Articolo 37, Pippo Gianni: “Crocetta, Lombardo e Cuffaro non hanno capito nulla”

UNA CHIACCHIERATA A TRECENTOSESSANTA GRADI CON IL PARLAMENTARE CHE STA PROVANDO A RILANCIARE I GRANDI TEMI DELL’AUTONOMIA SICILIANA. L’OCCASIONE PER PARLARE ANCHE DI RAFFAELE LOMBARDO. E ANCHE DI BEPPE GRILLO

L’ammettiamo: l’abbiamo ‘strapazzato’ un po’. Ma l’onorevole Pippo Gianni (foto di prima pagina tratta da siracusanews.it) non se l’è presa più di tanto. Infatti ha accettato di fare una chiacchierata con noi. Tema: la Sicilia e la sua Autonomia negata.

Pippo Gianni è un parlamentare di grande esperienza. Nella vita, quando ha tempo, fa il medico. Ha tre o quattro specializzazioni. Ma noi, che lo conosciamo da anni, dubitiamo che abbia avuto molto tempo da dedicare alla medicina. Avrà fatto di certo il medico quando, tanti anni fa, ricopriva l’incarico di Sindaco di Priolo, uno dei centri della provincia di Siracusa massacrato dall’inquinamento provocato dalla chimica ‘pesante’, che da quelle parti è un’istituzione, come il panino con la milza a Palermo, il pesce stocco a Messina e il caciocavallo a Ragusa. Ma da quando ha cominciato a calcare le aule parlamentari supponiamo che abbia fatto politica a tempo pieno.

Due giorni fa Pippo Gianni, insieme con altri due parlamentari – Antonio Venturino e Michele Cimino – in occasione dell’arrivo di Matteo Renzi a Palermo, ha scritto una lettera all’attuale capo del Governo del nostro Paese. I tre parlamentari hanno avanzato una proposta: una parziale applicazione, fino al 2020, dell’articolo 37 dello Statuto.

Noi abbiamo criticato il tono di questa lettera: a nostro avviso era un po’ troppo arrendevole. E’ come se, ogni volta che rivendichiamo un nostro diritto, dobbiamo chiedere il permesso a Roma. In questo caso ci siamo sbagliati? Può darsi.

Non ci ha convinto, poi, il merito della lettera. E spieghiamo anche il perché. Parliamo di articolo 37 dello Statuto siciliano. In base al quale le imprese di altre Regioni italiane devono pagare le imposte in Sicilia. Invece, in barba a tale articolo dello Statuto autonomistico siciliano, queste aziende inquinano la nostra Isola e pagano le imposte a Roma, con la scusa che tengono la sede sociale nelle proprie Regioni di provenienza. Una truffa ai danni della nostra Regione.

L’onorevole Pippo Gianni e i deputati Venturino e Cimino propongono allo Stato, che fino ad oggi ha riscosso il cento per cento di queste imposte, di lasciare in Sicilia il 25 per cento di questi soldi.

Noi abbiamo criticato l’assenza di indicazioni precise. In questi casi, si sa, la precisione elimina possibili ambiguità. E, guarda caso, proprio ieri, i fatti ci hanno dato ragione. Perché il presidente della Regione, Rosario Crocetta, che pensa di essere sempre il più intelligente di tutti, ieri ha dichiarato che, da quest’anno, la Sicilia applicherà l’articolo 37.

Peccato che l’applicazione dell’articolo 37 in salsa crocettiana altro non è che una notizia vecchia almeno due mesi, ‘riciclata’ ieri come nuova dal governatore. E’ la falsa applicazione dell’articolo 37 ottenuta dall’ex assessore all’Economia, Luca Bianchi, che, da buon romano, si è fatto dare da Roma una ‘mancia’ di 49 milioni di euro!

Questo presidente Crocetta – non finiremo mai di scriverlo – è un personaggio incredibile (“Sulfureo”, l’ha definito il senatore del PD, Corradino Mineo). Lo Stato scippa alla Regione un miliardo e 150 milioni di euro. E lui – siccome a scipparglieli è stato il suo compagno di Partito, Matteo Renzi – non dice una parola. E lascia massacrare la Sicilia e i suoi cinque milioni di abitanti. E poi si vanta, in conferenza stampa, di essere riuscito ad ottenere 49 milioni di euro dall’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto. Ci vuole una bella faccia tosta!

