Pd siciliano, ‘ribelli’ al contrattacco

Un dato è certo: il sistema di potere della nomenklatura che, fino ad oggi, ha controllato il Pd siciliano scricchiola. Oltre all’area di Matteo Renzi, che anche in Sicilia si va diffondendo e strutturando, ha già preso piede una nuova corrente, o meglio, un ‘Correntone’, visto l’alto numero di adesioni che già registra che è già strutturato in tutte le province dell’Isola.

Questo ‘Correntone’ esiste già da tempo anche se è da setto-otto mesi che ha iniziato un silente processo di organizzazione. Ieri i protagonisti del “Nuovo corso Pd” si sono dati appuntamento a Palermo, nei saloni del San Paolo Palace Hotel. Sala piena (e la sala congressi di questo hotel è ampia), tanta gente proveniente da tutte le province.

Quella che si è riunita ieri è la parte del Pd siciliano che non ha avuto voce in capitolo nella gestione del Pd siciliano dal 2008 ad oggi. Cioè da quando il Pd di Antonello Cracolici, Giuseppe Lumia e compagnia bella decise, nel 2008, l’alleanza ‘strategica’ di questo Partito con Raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè.

Per intendersi, i dirigenti e i militanti che si sono riuniti ieri a Palermo sono quelli che, per quattro anni, dal 2008 all’ottobre del 2012, hanno provato a mettere in discussione la presenza del loro Partito nel Governo Lombardo. Ci hanno provato con la continua richiesta di un referendum regionale. Quel referendum che Lumia e Cracolici, con l’avallo di Roma, hanno sempre ‘bocciato’. Con la tesi, sorretta dai fatti, che il Pd siciliano, partecipando al Governo Lombardo, “portava tanto al Pd di Roma” (che cosa “portava” lo lasciamo immaginare ai nostri lettori…).

Il Pd romano avrà avuto “tanto” dal Pd siciliano alleato del Governo Lombardo. Ma lo stesso Pd siciliano non ci ha guadagnato, se è vero che ha perso 200 mila voti circa alle elezioni regionali e 250 mila voti circa alle recenti elezioni nazionali (rispetto, ovviamente, alle elezioni regionali e nazionali del 2008).

I protagonisti di questo ‘Correntone’, dopo l’elezione di Rosario Crocetta e la scelta di quest’ultimo di dare vita prima a una Giunta di ‘tecnici’ e poi a un Partito – il Megafono’ – fondato proprio sulla gestione del potere, in perfetto stile Lombardo, sono stati i primi ad avvertire che il nuovo

Rosario Crocetta. Foto di Gabriele Bonafede

presidente della Regione stava optando per la solita scelta ‘cesarista’.

La svolta – e la contestuale esigenza di strutturare il ‘Correntone’ – è maturata nell’ultima campagna elettorale, in occasione delle elezioni comunali. Ed è maturata al momento della composizione delle liste. Quando la vecchia nomenclatura del Pd siciliano, in sinergia con il Megafono di Crocetta e del senatore Giuseppe Lumia, ha provato a imporre i candidati. A questo punto si sono rotti i telefoni.

Il territorio, cioè la base del Pd, si è ribellata alla segreteria regionale del Partito. E, là dove ha potuto, ha contrastato la linea della segreteria regionale. Di fatto, la ribellione della base del Pd ha provocato la presenza di liste contrapposte: da una parte il Pd e, dall’altra parte il Megafono. Facendo venire allo scoperto le contraddizioni di Crocetta e Lumia, che dicevano di essere parte integrante del Pd siciliano ma, in molti Comuni, presentavano liste alternative al Pd.

La vittoria, al primo turno, della coalizione di centrosinistra ha nascosto i problemi politici. Che sono venuti tutti a galla nei ballottaggi. Con la secca sconfitta del Pd siciliano a Messina e a Ragusa. Mentre a Siracusa il candidato del Pd è stato salvato dal movimento politico di Pippo Gianni (nella città Aretusea militanti e simpatizzanti del Pd hanno disertato in massa il ballottaggio in polemica con i vertici del Pd siciliano).

Ieri, dopo i tre passaggi elettorali (che poi sarebbero quattro con le elezioni comunali di Palermo nella primavera dello scorso anno), questo grande dissenso della base del Pd che, da oltre quattro anni, monta contro la gestione del Partito in Sicilia ha deciso di venire allo scoperto.

Il segnale politico è preciso: d’ora in poi non si subisce più. E nei congressi provinciali e, soprattutto, regionali, si andrà alla conta. Deleghe in bianco per coloro i quali si fanno i propri affari sulla pelle del territorio non se ne daranno più.

