Una maxi-frode fiscale per quasi 2 miliardi di euro: la guardia di finanza ha scoperto 140 società fantasma. Nell’ambito dell’operazione denominata Fast & Clean, coordinata dalla procura di Ancona (nelle Marche), è coinvolta anche la provincia di Ragusa. Sono stati disposti sequestri per 350 milioni di euro. La finanza sta eseguendo una trentina di perquisizioni […]
La maxi-frode fiscale da due miliardi di euro che passa anche per il Ragusano
Una maxi-frode fiscale per quasi 2 miliardi di euro: la guardia di finanza ha scoperto 140 società fantasma. Nell’ambito dell’operazione denominata Fast & Clean, coordinata dalla procura di Ancona (nelle Marche), è coinvolta anche la provincia di Ragusa. Sono stati disposti sequestri per 350 milioni di euro. La finanza sta eseguendo una trentina di perquisizioni nelle province di Milano, Varese, Brescia, Monza, Padova, Ragusa, nei confronti di 85 indagati per frode fiscale. I finanzieri di Ancona hanno scoperto fatture false per 1,7 miliardi: migliaia di imprese non avrebbero versato le imposte e avrebbero trasferivano il denaro all’estero.
L’attività investigativa, che ha portato alle prime perquisizioni e ai primi sequestri già nell’aprile del 2023, ha preso spunto da un controllo fiscale e antiriciclaggio nei confronti di un imprenditore cinese terzista del distretto industriale del tessile di Corinaldo, nell’hinterland senigalliese (in provincia di Ancona, nelle Marche). Un’indagine denominata Fast & Clean per la velocità con cui le operazioni illecite sarebbero state portate a termine, garantendo la ripulitura del denaro mediante la simulazione di operazioni commerciali mai avvenute. Stando a quanto è stato ricostruito dagli investigatori, le modalità adottate avrebbero assicurato agli imprenditori coinvolti – sia italiani che cinesi – l’immediata disponibilità del profitto della frode fiscale.
La fenomenologia illecita rientrerebbe nella cosiddetta underground bank, il sistema di banca occulta al servizio dell’economia illegale che, grazie a una struttura organizzata e complessa, è in grado di trasferire e riciclare miliardi e utilizzare provviste di contante non tracciato, per restituire all’impresa destinataria delle fatture false, di parte degli importi dalla stessa bonificati. Le imprese fantasma erano per la maggior parte localizzate in Lombardia: esistevano solo sulla carta ma non avevano strutture per risorse umane e materiali, domiciliate in luoghi improbabili se non in indirizzi inesistenti. Nel giro di due anni (2022 e 2023) avrebbero emesso fatture false per 1,7 miliardi di euro.
In attuazione dei provvedimenti del giudice per le indagini preliminari di Ancona, le fiamme gialle hanno eseguito un sequestro preventivo per 350 milioni di euro su conti correnti bancari, auto di pregio, contanti, beni di pregio e unità immobiliari. Eseguiti 34 decreti di sequestro preventivo d’urgenza emessi dalla procura di Ancona a carico di altrettante imprese responsabili dell’evasione per l’importo di almeno 22 milioni di euro di Iva. In azione circa cento finanzieri per le 30 perquisizioni eseguite: analizzata e bloccata l’operatività di 1569 conti bancari. I militari sono entrati in azione a Milano e provincia, a Roncello (Monza Brianza), Gallarate (Varese), Montirone (Brescia), Firenze e provincia, Padova, Vittoria (Ragusa). Sono state sottoposte a sequestro preventivo 140 imprese, di cui è stata disposta la cancellazione per scongiurare la prosecuzione della loro attività, e interdetta ogni attività nel sistema bancario italiano.
I finanzieri hanno scoperto la presenza di centri di elaborazione dati che garantivano a numerosi imprenditori italiani e cinesi, di evadere le imposte, riciclare il denaro con il trasferimento all’estero e ottenere subito, e in maniera occulta, la retrocessione del profitto dell’attività illecita. La società cartiera emetteva la fattura falsa e indicava al destinatario gli estremi del conto corrente italiano su cui eseguire il bonifico per il pagamento. Giunto l’accredito, il gestore della cartiera disponeva un bonifico estero di pari importo su di un conto corrente di una banca cinese – direttamente o tramite triangolazione su conti correnti ubicati in altri Paesi dell’Unione europea – giustificando l’operazione a titolo di pagamento di corrispettivo per operazioni di importazione di prodotti in realtà mai avvenute. Gran parte dell’importo bonificato dall’utilizzatore della fattura falsa e trasferito in Cina, veniva restituito all’imprenditore in contanti consegnati da corrieri.