“Crocetta non ha capito nulla a proposito di articolo 37 dello Statuto – ci dice Pippo Gianni -. Così come non aveva capito nulla Raffaele Lombardo. E, prim’ancora, non aveva capito niente Totò Cuffaro”.

Invece – obiettiamo – l’ex assessore regionale Luca Bianchi aveva capito tutto…

“Bianchi ci marciava sull’errata applicazione dell’articolo 37 del nostro Statuto – ci dice Pippo Gianni -. Ad ogni modo, subito dopo le elezioni europee organizzeremo un convegno per fare chiarezza sull’applicazione, nella nostra Regione, degli articoli 36 e 37 dello Statuto”.

Il convegno chiarirà tutti gli aspetti di questi due articoli dello Statuto siciliano mai applicati. Ora diamo magari qualche anticipazione.

Pippo Gianni non si tira indietro: “Quello che posso dire, per i calcoli che abbiamo fatto, è che la sola Iva dell’articolo 36 dovrebbe fruttare alla nostra Regione non meno un miliardo e 700 milioni di euro. Quanto all’articolo 37, lì il calcolo è più complicato. Posso dire che, solo con le aziende che operano in Sicilia nell’industria, la Regione dovrebbe recuperare non meno di 10 miliardi di euro”.

Questo punto – il calcolo dell’articolo 37, ovvero le imposte che le aziende con stabilimenti in Sicilia e sede sociale nelle altre Regioni italiane di provenienza – ha sempre dato luogo a varie e diverse interpretazioni.

“Questo è vero – osserva il parlamentare regionale -. Anche se, in verità, l’interesse è sempre stato quello di non fare mai bene questi calcoli. Faccio un solo esempio: le banche. Quante sono, oggi, le banche siciliane? Poche. La maggior parte delle banche che operano nella nostra Isola hanno qui gli sportelli, ma la sede sociale altrove. E non pagano le imposte alla nostra Regione. Per non parlare della grande distribuzione organizzata. E’ presente in quasi tutte le città siciliane. Sono, nella grande maggioranza, aziende non siciliane che non pagano le imposte in Sicilia”.

“A questo punto Pippo Gianni tira fuori un dato che noi non conosciamo: “Ecco – ci dice – noi abbiamo calcolato, anche se sommariamente, il possibile gettito che arriverebbe nelle ‘casse’ della Regione da tutte le imprese, non siciliane, che operano nella nostra Isola mantenendo le sedi sociali altrove. Ebbene, se li calcoliamo tutte – e lo illustreremo nel convegno che stiano organizzando – noi pensiamo che il gettito potrebbe oscillare tra trenta e trentacinque miliardi di euro”.

“Ci rendiamo conto che, con questo gettito – aggiunge il deputato – la Sicilia si potrebbe pagare tutto: tutta la sanità e la scuola superiore. E non si tratta di una richiesta esosa: noi chiediamo allo Stato l’applicazione del nostro Statuto che, lo ricordo a me stesso, è costituzionalizzato. Mi rendo conto, ci rendiamo conto che è una battaglia difficile. Ma è una battaglia che dobbiamo fare. Anche per potermi guardare allo specchio”.

L’argomento si sposta poi sugli immigrati. Il Papa ci dice che dobbiamo essere solidali. Ma ieri abbiamo scoperto che, nel nome della solidarietà, i Comuni siciliani dovranno pagare i due terzi e forse più del costo di mantenimento dei bambini che arrivano dalle nostre parti con i barconi. Su 74 euro giornalieri – questo il costo di mantenimenti di un minore che viene pagato ai centri, in buona parte privati – lo Stato ne riconosce appena 20, che pagherà a rendiconto. Intanto i Comuni siciliani dovrebbero anticipare tutti i costi. Pagando 54 euro per ogni minore.

Bella questa, no? Lo Stato dà solo 20 euro per minore, l’Unione europea fa ‘filosofia’ e ci deruba con il Fiscal Compact: e i siciliani dovrebbero pagare per tutti. Magari con nuove tasse e imposte comunali.

