Pdl, le polemiche al vetriolo dopo il fuori onda di Castiglione. Per Vinciullo non ci saranno i vitelli grassi per i figliuoli prodighi

“CHI E’ TORNATO NEL PARTITO DOPO AVERLO DISPREZZATO E AVERGLI FATTO PERDERE LE ELEZIONI NON POTRA’ AVERE RUOLI GUIDA”

Il fuori onda di Giuseppe Castiglione al La 7, con le infuocate reazioni dei falchi della corte del Cavaliere di Arcore, hanno incendiato l’atmosfera nel centrodestra, nel Pdl e nei suoi immediati dintorni, proprio mentre l’annunciata rinascita di Forza Italia potrebbe rimescolare assetti e strategie dei berlusconiani, mettendo in discussione ruoli e equilibri interni al partito.

Particolarmente calda, l’atmosfera in Sicilia, terra di Castiglione, molto vicino ad Angelino Alfano, pure lui siciliano, come Gianfranco Miccichè che, con il bruciante commento all’”incidente” del co-coordinatore del partito nell’Isola, ha regolato qualche conto in sospeso.

Capita anche, in una situazione così incandescente, di trovare, nei panni del pompiere, chi forse non ti aspetteresti. Uno come Vincenzo Vinciullo, arrivato nel Pdl da Alleanza nazionale, che negli ultimi mesi è stato al centro di feroci polemiche con i vertici azzurri della sua provincia, Siracusa, per come il partito ha gestito la campagna elettorale per le amministrative.

Ora, invece, Vinciullo dice che “La situazione nel Pdl, in Sicilia è difficile, ma non serve continuare a delegittimare compagni di partito. Castiglione ha chiarito che era suo intendimento far conoscere la sua posizione di uomo libero, ma che comunque si adeguerà alle scelte del partito. Quanto ad Alfano, è leale verso Berlusconi e nessuno può mettere questo fatto in discussione. Alimentare polemiche non serve. Lo dice chi avrebbe motivi per farne, ma occorre senso di responsabilità e ora è il momento di tacere. Dall’esterno, è comprensibile che qualcuno attacchi il Pdl, ma è intollerabile che lo faccia chi milita nello stesso partito e chi è uscito dal Pdl e vorrebbe rientrarci”.

Eppure, Vinciullo, in questi mesi, non ha lesinato critiche alla gestione del Pdl in Sicilia. “Proprio per l’assoluta libertà da correnti o componenti che mi contraddistingue – dice- posso esprimere la mia opinione, che è negativa sulla gestione del partito negli ultimi anni. Ma questo momento di difficoltà mi spinge a mettere da parte le polemiche. Evitiamo di esporle in piazza: i panni sporchi si lavano in casa, se dobbiamo dirci qualcosa, lo diciamo al nostro interno”.

Insistiamo: da diversi anni, il partito in Sicilia non ne azzecca una, dalla gestione dell’alleanza con Raffaele Lombardo fino alla rottura con l’ex presidente della Regione, che ha relegato il partito all’opposizione all’Ars nella scorsa legislatura; le sconfitte elettorali nei centri più importanti come Palermo, Catania e Messina e nella corsa a Palazzo d’Orleans. Per non parlare nella frattura nella classe dirigente che è sfociata nella fuoriuscita di decine e decine di amministratori e parlamentari.

Eppure, sembra che nessuno paghi mai dazio in questo partito, nessuno imponga un cambio di rotta a livello politico. “C’è un tempo – dice il deputato siracusano – per parlare delle sconfitte del Pdl e un tempo per tacere. Azzannare un compagno di partito in un momento di difficoltà, quando chi attacca, nel passato, è stato artefice e complice di sconfitte, è quantomeno eccessivo. Io, che ho vissuto sulla mia pelle le scelte sbagliate di chi ha guidato il partito in provincia di Siracusa (dove su 7 Comuni chiamati al voto è stata presentata la lista in uno solo, mentre a me è stato impedito di presentare delle liste civiche), potrei fare polemiche e dire lo avevo detto, ma se crediamo in questo partito, non è il momento di alimentare il fuoco; se invece iniziamo con questa macchina del fango, del Pdl non resterebbero che le macerie. Qualcuno dovrebbe pensare che se è diventato deputato o senatore è perché è stato scelto dal partito e, in certe occasioni, dovrebbe imparare a tacere, invece di gettare benzina sul fuoco delle polemiche. Allora, chi capisce un po’ di politica deve indossare i panni del pompiere, in attesa delle decisioni di Berlusconi sul futuro del partito. Poi, ognuno deciderà cosa fare”.

E c’è curiosità sulla scelta degli ex An, non appena Berlusconi ufficializzerà la rinascita di Forza Italia. A Palazzo dei Normanni sono in 4 nel gruppo del Pdl: il vicepresidente dell’Ars Salvo Pogliese, Marco Falcone, Giorgio Assenza e lo stesso Vinciullo.

“Io –chiarisce il deputato siracusano – non faccio scelte a scatola chiusa, e prima di prendere la mia decisione voglio sapere cosa sarà la nuova FI. Se sarà una riedizione del Pdl, allora avrei tanti dubbi. Se l’unico criterio sarà il merito, allora ok. In caso contrario, non ha senso restare in un partito in cui chi merita è scartato e chi demerita continua ad avere un ruolo. Sarò vigile su criteri di scelta dei leader locali, dei deputati senatori. Se, su questo, il nuovo partito non si darà regole chiare e definite, allora si continuerà nei vecchi errori del Pdl”.

Su un’altra cosa è chiaro Vinciullo: bentornati a quelli che hanno lasciato il partito per fare altre scelte, ma nessun vitello grasso sarà scannato per i figlioli prodighi, specie per chi ha contribuito alle recenti sconfitte e, soprattutto, “chi non è rimasto nel Partito potrà tornare, certamente, ma mai potrà avere un ruolo di leader. I rinnegati e traditori, ora pentiti, chi ha creduto che il Pdl era il partito di Lombardo e si è schierato contro le scelte del partito mai potrà avere leadership anche se decidesse di tornare”.

A buon intenditore, poche parole…


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