Il regista del film è Giuseppe Piccioni. Protagonista maschile Stefano, attore già affermato, interpretato da un brillante Luigi Lo Cascio
La vita che vorrei
La premessa è d’ obbligo: non siamo ai livelli del fortunatissimo binomio Lo Cascio – Giordana. Il regista del film è Giuseppe Piccioni ed i temi trattati sono completamente differenti da quelli proposti, con grande e meritato successo, dal regista milanese.
Un film raffinato! Così è stato definito “La vita che vorrei” e personalmente credo che la colonna sonora di Gianna Nannini contribuisca non poco in tal senso.
Giuseppe Piccioni, con il suo insolito gusto per il melodramma, si serve della tecnica del metacinema, vale a dire del film nel film, per compiere una vera e propria dichiarazione d’amore al grande schermo. Nella pellicola vengono infatti sottolineati alcuni aspetti, decisivi per la realizzazione di un film, di solito scarsamente considerati: dai provini, alla realizzazione del set, ai rapporti tra attori, agenti, produttori e regista.
La trama risulta invece palesemente scontata: Laura, interpretata da una straordinaria Sandra Ceccarelli, è un’ attrice, sconosciuta e più che trentenne, che malgrado le premesse riesce ad ottenere il ruolo di protagonista di un film in costume ambientato nell’ Ottocento. Protagonista maschile Stefano, attore già affermato, interpretato da un brillante Luigi Lo Cascio.
Tra i due nasce un’inevitabile quanto mai scontata relazione che, sovrapponendosi a quella recitata nel film, crea un intreccio psicologico fra finzione e realtà che è la colonna portante attorno alla quale si sviluppa il lungometraggio.
L’assenza di colpi di scena e la mancata evoluzione dei personaggi sono i principali appunti da poter fare a Piccioni. Il suo merito più grande è l’essersi affidato ad una coppia d’attori collaudata ed affiatata (avevano già recitato insieme in “Luce dei miei occhi” dello stesso Piccioni, 2001 e “Il più bel giorno della mia vita” di Cristina Comencini, 2002) che risulta decisiva nel valorizzare una storia un pò fine a sè stessa e con un finale che lascia sulla bocca dello spettatore un amaro senso d’incompiuta.