“L’impostazione è sbagliata – ci dice Gianni -. E va cambiata. La Regione, i Comuni siciliani non solo non sono in grado di caricarsi questi costi, ma a giugno, cioè tra un mese, se non cambierà qualcosa, i Comuni della nostra Isola non potranno pagare nemmeno gli stipendi ai dipendenti. La verità è questa. Nasconderla non serve”.

Ma allora che si deve fare? “L’intervento di breve periodo andrà concertato con Roma – ci dice Gianni -. Una soluzione va trovata. Nel medio e lungo periodo la Sicilia potrebbe fare qualcosa, dando un esempio che potrebbe essere imitato. Penso al Ciapi e al Coppem. Il Coppem associa ventisei Paesi del Mediterraneo. Bene. Facciamo venire in Sicilia, ogni anno, 200 persone da ogni Paese del Mediterraneo. E avviamo i corsi di formazione al Ciapi. I primi tre mesi questi corsi di formazione dovrebbero svolgersi in Sicilia. Gli altri sei mesi, sempre a cura dei formatori siciliani, nei rispettivi Paesi di origine”.

Questo personale, una volta formato – aggiunge Gianni – potrebbe decidere di emigrare o di restare nel proprio Paese di origine. E, in ogni caso, si tratterebbe non di persone senza arte né parte, ma di personale formato, in grado di svolgere una professione, nel proprio Paese o fuori”.

“Questo schema vale per gli immigrati in cerca di lavoro – dice sempre il parlamentare -. Per i rifugiati si potrebbero organizzare dei corsi in ragione delle richieste che dovrebbero arrivare dai Paesi europei. Corsi di nove mesi, che dovrebbero essere organizzati e gestiti dal Ciapi in collaborazione con i Paesi europei. Va da sé che dovrebbero essere finanziati dall’Unione europea”.

Ricordiamo che ai tempi di Raffaele Lombardo l’onorevole Gianni è stato assessore regionale all’Industria. E’ rimasto fino a quando Lombardo non ha completato il ribaltone con il PD di Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia.

“Lombardo – ci dice Gianni – è stato un grande errore della politica siciliana. I danni che hanno provocato i suoi Governi sono enormi. Ne cito solo uno: il Piano energetico che sono riuscito a mettere in campo. Eravamo e siamo tutti convinti che bisogna chiudere il tempo degli idrocarburi. E puntare sulle energie alternative. Ma Lombardo, chissà perché, accampava tutte le scuse di questo mondo: l’eolico no perché distruggeva il paesaggio, il fotovoltaico nemmeno. In compenso, abbiamo perso dieci miliardi di euro circa di investimenti in buona parte esteri. E ci siamo tenuti le raffinerie di petrolio. Una bella autonomia siciliana, quella di Lombardo e dei suoi amici”.

Non possiamo non fare un accenno alla legge regionale per liberare la Sicilia dall’amianto. E’ una legge per la quale Gianni si è battuto. “La legge sull’amianto è stata pubblicata in Gazzetta la scorsa settimana – dice Gianni -. E’ una legge con un cronoprogramma preciso. L’obiettivo è quello di liberare di liberare gli edifici siciliani dall’amianto”.

“Quando si parla dell’amianto – dice sempre Gianni – si pensa sempre a quello abbandonato nelle discariche abusive. Questo è un problema. Ma c’è un altro problema. L’amianto esiste dal 1904. Oggi, in Sicilia, ci sono tantissimi edifici realizzati con l’amianto. Un materiale magari nascosto dal cemento o da altre coperture. Penso ai tetti degli edifici. Ma basta una piccola lesione e cominciano i problemi, che possono diventare anche letali. Ecco, penso che questa legge, se applicata, potrebbe rilanciare l’attività edilizia”.

Altra domanda: Beppe Grillo?

“E’ un problema serio – ammette Pippo Gianni -. Canalizza e interpreta la rabbia. Che oggi, in Italia, è molto diffusa. Anche a causa di una crisi economica drammatica. La povertà e la disoccupazione fanno il gioco del Movimento 5 Stelle”.

Le elezioni europee le vinceranno i grillini, allora? Gianni sospira: “Io mi auguro che Renzi riesca a frenare il grillismo. E’ giovane, attivo. Vedremo”.

 

 


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