Equitalia spa, come massacrare gli italiani a norma di legge

Chi non vorrebbe che, in Italia, ma anche nel mondo, ciascuno pagasse le tasse che deve e non costringesse gli altri a pagarne di più? Eppure Equitalia, ovvero lo strumento preposto, ormai da molti anni, a riscuotere le tasse di coloro i quali dimenticano di pagarle, è da tempo oggetto di cori di proteste.

Ma cos’è esattamente Equitalia? È una società pubblica istituita, durante il Governo Berlusconi (legislatura 2001-2006), con l’articolo 3 del decreto legge n. 203 del 2005, poi convertito in legge il 2 dicembre 2005, ed è incaricata della riscossione nazionale dei tributi. Ai tempi questa fu una vera novità in quanto, fino ad allora, la riscossione era affidata a una quarantina di soggetti privati (prevalentemente banche). (a sinistra, foto tratta da hightech.blogsfere.it)

Successivamente, con il decreto legislativo n. 223 del 2006, fu il Governo Prodi ad autorizzare Riscossione spa (che poi, nel 2007, cambiò il proprio nome in Equitalia spa) ad utilizzare i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate per la riscossione delle imposte non pagate.

Sorvolando sul cambiamento del nome di un ente che non ha altro fine se non quello di prelevare soldi dalle tasche dei contribuenti (da “Riscossione” a “Equitalia”) a fini, pare, esclusivamente di immagine, sin dal suo esordio sorsero dubbi, peraltro mai risolti, sia sulla “equità” del soggetto e sulla sua gestione, sia sulla legittimità dell’operazione voluta dal Governo Berlusconi e attuata dal Governo Prodi (giusto per non fare disparità).

Come detto, Equitalia è una spa le cui azioni sono possedute per il 51% dall’Agenzia delle Entrate e per il 49% dall’Inps. E già questo fa sorgere il problema del conflitto di interessi, essendo lo stesso soggetto (ossia l’Agenzia delle Entrate o l’Inps) “equamente” creditore, esattore e addetto alla riscossione forzata dei debiti insoluti.

Anche la gestione del nuovo soggetto pare abbia destato, e continui a destare, dubbi sull’ ‘equità’ utilizzata nel conferire gli incarichi dirigenziali. Agenzia delle Entrate ed Equitalia, infatti, sono dirette dalla stessa persona, Attilio Befera, cosa questa che ha fatto sorgere dei dubbi circa il conflitto d’interessi derivante dai due incarichi.

Anche il ruolo di vicepresidente di Equitalia ha destato qualche dubbio: infatti, è stato affidato ad Antonio Mastropasqua, il quale, oltre ad essere presidente dell’Inps, ricopre “equamente” non uno, ma decine di altri incarichi (nel 2008 raggiunse i 54 incarichi societari tra ruoli di vertice, collegi sindacali e revisioni dei conti), alcuni dei quali autoconferiti, e, vista la sovrapposizione degli enti (di ciò si occupò, alcuni mesi fa, la trasmissione Report), molte di queste cariche sarebbero in palese conflitto di interessi con il suo ruolo all’interno di Equitalia spa.

Cosa questa che, oltre a far sorgere dei dubbi sulla “equità” della scelta dell’allora Ministro, Giulio Tremonti, che propose il suo nome per la carica, pone seri dubbi anche sull’impossibilità per una persona che ricopre così tanti incarichi di poter dedicare il tempo necessario alla gestione di uno dei maggiori enti europei per la riscossione dei tributi.

Ancora: dal 2008 in Equitalia lavora un familiare di uno dei dirigenti del Coni. Ovviamente, giusto per essere “equi”, più o meno dallo stesso momento, ai servizi legali del Comitato Olimpico Nazionale è stato assunto uno dei figli di un dirigente di Equitalia.

Ma non basta. La presidente di Equitalia Nomos (ora inglobata in Equitalia Nord) era Matilde Carla Panzeri, già funzionario della Banca d’Italia e, dal 2008, presidente di una società privata, la Npl spa (sede Milano), che cura, per statuto, l’acquisizione di immobili, la riscossione di crediti in sofferenza, il finanziamento terzi, ed è leader nella cartolarizzazione dei crediti bancari. Cosa che potrebbe far pensare, ancora una volta, ad un “equo” conflitto di interessi.

Sempre sul tema incarichi, da un’inchiesta della Procura della Repubblica di Napoli, sarebbe emerso che il braccio destro di Giulio Tremonti, il deputato Pdl Marco Milanese, avrebbe usato la società pubblica di riscossione per sistemare “equamente” uomini a lui vicini come Guido Marchese. Marchese è stato figura di riferimento in Equitalia Esatri (la struttura che cura la riscossione a Milano e provincia). Oggi il Sindaco di Voghera e il suo commercialista, Marchese, sono agli arresti domiciliari per corruzione (l’inchiesta, appunto, su Milanese). otremmo andare avanti, ma volendo dedicare, equamente, il nostro tempo ad altri problemi, è meglio soprassedere.

Problemi che, nonostante in Parlamento non si sia mosso un dito in proposito, pare abbiano portato tutti quelli che hanno pensato e fatto approvare questa legge, a pentirsi del proprio operato: in una recente intervista, l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha detto che sarebbe ora di “rottamare un po’ di cartelle di Equitalia, che vuol dire ridurre o sopprimere. Se sta male il debitore – ha sostenuto – sta male anche il creditore. Siamo al sesto anno di crisi”. Forse ha dimenticato che il primo ad apporre la firma su questa legge fu proprio lui.

