La Regione siciliana ‘killer’ delle imprese

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera aperta del Presidente di Confartigianato Sicilia, Filippo Ribisi (nella foto), che torna sulla drammatica situazione delle imprese che vantano crediti nei confronti della Regione (ve lo abbiamo raccontato in questo articolo) e sul concetto malato che i nostri politici hanno delle forze produttive e della gestione della cosa pubblica.

Nei giorni scorsi ho partecipato ad alcune delle manifestazioni in ricordo di Libero Grassi, un imprenditore integerrimo, che ha lottato per mantenere integra la propria dignità, quella della sua azienda e della sua famiglia.
Libero Grassi è stato assassinato perché lasciato solo dalla società civile e dalle istituzioni, che purtroppo nella nostra terra hanno sempre avuto poca attenzione verso il mondo delle imprese e verso un’idea di sviluppo produttivo. Ed invece, proprio in Sicilia, coloro che ci rappresentano usano la Regione ed il potere politico solo come bacino elettorale da svendere di volta in volta al maggiore offerente.

Durante i vari incontri, mi ha molto colpito lo spirito, certamente ingenuo, ma deciso e convinto, dei ragazzi “Jung” di Addio pizzo, i quali leggendo le loro lettere all’estorsore (una sorta di messaggio ispirato dalla lettera che Libero Grassi pubblicò sul Giornale di Sicilia) mettevano l’imprenditore in una posizione di forza, deciso ad andare fino in fondo, perché fiero di mantenere la sua dignità e lottare per una società più giusta e pulita.

Posizione rimarcata nella famosa intervista che Libero Grassi (nella foto sotto) rilasciò a Samarcanda. In essa, rispondendo ad un intervento del giudice Di Maggio, che parlava del primato della Legge, della Politica e della morale, Libero sosteneva: “C’è un primato superiore, ed è quello della qualità del consenso”. La cattiva qualità del consenso, della raccolta dei voti, e del clientelismo che in questo si annida, fanno sì che ci troviamo in una democrazia malata, in presenza di una classe politico-dirigente spesso priva di progettualità a medio e lungo termine, a cui manca un’idea di sviluppo possibile per questa regione martoriata.
A dimostrazione di ciò, basti vedere quanto accaduto negli ultimi giorni con la Regione siciliana che blocca i pagamenti alle imprese creditrici, rinviandoli a gennaio. Mossa che ho pubblicamente etichettato come scandalosa. Qualche mese fa Ivan Lo Bello lanciava l’allarme di un possibile crac della Regione Siciliana. Tutte le imprese sanno che l’Amministrazione siciliana è tra i peggiori debitori; i ritardi di pagamento della Regione superano abbondantemente il tempo di un anno, quindi si presuppone che molti dei debiti bloccati non siano stati contratti negli ultimi trenta giorni, ma forse sono scaduti ( contabilmente parlando) da qualche mese.

Ancora: non mi risulta che la Regione siciliana normalmente paghi le imprese il primo mese dell’anno, problemi burocratici fanno sì che questi tempi vengano puntualmente ritardati. Se un’impresa non paga, non un singolo, ma tutti i propri fornitori, come viene considerata? Non è forse in prossimità di un fallimento? Per quale motivo, allora, alcuni politicanti hanno gridato allo scandalo per le dichiarazioni del vice presidente nazionale di Confindustria?
In più, un autorevole esponente delle Istituzioni regionali, ebbe a lamentarsi nei confronti del Governo, che aveva paventato l’ipotesi di ritardare di qualche mese i compensi dei deputati dell’Assemblea, sostenendo che questi ultimi rischiavano di essere trattati come “fornitori”.

Già fornitori. Imprese. Brutta categoria, gente da colpire su tutti i fronti. Se un’impresa non riesce a pagare le tasse puntualmente, è la stessa Regione siciliana con la SERIT (equivalente di Equitalia) a pretendere il pagamento della somma, con interessi piuttosto pesanti, per usare un eufemismo. Perché se invertiamo le parti ed il creditore diventa l’impresa non vale la stessa regola? Perché in Sicilia le imprese che dovrebbero essere considerate il vero motore dello sviluppo vengono bistrattate?
Le nostre aziende riusciranno ad avere l’orgoglio di essere siciliane, ed il coraggio di salvaguardare la propria dignità, come dicono i ragazzi di Addio pizzo, se avranno accanto delle Istituzioni che le affiancano, che si preoccupano di aiutarle a crescere anche con progetti saldamente condivisi e a recuperare ciò che hanno costruito. A noi non interessa se essere autonomisti o nazionalisti, piuttosto vogliamo essere rappresentati da buoni governanti, che abbiano idee chiare e che sappiano quali sono le direttrici per la crescita della nostra regione nel contesto nazionale ed europeo. Per concludere, mi rammarico che il messaggio di Libero Grassi ventuno anni dopo sia rimasto inascoltato, ma allo stesso modo rilevo quanto ancora sia attuale e dovrebbe servire da monito per tutti coloro che hanno a cuore le sorti della Sicilia”.
Filippo Ribisi
Presidente Regionale
Confartigianato Sicilia

 

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