Con buccia rosa, gialla e bianca. Tre varietà, ognuna delle quali si presta a essere cucinata e adattata a un pasto diverso. Ecco le patate dei Nebrodi, che adesso sono un nuovo presidio Slow Food. L’associazione internazionale che si occupa di tutelare e rilanciare i prodotti a rischio di estinzione, figli della storia di un […]
Le patate dei Nebrodi sono un nuovo presidio Slow Food. «Tre tipologie da tutelare per continuare a dare valore ai prodotti»
Con buccia rosa, gialla e bianca. Tre varietà, ognuna delle quali si presta a essere cucinata e adattata a un pasto diverso. Ecco le patate dei Nebrodi, che adesso sono un nuovo presidio Slow Food. L’associazione internazionale che si occupa di tutelare e rilanciare i prodotti a rischio di estinzione, figli della storia di un territorio e delle tradizioni agricole, adesso promuove un altro prodotto dei Nebrodi, che collezionano un altro presidio dopo quello della Pasta reale di Tortorici, istituito pochi mesi fa. A commentare questo altro traguardo per la Sicilia è stata Roberta Billitteri, vicepresidente Slow Food Italia, che è intervenuta a FantaMagazine, programma di Radio Fantastica. «La Sicila è uno scrigno di diversità – spiega Billitteri -Bisogna sempre più fare conoscere questo prodotto, la cui coltivazione è attestata. Ci sono tracce documentali che risalgono agli inizi del 900′. Come tutti i prodotti Slow Food non viene lavorato con sostanze chimiche. Lo troviamo tra i 1200 e i 1300 metri».
La patata con la buccia rosa, dalle dimensioni più piccole e buona consistenza, si presta a essere fritta, cotta al forno e in padella. La patata con la buccia gialla, più morbida e dal sapore più delicato, è ideale per arricchire minestroni, zuppe e frittate. Il biancone, la varietà più rara, ha dimensioni più grandi e una consistenza poco compatta: si conserva meno delle altre e, in cucina, si usa perlopiù per minestroni e zuppe. La patata dei Nebrodi si raccoglie a settembre. Per permettere la crescita, viene messa su un letto di paglia e ricoperta con della terra «come se fosse protetta in una culla – continua la vicepresidente – La lavorazione viene fatta con delle tecniche tradizionali». L’istituzione di un nuovo presidio diventa una grande occasione per la promozione del territorio e per i suoi prodotti. «Manca la cultura del cibo – osserva Billitteri – Si deve comprendere sempre di più che il valore di un prodotto è determinato dal territorio e dalla cultura. Dietro un alimento c’è molto di più oltre l’apparente prezzo».
Slow Food, dunque, continua a proseguire sulla strada della tutela del cibo, inteso sia come fonte di reddito, ma anche come elemento fondamentale per la salute dell’uomo e per l’ambiente. «Il cibo è fondamentale per la saluto dell’uomo e per l’ambiente – conclude – Dobbiamo capire che il valore che possiede un prodotto tutelato è di gran lunga superiore rispetto a un prodotto di facile reperibilità e consumo, trattato chimicamente, Per non parlare dello spreco del cibo, dato che sprechiamo un terzo del cibo che produciamo. Dovremmo fermarci un attimo e riflettere».
Foto di Oliver Migliore