Banche italiane: foraggiano i grandi gruppi e poi affamano i dipendenti e le piccole e medie imprese

SI E’ APERTO A PALERMO IL 16° CONGRESSO PROVINCIALE DELLA FABI. PESANTE LA DENUNCIA DEL SEGRETARIO GENERALE LANDO MARIA SILEONI: SU 143 MILIARDI DI EURO DI ‘SOFFERENZE’ DELLE AZIENDE DI CREDITO DEL NOSTRO PAESE, L’80 PER CENTO E’ IL FRUTTO DI SOLDI DATI SENZA GARANZIE AI SOLITI NOTI (TIPO LIGRESTI). POI, PER ‘RECUPERARE’, SI RIDUCONO GLI STIPENDI AI LAVORATORI E SI CHIUDONO I ‘RUBINETTI’ AGLI IMPRENDITORI. L’INTERVENTO DI LEOLUCA ORLANDO

Nella bella ex sede della ex Sicilcassa, in piazza Borsa a Palermo, si celebra il 16° Congresso provinciale della Federazione autonoma dei bancari italiani, Fabi.
I lavori congressuali sono stati aperti da un intervento del segretario generale dell’organizzazione, Lando Maria Sileoni (nella foto sotto a sinistra), il quale, nel portare la solidarietà della Federazione nazionale, ha posto l’accento su due questioni assai delicate del momento che vivono le banche e che si scaricano sui bancari.
Il primo è rappresentato dalle sofferenze creditizie che ‘giustificherebbero’, a dire dei manager delle stesse banche, le ragioni del restringimento dei crediti alle imprese ed alle famiglie. Sileoni, al contrario, con riferimento a dati ufficiali, sostiene che dei 143 miliardi dell’ammontare delle sofferenze a tutto novembre di quest’anno, l’80 per cento sono crediti accordati senza garanzia ai soliti noti grandi imprenditori italiani (per fare un solo esempio: clienti del tipo Ligresti).

Le conseguenze di tali scelte ricadono interamente sulle piccole e medie imprese che, private del credito, sono costrette a chiudere. O, nel migliore dei casi, a delocalizzare le proprie attività.

Il secondo è costituito dalla questione legata alla disdetta anticipata del contratto nazionale di lavoro da parte di Unicredit, che ha fatto propria la dottrina Marchionne nel togliere diritti acquisiti ai lavoratori e a dettare le condizioni – prendere o lasciare – per il rinnovo del contratto da posizioni di debolezza. A questo proposito Simeoli ha sottolineato che, tra le organizzazioni sindacali bancarie, a differenza di quanto è avvenuto sia nel recente passato (da 16 anni non si verifica uno sciopero unitario come quello di qualche settimana addietro), sia nel passato più remoto (contrassegnato da divisioni, scissioni più o meno piccole, o contrapposizioni d’interessi o di schieramento), mai come in questa circostanza l’unità tra i sindacati è stata più forte e coesa.
Simeoli ha poi anticipato quali sono le prospettive della banche italiane ed europee. In Italia le prime 15 banche saranno sottoposte direttamente sotto il controllo della Banca centrale europea (Bce) e le piccole, quali le Banche popolari o quelle di Credito cooperativo saranno messe sotto pressione dai grandi gruppi al fine del loro accorpamento.
Si ripropone quanto è già avvenuto nel recente passato, ma con la Banca d’Italia che non conterà più nulla.
Ancora una notazione dell’intervento introduttivo merita di essere posta in rilievo e riguarda il ruolo delle Fondazioni bancarie che costituiscono il punto di crisi principale del sistema bancario, visto che rappresentano il momento di contatto (e di patteggiamento) tra il sistema bancario e la politica.

Dopo Simeoli, il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha portato il saluto della città al Congresso ed ha ricordato la vicenda della Sicilcassa del 1997, allorquando questa venne accorpata al Banco di Sicilia mentre erano disponibili capitali provenienti dal mondo arabo per fare della Cassa di Risparmio una banca mediterranea. Era l’epoca della Risoluzione della Commissione europea di Barcellona sull’area di libero scambio Euromediterranea. Negare quella eventualità fu una delle ragioni principali dell’insuccesso della Risoluzione di Barcellona e dell’Euromediterraneo.
Tuttavia, quello che il ministro del tempo, Carlo Azeglio Ciampi, negò potesse valere per la Sicilcassa fu poi attivato per il salvataggio della Banca di Roma guidata da Cesare Geronzi. Figurarsi se a quell’espressione del potere finanziario si potesse negare qualcosa.
Siamo in presenza del solito ritornello sulla Sicilia ed il suo rapporto con la nazione italiana: Isola da sfruttare in tutte le circostanze e da utilizzare come ciambella di salvataggio quando occorre ai grandi potentati economici e politici nazionali, in cambio di qualche mancia che premia gli ‘ascari’ di turno che a questo gioco si prestano sempre volentieri.
Quello della Banca di Roma non è stato il solo episodio di salvataggio. Oggi quel trattamento viene riproposto dalle autorità di governo e dal Parlamento con la vergognosa legge di stabilità che stanzia 17 miliardi di euro in favore delle banche tra le quali, non ultima, il Monte dei Paschi di Siena: banca che dovrebbe essere già chiusa alla luce degli scandali e delle inchieste giudiziarie. Ma siccome non è una banca del Sud Italia è ancora aperta e continua a drenare denaro dei contribuenti italiani. Un’altra vergogna.  

Un’osservazione intelligente dell’intervento di Orlando merita di essere ricordata. Riguarda il referendum abrogativo della scala mobile. Orlando nota che quando gli industriali italiani esultarono per l’abrogazione della scala mobile, che a loro dire era all’origine dell’inflazione, non capirono che con quell’atto le imprese avevano aperto la strada della decadenza e del fallimento della loro funzione sociale, oltre che economica.
Così come con decisione ottusa il Parlamento precedente a quello attuale, su sollecitazione dell’allora presidente del Consiglio, professore di economia, Mario Monti, è stato inserito nella Carta costituzionale, all’articolo 81, l’obbligo del pareggio di bilancio. Una cantonata colossale che impedisce qualsiasi politica di sviluppo e fa rinculare sempre più l’Italia nelle graduatorie internazionali in tutti i settori che rappresentano gli indicatori di civiltà.

 

 


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Si e' aperto a palermo il 16° congresso provinciale della fabi. Pesante la denuncia del segretario generale lando maria sileoni: su 143 miliardi di euro di 'sofferenze' delle aziende di credito del nostro paese, l'80 per cento e' il frutto di soldi dati senza garanzie ai soliti noti (tipo ligresti). Poi, per 'recuperare', si riducono gli stipendi ai lavoratori e si chiudono i 'rubinetti' agli imprenditori. L'intervento di leoluca orlando

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