Dalla sicilia, occhi puntati su roma, dove domani, nel corso della riunione del consiglio dei ministri, si discuterà di statuto siciliano. E, considerati i trascorsi, che hanno visto i governi nazionali degli ultimi 60 anni, massacrare o disattendere punto per punto le previsione della carta autonomistica (che ricordiamo è stata approvata nel maggio del 1946 e poi, convertita in legge costituzionale il 26 febbraio 1948), non c'è da stare molto tranquilli.
Lo Statuto siciliano arriva sul tavolo del Consiglio dei Ministri: si salvi chi può!
Dalla Sicilia, occhi puntati su Roma, dove domani, nel corso della riunione del Consiglio dei Ministri, si discuterà di Statuto siciliano. E, considerati i trascorsi, che hanno visto i governi nazionali degli ultimi 60 anni, massacrare o disattendere punto per punto le previsione della Carta Autonomistica (che ricordiamo è stata approvata nel maggio del 1946 e poi, convertita in legge costituzionale il 26 febbraio 1948), non c’è da stare molto tranquilli.
Di cosa si occuperà esattamente l’esecutivo di Monti? “Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Sicilia in materia di credito e risparmio” si legge nel comunicato stampa del Cdm. Altro, al momento, non è dato sapere. Abbiamo contatto l’ufficio stampa della Capitale, ma ci hanno detto che i dettagli si sapranno solo al termine della riunione. A cose fatte, insomma. Si tratta comunque di proposte avanzate dalla Sicilia, come vi diciamo sotto, di cui attendiamo di conoscere i dettagli. Per capire insomma se si tratta di richieste coraggiose o fatte in ginocchio.
Che il governo dei banchieri del professor Monti, si occupi di queste materia non è, di per sé, una notizia rassicurante. Ma, in effetti, il danno, quello grosso, è già stato fatto. Cosa temere ancora? La storia ci ha mostrato un sistema creditizio siciliano massacrato da una colonizzazione selvaggia e spudorata. Dall’Unità d’Italia fino allo ‘scippo’ del Banco dii Sicilia, come vi abbiamo raccontato in questo articolo. Quindi peggio di così è difficile immaginare.
In ogni caso domani, i ministri italiani dovrebbero discutere della proposta, avanzata dalla Regione siciliana, di modifica del decreto di attuazione delle norme statutarie in materie di credito del 1952, (DPR n.1133 del 1952). Evidentemente, dopo la trasformazione del mercato creditizio e le nuove norme Ue, una’ rinfrescatina’ si rende necessaria. Bisogna vedere in che senso si intende procedere. I punti centrali, a quanto ne sappiamo finora, dovrebbero riguardare:
1) la definizione dello status di banche regionali e la funzione di Autorità di Vigilanza della Regione siciliana (che dovrebbe essere esclusiva)
2) il diritto della Regione siciliana di conoscenza delle informazioni sulle condizioni di esercizio del credito in Sicilia delle banche che operano sul territorio.
La strada sembra in salita . Non è una questione da poco discutere dei ruoli di comando in questo settore. Basti pensare che il suddetto decreto del ’52 – che da domani, in teoria, dovrebbe cominciare ad essere modificato- in buona sostanza, ha assicurato allo Stato e alla Banca d’Italia l’ultima parola in fatto di banche e di vigilanza su di esse.
Una forzatura che negli anni ha provocato numerosi conflitti tra Roma e Palermo. Come quello sollevato davanti alla Corte costituzionale, nel 2000, dalla Regione siciliana nei confronti dello Stato che pretendeva di adottare modifiche statutarie della Fondazione Banco di Sicilia senza lintesa con il Presidente della Regione. Secondo i giudici costituzionali, aveva ragione la Sicilia, ma solo transitoriamente. Con l’avvenuta scissione tra fondazioni e istituti di credito, la Corte cambia idea e assegna le fondazioni bancarie alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Come andrà domani? Lo scopriremo.
(Aggiornamento h. 20.50: Statuto in Cdm: la Regione in ginocchio)
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