La legge è uguale per tutti ma non per i siciliani: Esa docet

in Sicilia i ricorsi straordinari possono ancora essere decisi non sulla base di motivi connessi alle ragioni del diritto ma per meri motivi di mera opportunità (certamente amministrativa ma anche politica). IL CASO DEL RICORSO DI ALCUNI DIPENDENDENTI DELL’ENTE PER LO SVILUPPO AGRICOLO

di Massimo Greco

Che la Sicilia fosse una Regione a Statuto speciale è un dato di diffusa opinione anche tra gli allievi delle scuole medie ma, verosimilmente, il grado di detta specialità non risulta essere stato indagato fino in fondo neanche da coloro che per mandato istituzionale sono preposti ad assumere decisioni in nome e per conto del popolo siciliano. Un caso che la dice lunga sui limiti della specialità della Regione Siciliana è rappresentato dalla facoltà riconosciuta al Presidente della Regione dall’art. 23 dello Statuto di decidere sui ricorsi straordinari allo stesso presentati, dopo avere acquisito il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa.
Nulla questio se non fosse per l’anomalìa che tale istituto presenta se rapportato a quello statale in cui a decidere sui ricorsi straordinari è il Presidente della Repubblica sentito il parere vincolante del Consiglio di Stato. La recente normativa n. 69/2009, nel modificare l’importante strumento deflattivo del contenzioso amministrativo, ha trasformato il ricorso straordinario da ricorso amministrativo a ricorso giustiziale, avvicinandolo sempre più all’orbita giurisdizionale. Sulla bontà di tale scelta del legislatore statale si è pure avuta di recente la benedizione della Corte Costituzionale mediante la sentenza n. 73/2014 a cui si rinvia per una più attenta lettura delle sottese motivazioni.
Il problema è che, come spesso accade in Sicilia, la citata riforma del ricorso straordinario non viene applicata, arrestandosi alle porte dello stretto di Messina.

Inconsapevole protagonista di questa ennesima parodìa siciliana è il Presidente della Regione Crocetta, che nei giorni scorsi ha firmato il Decreto Presidenziale n. 2 dell’8 aprile 2014 rigettando un ricorso straordinario presentato da alcuni dipendenti dell’Ente di Sviluppo Agricolo illusisi del parere favorevole che il Consiglio di Giustizia Amministrativa aveva reso in data 7 novembre 2006 (che impone l’equiparazione di alcuni funzionari ai dirigenti, ndr). Il Presidente della Regione, previa apposita autorizzazione della Giunta di governo deliberata in data 28 novembre 2013, ha infatti deciso il ricorso straordinario presentato dai citati dipendenti in difformità al parere reso dal C.G.A..
Bene, il punctum pruriens della presente riflessione non concerne il merito della vicenda che vede contrapposti alcuni dipendenti dell’ESA alla Regione Siciliana, ma la disparità di trattamento che una siffatta decisione genera all’interno dell’ordinamento giuridico. In materia giurisdizionale, come quella che ci occupa, la questione non può che essere trattata in modo uniforme coinvolgendo esigenze ed interessi dell’intera comunità nazionale connessi a valori costituzionali di rilevanza primaria.
Non è pensabile infatti che fino a Reggio Calabria il parere del Consiglio di Stato è vincolante per la decisione dei ricorsi straordinari e che da Messina in poi il parere della sezione staccata dello stesso Consiglio di Stato – C.G.A. – non vincola la decisione del Presidente della Regione forte della sua prerogativa scalfita nell’art. 23 dello Satuto siciliano.
In pratica in Sicilia i ricorsi straordinari possono ancora essere decisi non sulla base di motivi strettamente connessi alle ragioni del diritto ma per meri motivi di mera opportunità (certamente amministrativa ma anche politica).
Ad onor del vero bisogna aggiungere che su questa vicenda le responsabilità sono diffuse e investono lo stesso Consiglio di Giustizia Amministrativa che, con un temerario parere del 14/12/2010, reso su un altro ricorso straordinario per una questione per certi versi analoga, ha sostanzialmente suggerito la “scorciatoia” alla Presidenza della Regione: “…resta salva la facoltà dell’Amministrazione regionale di valutare, come accennato nelle premesse della delibera di Giunta del 15 giugno 2010, eventuale adozione di una decisione motivata in difformità dal parere, ipotesi non più prevista nell’ordinamento statale dopo l’abrogazione dell’art. 14, comma 2, del DPR 1199/71, avvenuta a cura dell’art. 69 della l. 69/2009, ma tuttora esistente nelle norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana (art. 9, comma 5, d.lgs. 373/2003, cit.).
Orbene, ammesso che la considerazione contenuta in detto parere del CGA sia fondata e non sia percorribile la strada dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 23 dello Statuto alla luce della citata riforma del ricorso straordinario n. 69/2009, cosa aspettano i nostri detentori del potere legislativo ad apportare i necessari, quanto urgenti, adeguamenti allo Statuto siciliano?


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