Palermo, Fratelli d’Italia fa saltare il voto sulle proposte anti omofobia. Il Consiglio non sarà al Pride

«Sui diritti non si torna indietro» aveva detto il sindaco Roberto Lagalla pochi minuti dopo la sua elezione. E così in effetti è stato. Anche se non si può dire che si sia andati avanti, almeno finora. Così, alla vigilia del Palermo Pride il Consiglio comunale perde l’occasione di compiere un passo importante nella direzione dell’inclusività.

Lo scorso 17 maggio l’opposizione aveva presentato all’assemblea cittadina un ordine del giorno per impegnare l’Amministrazione comunale – patrocinante storica del Pride – a compiere un atto contro l’omofobia e aderire con il Consiglio alla parata prevista per domani e allo stesso tempo a garantire i documenti di identità ai figli di coppie omogenitoriali. Una proposta firmata anche da pezzi della maggioranza, come il capogruppo di Forza Italia Giovanni Inzerillo e tutti e tre i consiglieri del gruppo della Democrazia Cristiana.

«Quel giorno l’ordine del giorno è saltato e lo abbiamo riproposto oggi, perché fosse approvato in tempo per il Pride – dice a MeridioNews Mariangela Di Gangi, consigliera comunale che ha presentato la proposta – L’ordine sarebbe passato, avevamo la maggioranza, ma appena Fratelli d’Italia l’ha notato ha sollevato il problema di inerenza con la discussione in atto e dopo una capigruppo, dove loro invece hanno la maggioranza, non se n’è fatto niente».

A opporsi al tema anche i due consiglieri del gruppo Oso, che ne hanno fatto una mera questione di regolamento. «Non abbiamo messo temi divisivi nell’ordine del giorno – prosegue Di Gangi – abbiamo parlato di ordine normativo, non di surrogati o altro. La verità però è che comanda Fratelli d’Italia e Lagalla può andare a tutti i pride che vuole, ma questa maggioranza su questi temi si posiziona nel centrodestra più ideologico». I gruppi di Progetto Palermo, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Azione e gruppo misto hanno abbandonato l’aula in segno di protesta.

A gettare acqua sul fuoco ci pensa però Domenico Bonanno, consigliere della Dc, firmatario anche lui della proposta. «Parlare di imposizioni e censure è profondamente sbagliato e lo ritengo anche fuori luogo – dice – L’ordine del giorno proposto dai colleghi di opposizione, che ha visto i consiglieri del gruppo della Dc tra i firmatari e che mi ha visto impegnato personalmente nella sua revisione nell’intento di dare assoluta preminenza alla necessità di tutelare i diritti dei bambini e di colmare il vuoto normativo attuale, tratta un tema importante e che merita il giusto confronto».

«L’atto non è stato trattato nella seduta odierna perché il tema non aveva attinenza con la delibera in trattazione – prosegue Bonanno – Tagliola che ha colpito anche atti proposti dal sottoscritto nei mesi scorsi e che certo non mi ha mai fatto urlare alla censura o allo scandalo: sono le regole dell’aula e a queste bisogna attenersi, abbandonare i lavori è sempre sbagliato. Certo è però che il tema meriti un approfondimento consono nei modi e nei tempi, al punto che auspico anche una successiva trattazione compiuta in aula per colmare una vacatio legis che rischia di far pagare ai bambini nati fin qui, colpe che non hanno».


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