Il secondo a firmare fu il capo del governo, Silvio Berlusconi. Pare, però, che anche lui, in un impeto di coerenza, abbia rinnegato la propria creatura inserendo nel proprio programma elettorale 2013 la sua modifica: “Equitalia amica; Alleanza fiscale tra consumatori e fornitori; Patti chiari tra fisco e cittadini e imprese. Un fisco che riconosca la buona fede. Rispettare le regole fiscali senza paura”.

Anche il segretario del Partito Democratico pare abbia, equamente, sollevato alcun dubbi circa la necessità di continuare ad avere un soggetto come Equitalia. Eppure fu il Governo Prodi, che con il decreto Bersani-Visco, dai nomi rispettivamente del ministro e viceministro allo sviluppo economico allora in carica (decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006, “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”), rese ancora più forte il soggetto creato dai predecessori autorizzandolo ad utilizzare dati sensibili dei conti correnti bancari dei contribuenti. (a sinistra, Attilio Befera)

In realtà, al di là di chi sia la colpa (cioè, come visto prima, equamente di tutti, incluso l’ultimo Governo che, dopo aver promesso il pagamento dei crediti che i cittadini vantano nei confronti della pubblica amministrazione, si è immediatamente rimangiato la parola), il motivo per cui questa norma, sin dall’inizio, ha fatto parlare di sé discende dal fatto che contiene numerose “sviste”, le quali, sebbene segnalate sin dall’inizio, non sono mai state corrette.

Ad esempio, dal punto di vista del modus operandi della creazione del Sig.Tremonti, l’iscrizione a ruolo degli agenti esattori Equitalia, costituisce “titolo esecutivo” per procedere alla riscossione.

Ciò significa, tanto per essere “equi”, che mentre un semplice cittadino che vanta un credito nei confronti di chiunque altro (Stato incluso), per veder diventare esecutivo questo titolo deve passare dal magistrato per la verifica (per rispettare i concetti di terzietà ed imparzialità nel giudizio imposti dalla legge), nel caso di Equitalia, sempre per equità della legge, come titolo esecutivo è sufficiente, per procedere ad esecuzione forzata sui beni del debitore (ipoteca, fermo amministrativo, pignoramento ecc.), anche la semplice “presunzione” di credito.

Non solo. Grazie al d.l. n. 78/2010 (convertito con la legge n. 122/2010), il Legislatore ha rafforzato ulteriormente le procedure di riscossione. A partire dall’1 luglio 2011 non è più necessaria nemmeno l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella di pagamento: basta la semplice comunicazione di Equitalia. Dopo di che “l’agente della riscossione procede ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione”. E questo alla faccia dell’equità.

Anche gli interessi che il contribuente che dimentica il pagamento di una tassa si vedrà richiesti da Equitalia spa, hanno destato seri dubbi circa la loro “equità” sia intermini di forma che nei contenuti: la cartella di pagamento trasmessa da Equitalia spa, infatti, contrariamente a quanto stabilito da una sentenza della Corte di Cassazione (sez. Tributaria, 21 marzo 2012, n. 4512) riportava solo l’importo dovuto e gli interessi e non il modo in cui sono stati calcolati.

Anche tralasciando il problema formale, la stessa quantità di questi interessi ha sollevato dubbi di “equità”: al contribuente che omettesse di pagare una tassa per un anno, ad esempio, verrà chiesto di pagare il 4% all’ente impositore, il 6,8358% come interessi di mora, lo 0,615% all’agente della riscossione (totale 11,4508%), a cui, ovviamente, dovrà aggiungere la sanzione amministrava del 30% e l’aggio nella misura del 9% per un totale del 50,4508%! Una follia. 

Non bisogna dimenticare, poi, che l’art. 17 comma 1 del d.lgs 112/1999 autorizza l’ente esattore, ovvero Equitalia spa, a richiedere al contribuente una somma maggiore, compresa tra il 4,65% ed il 9% della somma dovuta. Quindi importi equamente presunti maggiorati, sui quali vengono calcolati interessi quasi ai limiti dell’usura e sui quali vengono calcolate “tasse sulle tasse” (già considerate illegittime). E perché? Per “equità”, ovviamente.

Infatti, se, come hanno fatto coloro i quali hanno portato all’estero i propri soldi (commettendo in questo modo anche un illecito penale, oltre che civile), o se si sono trasferiti beni per milioni di euro nei paradisi fiscali, come è avvenuto a molti personaggi famosi, allora quando questi reati vengono scoperti, lo Stato decide, equamente, di applicare una sorta “condono fiscale”.

Nel caso, invece, che si sia dimenticato di pagare un importo di 7 euro, lo Stato decide di intervenire “equamente”. Come è accaduto (sembra una barzelletta, ma è realtà) a una signora di Ferrara che per un debito Irpef di 14 mila lire degli anni Novanta, si è vista mettere i sigilli alla propria abitazione. Solo dopo una lunga controversia la Cassazione le ha dato ragione, ma solo nel 2009.

Come dire, anche se dopo molti anni, è stata fatta giustizia… equamente.

 

Riscossione in Sicilia: “Era meglio quando c’era la mafia…”

 

 

 

 


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