Ieri, alla riunione, oltre ai protagonisti del nuovo ‘Correntone’ (oltre a Franco Piro, Gianni Battaglia, Mirello Crisafulli, Angelo Capodicasa, Mariella Lo Bello e tanti altri) non è mancata la presenza dei soliti ‘squali’, ovviamente invitati. Il riferimento è ai dirigenti del Pd (per capirci, quelli che hanno gestito l’alleanza nel Governo Lombardo) venuti a ‘naschiare’.

Presenti anche il segretario di Palermo, Enzo Di Girolamo, ed Enzo Napoli (non abbiamo capito se fanno parte del ‘Correntone’: ne dubitiamo).

(Saremo un po’ ‘malevoli’, ma a noi nessuno ci toglie dalla testa che la presenza di questi due personaggi un po’ sovietici’ (Napoli, soprattutto, sembra l’inviato speciale di Suslov…) sia stato il tentativo del Partito di far capire che nel Pd siciliano non ci sono divisioni: che invece ci sono ed è giusto che ci siano, soprattutto dopo i danni fatti in quattro anni di disastrosa partecipazione del Pd siciliano Governo Lombardo).

La relazione di apertura è stata tenuta da Franco Piro, figura storica della Sinistra siciliana, portavoce del ‘Correntone’ “Nuovo corso Pd”.

Piro ha detto che l’iniziativa del “Nuovo corso Pd” nasce dalla base. E si propone come occasione di rilancio del Pd siciliano, che rimane “l’asse portante” della Sinistra in Sicilia.

“La vittoria alle elezioni regionali dello scorso anno – ha affermato Piro – è un’occasione storica da valorizzare facendo chiarezza”.

Il portavoce del ‘Correntone’ ha analizzato il voto elle elezioni comunali, definito “contraddittorio e oscillante”. Oggi, ha precisato Piro, prende piede il cosiddetto voto di scopo: “La gente va a votare per obiettivi politici e amministrativi precisi. Mentre registriamo sempre meno voto di scambio, se non altro perché ormai c’è veramente poco da scambiare”.

“Gli apparati di Partito che si mettono assieme non funzionano più – ha aggiunto -: e lo abbiamo visto a Ragusa”. Chiaro l’esempio della città dove i dirigenti e i militanti del Pd, al ballottaggio, hanno votato contro le indicazioni, in verità un po’ demenziali, dei vertici regionali del Partito.

Piro ha sottolineato l’importanza dell’astensionismo consapevole, “che non è antipolitica”, ma è, al contrario, la scelta consapevole di chi ormai, nel Pd siciliano, contesta la linea politica dei vertici regionali del Pd e, in alcuni casi, le scelte affaristiche di dirigenti di primo piano di questo partito (il riferimento è ai tanti dirigenti del Pd siciliano, in alcuni casi parlamentari, titolari di società che operano nella formazione professionale: politica & affari, ovvero gente che raccoglie il consenso con la gestione di questo settore: squallore umano e politico allo stato puro).

In Sicilia si sfalda il centrodestra. Ma il Pd non riesce a ‘capitalizzare’ la sconfitta dei moderati perché sconta la competizione con il Megafono.

Piro ha affrontato senza giri di parole il nodo del rapporto tra Pd e Megafono. “Basta con le ambiguità”, ha detto, scatenando un fragoroso applauso. “Così – ha aggiunto – si fa solo confusione. Questa storia dei dirigenti del Megafono che sono anche dirigenti del Pd confonde il nostro elettorato. Specie se, poi, i dirigenti del Pd che operano nel Megafono presentano, nei Comuni, candidati alternativi ai nostri. Io chiedo e mi chiedo: perché il presidente Crocetta, che noi abbiamo contribuito ad eleggere, invece di fare il leader di un Partito, non fa il leader della coalizione?”.

Per Piro il Pd deve lavorare per rafforzare l’azione del Governo regionale, eliminando le ambiguità. “Il Governo dei tecnici non ci convince – ha precisato -. Serve un Governo dalla forte impronta politica”.

Contemporaneamente, il Partito deve operare per la composizione di un blocco sociale, riavviando i contatti con la società siciliana: contatti che, in molti casi, il Pd ha perso a causa di una gestione verticistica che non dialoga e quindi con comprende le esigenze dei territori e della base del Partito.

“Il Pd siciliano – ha precisato Piro – deve uscire dalla condizione di subalternità rispetto a Roma. Valorizzando l’Autonomia siciliana, che rimane una grande risorsa. E ipotizzando un nuovo ruolo delle città siciliane che, nei prossimi anni, dovranno utilizzare in proprio i fondi europei”.

Vivace il dibattito che si è sviluppato. Bello l’intervento di Rosaria Rallo, del Pd di Trapani. “Nuovo Pd? – si è chiesta la Rallo -. Io voglio questo Pd. Anche se cambiato. Non capisco, ad esempio, com’è che nessuno parla degli avvisi di garanzia ricevuti dall’onorevole Genovese. Forse nel nostro partito l’autosospensione non esiste più?”.

