Crollano le esportazioni di prodotti petroliferi (-22%). Una buona occasione per buttare fuori dalla nostra isola i petrolieri che inquinano. In crescita le esportazioni di navi e imbarcazioni, prodotti alimentari, farmaceutici e chimici
In calo l’export siciliano: -14% in meno nel 2013 rispetto al 2012
CROLLANO LE ESPORTAZIONI DI PRODOTTI PETROLIFERI (-22%). UNA BUONA OCCASIONE PER BUTTARE FUORI DALLA NOSTRA ISOLA I PETROLIERI CHE INQUINANO. IN CRESCITA LE ESPORTAZIONI DI NAVI E IMBARCAZIONI, PRODOTTI ALIMENTARI, FARMACEUTICI E CHIMICI
Ancora segno meno per le esportazioni siciliane, ma tra le imprese cresce la voglia di incrementare il commercio estero. Archiviato il 21,5% del 2012, il 2013 si è chiuso con un -14,8%, determinato da un calo delle vendite, passate dai 13 miliardi di euro del 2012 agli 11 miliardi dello scorso anno.
Un calo vistoso, soprattutto in confronto al dato nazionale sullexport che si attesta sul -0,1%. Come già avvenuto lanno precedente, la dinamica negativa è stata influenzata principalmente dalla diminuzione delle vendite dei prodotti petroliferi raffinati (scese ancora del 22%). Potrebbe essere l’occasione buona per sbaraccare le raffinerie che ancora oggi inquinano la nostra Isola, impiegando poca manodopera e inquinando il nostro ambiente.
Tuttavia, al netto dei prodotti petroliferi, le esportazioni siciliane sono cresciute del 6% per un fatturato complessivo di 3,5 miliardi di euro.
Al segno meno, infatti, fanno eccezione alcuni settori: in pole position con una crescita esponenziale cè navi e imbarcazioni (+236%), seguito da elettronica e prodotti alimentari (entrambi +13%, in linea con lanno precedente). Da segnalare laumento, tra i principali comparti, delle vendite di articoli farmaceutici (+10%) e prodotti chimici (+8).
A scattare la fotografia sullexport made in Sicily è Unioncamere Sicilia che, nellambito della XII Giornata dellEconomia, ha fatto il punto sullandamento del commercio estero nel 2013.
“Come sempre accade in Sicilia – spiegano gli analisti di Unioncamere Sicilia – lexport dellIsola è determinato per circa due terzi dal settore petrolifero, concentrato per la quasi totalità nella provincia di Siracusa e in parte anche nel Messinese. Basta dunque – osservano – un calo nelle vendite del raffinato per influenzare tutto landamento del commercio estero”.
“Di contro, però – prosegue la nota di Unioncamere – assistiamo a una piccola e costante crescita di altri settori come, per esempio, quello dellagroalimentare, specialmente in alcune province come Trapani, Messina e Palermo. Si tratta di un segnale positivo che viene ancora di più rafforzato dalla maggiore propensione che le imprese siciliane stanno mostrando nei riguardi dei mercati esteri”.
“Lexport – commenta Antonello Montante, presidente di Unioncamere Sicilia – rappresenta uno dei motori di crescita più importanti per la Sicilia. Per questa ragione, lazione a supporto dellinternazionalizzazione delle imprese è diventata una delle aree di intervento prioritario del sistema camerale. Servono scelte coraggiose per agganciare definitivamente la ripresa economica e dotare finalmente lIsola di un piano industriale che incentivi le aziende a investire e creare sviluppo”.
Nel corso del 2013 le importazioni siciliane sono diminuite del 4,7%. Anche in questo caso la performance è determinata da un calo dellacquisto del petrolio greggio (-9,6%) e da altri prodotti chimici (-16,8). Il saldo import/export è negativo: si importa di più di quanto si esporta per una differenza pari a 8,8 miliardi di euro.
Tra i principali importatori si confermano la Federazione Russa e lAzebaigian; in crescita lAlgeria e in forte calo la Libia. Sul fronte delle vendite allestero, i principali mercati di riferimento sono Turchia e Francia nonostante entrambe siano in calo rispetto lanno precedente del 3,2% nel primo caso e del 20,1% nel secondo.
In aumento, invece, le esportazioni in Libia (+15,6%) mentre gli Stati Uniti perdono terreno con un -42,4%. Più in generale, a livello di macroarea, il primo partner commerciale dellexport siciliano sono i Paesi Europei dove finisce circa il 50% dei prodotti made in Sicily (per un valore di 6,1 miliardi di euro). Seguono Africa (22% del totale e un fatturato di 2,4 miliardi) e il Medio Oriente (8,4% e 932 milioni di euro).
(Foto tratta da nauticaingommone.it)
Nota a margine
Il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, ha ragione: “Servono scelte coraggiose per agganciare definitivamente la ripresa economica e dotare finalmente lIsola di un piano industriale che incentivi le aziende a investire e creare sviluppo”.
Infatti, la prima cosa da fare è trasformare l’Irsap da ‘carrozzone’ per la spartizione di consulenze in una cosa seria al servizio delle imprese siciliane.