Forse non si tratta del romanzo più riuscito di Haruki Murakami, classe 1949, ma "La ragazza dello Sputnik" pubblicato nel 1999, è uno di quei romanzi che incuriosiscono fin dal primo momento in cui li si scorge in libreria far capolino dagli scaffali
Supuutoniku no Koibito – La ragazza dello Sputnik
Questo perchè probabilmente già dal titolo e dal nome dell’autore
sappiamoi che ci troviamo di fronte un romanzo giapponese ma che non parla
solo del Giappone.Influenze della cultura occidentale sono sempre state
presenti nella letteratura giapponese eppure il modo in cui vengono
amalgamate continuamente è sempre uno dei motivi di maggior fascino di
questa lontana cultura.La capacità di trasformare il vecchio,il
classico,l’antico è il modo dei giapponesi,ma da cui dovremmo trarre
ispirazione,di farlo sopravvivere al tempo.Murakami è uno degli scrittori più
internazionali per stile e ispirazioni e neanche in questo romanzo come nei
precedenti manca l’occasione di comunicare la sua passione per
l’estetica occidentale dei motori,della moda,dei vini e per la cultura in
generale, sempre presenti come un sottofondo musicale.
La storia è narrata in prima persona da un amico,confidente (e
innamorato) di Sumire di cui l’autore non rivela il nome. Sumire è una ragazza
piuttosto comune che si scopre un giorno innamorata di Myuu,una donna
sposata, affermata nel lavoro e di 17 anni più grande che nasconde un
segreto che la rende incapace di provare qualsiasi sentimento. Potrebbe
sembrare trattarsi di una storia d’amore,ma è dietro questa facciata che
l’autore sembra invece volere mostrare un sentimento nascosto.Forse
proprio una altra facciata del rapporto con gli altri,di qualsiasi genere
siano i vincoli che si creano,sia che siano platonici, fisici, amicali
o a suo modo passionali.
Murakami descrive il periodo di tempo che parte dal momento
dell’innamoramento di Sumire attraverso gli occhi del narratore innamorato di
lei,dando l’impressione di essere quasi sospesi tra il reale e il fittizio.
Un arco di tempo in cui tre vite si rivelano,come dei satelliti che
girano intorno ad un pianeta,in realtà totalmente indipendenti e vittime
di un senso di solitudine da cui semplicemente è impossibile sfuggire.
La sparizione di Sumire e la rivelazione del mistero che ha sbiancato i
capelli di Myuu danno al libro un pizzico di sale ma qualcosa ancora
non convince e ci si chiede se l’autore abbia volutamente cercato di
trasmetterci quella sensazione di vuoto e di incompletezza al termine della
lettura.
Una frase tratta dal libro:
Ma aspetta,qui dove siamo?In questo momento non lo so.E’tutto troppo
semiotico,vedo segni da ogni parte…e poi come sai il mio senso
dell’orientamento è zero.Non te lo so spiegare a parole.