“Vengo da Castelvetrano – ha aggiunto – città dove la mafia si respira. A Pasquale Calamia hanno bruciato l’automobile e la casa, solo perché si oppone ai mafiosi”.

Insomma, ha lasciato intendere la dirigente del Pd trapanese, non sempre chi, in questo Partito, in provincia di Trapani, combatte la mafia riceve aiuto da Palermo. Anzi. In alcuni casi è avvenuto l’esatto contrario.

Rosaria Rallo ha ricordato il ‘caso’ di Campobello di Mazara. Dove la segreteria regionale del Pd, contro il parere della base, ha imposto Ciro Caravà, poi arrestato per mafia.

“Abbiamo lavorato per far rinascere il Partito a Campobello di Mazara – ha detto – ma ci è stato impedito. Non è stato fatto nulla”. Chissà che è il deputato regionale del Pd di Trapani. Magari di questa storia – o di queste storie – conosce qualcosa.

Quindi il passaggio sul Governo regionale. E, precisamente, sulla formazione professionale. “Il presidente Crocetta – ha detto Rosaria Rallo – ci ha sempre detto che, nella formazione professionale, non ci sarebbe stata macelleria sociale. I fatti lo stanno smentendo. In questo settore fioccano i licenziamenti. E un nostro compagno, un compagno del Pd, qualche giorno fa, dopo essere stato licenziato, si è tolto la vita. Dico questo per fare riflettere tutti su quello che sta succedendo oggi in Sicilia”.

Molto duro l’intervento di Carmelo Negrelli, ex Sindaco di Piazza Armerina. E’ uno dei Comuni dove il Megafono ha presentato liste in competizione con il Pd.

“Nel mio Comune – ha detto Negrelli – il senatore Lumia è venuto a fare campagna elettorale contro il nostro Partito. Adesso io voglio sapere, tutti noi dirigenti e militanti di Piazza Armerina del Pd vogliamo sapere se il senatore Lumia è con il Pd o contro il Pd”. Applausi a non finire. 

A Piazza Armerina, ha raccontato Negrelli, il Megafono, al ballottaggio, si è schierato con il Pdl e con ambienti non esattamente ‘raccomandabili’. “Mentre noi, alla fine – ha detto l’ex Sindaco – ci siamo schierati con il candidato socialista. E lo abbiamo fatto ‘a gratis’, come si dice dalle nostre parti. Perché comunque era ed è una prospettiva di sinistra. Ma qualcuno, per quello che è successo, dovrà pagare il conto”.

Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Miguel Donegani. “Nel nostro Partito – ha detto – c’è uno statuto che va rispettato. Chi non lo rispetta deve essere messo alal porta”.

L’intervento che ci ha fatto preoccupare è stato quello del parlamentare regionale di Siracusa, Bruno Marziano. Il personaggio è simpatico, ma fa parte, per sua cultura, della sinistra siciliana ‘industrialista’ che in provincia di Siracusa ha prodotto danni enormi all’ambiente per avere in cambio le briciole: poca occupazione e molte malattie per la popolazione.

Marziano ha detto che ci sono imprenditori che vorrebbero investire, nell’area industriale di Siracusa, 2,5 miliardi di euro. Investire, come al solito, nella chimica. Il parlamentare ha detto di essere preoccupato perché la burocrazia crea problemi a questi investitori. Noi invece ci auguriamo che questi investitori vadano a farsi benedire: se debbono portare altra chimica a Siracusa e dintorni, ebbene, questi investitori i soldi possono infilarseli dove sanno: non li vogliamo, la Sicilia non li vuole, la provincia di Siracusa non li vuole: la chimica ha distrutto buona parte della provincia di Siracusa che va bonificata e non massacrata con altra chimica.

Angela Barone, dirigente del Pd di Ragusa, ha raccontato che cosa è successo in questo comune. Dove, come già ricordato, dirigenti e militanti si sono ribellati al Pd e al Megafono che hanno provato, senza riuscirci, di imporre un candidato Sindaco ex cuffariano.

Ma, a parte il ‘caso’ Ragusa, a parte il ‘caso’ Modica (altro Comune dove è andata in scena la contrapposizione Pd Megafono), è importante il messaggio politico lanciato da Angela Barone. Un messaggio che arriva da una provincia dove la Sinistra, tradizionalmente, è sempre stata forte. Ma dove i dirigenti, i militanti e i simpatizzanti sono stanchi degli errori commessi, ripetutamente, da una segreteria regionale che definire poco lungimirante è poco.

“Siamo stati tra i primi – ha detto Angela Barone – a segnalare la perfetta continuità tra la Giunta Lombardo e la Giunta Crocetta. Stesso ‘cesarismo’. Stessi metodi. In alcuni casi, anche con le stesse facce. Ma non siamo stati ascoltati. Oggi, per fortuna, le cose cominciano ad essere chiare per tutti”.

 

 

 


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