Blackout a Catania, dare la colpa al caldo non basta. L’esperto Marco Tina: «Fenomeno prevedibile che non è stato gestito»

«Possiamo parlare delle cause e delle buone prassi, ma sa cos’è davvero importante? Che questa storia non finisca nel dimenticatoio con l’autunno, ancora una volta. Oppure la prossima estate saremo di nuovo senza luce». Lo dice con chiarezza Marco Tina, docente di Sistemi elettrici per l’energia all’università di Catania, interpellato da MeridioNews a proposito del lungo e diffuso blackout che affligge la città di Catania e diversi Comuni della provincia – in maniera meno emergenziale anche Siracusa – da almeno una settimana.

Enel ha spiegato che i guasti sono dovuti all’ondata di forte caldo, ammettendo però che le reti di distribuzione non sono poi così performanti. Il mix esplosivo tra le due cose era davvero così imprevedibile?
«Le temperature elevate non sono certo una novità, da tempo si assiste a un incremento di circa 0,7-0,8 gradi ogni anno. Quello attuale è solo un passo avanti di un fenomeno ben noto anche a chi gestisce le reti elettriche. Così come il fatto che l’emergenza si stia verificando a Catania: è il terreno lavico che non permette ai cavi di scambiare il calore con l’esterno, ed è così da sempre. Capita quindi che i cavi, costretti a lavorare a temperature elevate, subiscano un guasto nei giunti delle reti, che sono i punti più delicati. L’intervento per aggiustarli dura qualche ora, ma quando i guasti sono decine e continui come adesso, ecco che si resta senza luce per giorni. A maggior ragione quando parliamo di cavi già compromessi dalle alte temperature degli anni passati. Questa, insomma, è stata solo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso».

Si è data la colpa, come concausa, anche agli eccessivi consumi dei cittadini, a partire dai condizionatori. È davvero così?
«Per carità, che i trasformatori, ossia gli elementi nelle cabine, soffrano anche un eventuale carico elevato è vero. Ma anche questo non è un dato nuovo, così come non sono nuovi i condizionatori nelle case e il loro utilizzo. Non abbiamo ancora il dato stagionale, ma i numeri annuali ci dicono che i consumi sono semmai diminuiti rispetto a sette-otto anni fa, perché è diminuita la popolazione stessa. Certo, potrebbe esserci l’aspetto legato al turismo e al numero maggiore di strutture ricettive, come i bed and breakfast, ma non credo che il dato sui consumi elettrici sarà poi così diverso da quello dello scorso anno. Il punto è come gestire la situazione. O meglio, in questo caso, come non è stata gestita».

Cosa si doveva e si può ancora fare?
«Ci sono due tipi di logiche. La prima è di medio-lungo termine e prevede l’analisi, con apposite apparecchiature, del livello d’invecchiamento dei cavi con la sostituzione dei tratti più compromessi. Un lavoro lungo e abbastanza costoso, a cui si doveva pensare almeno cinque anni fa, quando gli esperti hanno iniziato ad avvisarci sull’incremento delle temperature e sul relativo trend. A breve termine, invece, è possibile attuare dei distacchi programmati, ossia staccare l’elettricità per quattro ore qui e per altre quattro ore in un’altra zona, avvisando prima i cittadini. Quando, come in questo caso, il meteo ti dice che ci saranno 14 giorni di caldo africano, corri insomma ai ripari con una turnazione. È vero, così si soffre tutti, ma si soffre meno, per un periodo limitato e soprattutto non improvviso».

C’è anche chi si chiede se i pannelli solari abbiano influito sulla situazione o, al contrario, come mai a fronte della spesa per gli impianti ci si ritrovi comunque senza luce come gli altri.
«Onestamente non credo che il fotovoltaico abbia influito. In quel caso, anzi, alla corrente che scorre nei cavi viene sottratta quella prodotta dall’impianto rinnovabile, tanto che si parla di carico residuo. Un impianto fotovoltaico potrebbe semmai creare qualche problema alle protezioni che dovrebbero isolare solo il tratto compromesso in caso di guasto, ma si tratterebbe comunque di microinterruzioni, nell’ordine di pochi secondi o minuti, non del blackout di giorni a cui stiamo assistendo. Per quanto riguarda invece chi è rimasto al buio pur avendo un impianto rinnovabile, dipende dal fatto che gli inverter utilizzati per gli impianti senza accumulo, i più comuni nelle nostre case, usano come riferimento la tensione della rete tradizionale. Se questa non è presente, anche l’impianto fotovoltaico smette di funzionare».

Ci ha già chiarito che i consumi non sono stati decisivi nell’emergenza che sta vivendo la provincia, eppure molti sindaci continuano a invitare i cittadini a spegnere gli apparecchi elettronici non utilizzati o a usare il condizionatore in modalità deumidificatore per non sovraccaricare le reti. Ha qualche consiglio davvero valido da condividere?
«Queste, che potremmo definire come buone prassi, sono utili a ridurre il picco della domanda e quindi anche lo stress dei cavi, ma ormai la frittata è fatta. Sono consigli che avrebbero avuto senso per prepararsi all’ondata e che ormai lasciano il tempo che trovano. Non so neanche quante persone li seguiranno, perché cambiare le abitudini dei cittadini è complicato: se il cambiamento è personale e il beneficio è collettivo, si tenderà sempre a pensare che a spegnere il condizionatore può essere il mio vicino e non io. Diciamo che tutto può servire, ma davvero utile è pensare alle cose al momento giusto e non troppo tardi. Questa storia non deve finire nel dimenticatoio con l’autunno».

Dobbiamo insomma rassegnarci a future estati di distacchi programmati?
«La strada è necessariamente quella delle comunità energetiche rinnovabili e dell’autoconsumo, su cui spingere con appositi incentivi per diffondere un modello di consumo diretto e responsabile. Questo, ovviamente, non solleva dalla propria responsabilità i gestori della rete, che devono assicurare un servizio essenziale. Possiamo discutere, e la comunità scientifica lo fa, sui motivi del riscaldamento globale, se dipendano dall’uomo o dalla natura, ma che le temperature stiano aumentando è innegabile. E, davanti al meteo, anche se si è completamente ignoranti, ci si attrezza e prepara».


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