azziccaforchette romani che aspettano…

Adesso i renziani – autoproclamatisi paladini del “Nuovo che avanza” – guardano oltre. Ai giovani che spappagallano il ‘verbo’ del ‘Messia’ Matteo. Alla Leopolda sicula, dove si parlerà di ‘futuro’ e di altri ‘immancabili destini’ renziani.

A restare con i cerini tra le mani sono Crocetta e i ‘pupari’ del Governo regionale.

Dicono che in queste ore il governatore sia volato a Roma più volte per reperire almeno un centinaio di milioni di euro per tirare a campare, magari fino a novembre.

Torna il dilemma: sarà Roma a prendere l’iniziativa – sull’onda di proteste popolari – per commissariare una Regione siciliana che, come diceva inascoltato Orlando se mesi fa, “non paga”? O arriverà prima l’autoscioglimento, magari mandando a casa il Governo Crocetta con una mozione di sfiducia?

I due scenari sono diversi, molto diversi. Nel primo caso Roma – cioè Renzi, cioè i renziani – si prenderanno tutto. E la Regione potrebbe restare commissariata (da Renzi e dai renziani) per un anno e forse più.

Nel secondo caso – con Crocetta che va a casa, volontariamente o con una mozione di sfiducia – si dovrebbe votare tre mesi dopo. In questo secondo caso, Renzi e i renziani non potrebbero azziccare la forchetta sulla Sicilia. Perché saranno in pochi, nella nostra Isola, a votare per gli azziccaforchette renziani.

Come finirà? E’ quello che ci piacerebbe capire. Forse qualcosa in più la sapremo domani ascoltando quello che dirà lo stesso Crocetta all’appuntamento che ha fissato dalle parti di Taormina con quello che resta del suo Megafono. Come abbiamo scritto nei giorni scorsi, non sono da escludere esiti clamorosi.

Lo stesso Crocetta, ieri, a Palazzo d’Orleans, in conferenza stampa, anche se tra le righe e in modo piuttosto sibillino, non è sembrato molto convinto del futuro. Non l’ha detto chiaramente, ma ha lasciato intendere che qualcosa, nelle prossime ore, potrebbe succedere.

Vedremo.

 

 


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